Luci e ombre, l'aiuto per tutti e l'eterna domanda: in che consiste il lavoro di Ibra?

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La partecipazione al Festiva dello Sport di Trento ha restituito una nuova immagine dello svedese che continua a studiare da dirigente. Fra due mesi saranno due anni nel nuovo ruolo: ecco com'è cambiato e cosa lo ha fatto cambiare

Marco Pasotto

Giornalista

15 ottobre - 10:59 - MILANO

Ci prova ogni volta a spiegare ciò di cui si occupa, ma la sensazione è che il mondo esterno non recepisca. O almeno, non del tutto. Perché poi, la volta successiva, c'è sempre qualcun altro che gli rifà la stessa domanda: "In cosa consiste, esattamente, il tuo lavoro?". Zlatan Ibrahimovic ultimamente ha risposto al quesito due volte in pochi giorni. Prima nell'intervista alla Gazzetta: "Il mio ruolo è sempre lo stesso, sono qui per aiutare. Vado a Casa Milan, a volte a Milanello, parlo tutti i giorni con Furlani e Cardinale, studiamo cosa serve per far tornare il Milan dominante. Sono coinvolto anche nella parte corporate ed entertainment di RedBird". E poi dal palco del Festival dello Sport di Trento: "Rappresento la proprietà del Milan. Provo ad aiutare tutti a fare meglio. Vivo in Italia per l'80 per cento, poi viaggio per il lavoro con cui sono legato a RedBird che, nel campo dell'intrattenimento, mi ha aperto un mondo". E i tifosi si guardano negli occhi: okay, ma quindi?

evoluzione

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Quindi, nel momento in cui Ibra dice che il suo ruolo è sempre lo stesso, in realtà non mente. Aiutava prima in campo, aiuta adesso fuori dal campo, anche se ora per esempio fa più attenzione a ciò che dice: alla battuta, ormai un po' scontata, sul fatto che "resto sempre Dio", segue più volte la parola "noi", attorno alla quale costruisce concetti basati sul bene collettivo da anteporre all'ego. Anche se poi, pure quando giocava e l'autoreferenzialità era a fondo scala, Zlatan si è sempre caricato il gruppo sulle spalle. Spaccone, sì, ma di base un generoso. Il noi che si impone sull'io - apparentemente senza troppa fatica - racconta bene l'evoluzione professionale e, in parte caratteriale di Z, risultata a Trento con buona evidenza dal palco del Festival dello Sport. Sono ormai due anni che lo svedese ha cambiato vita - l'annuncio ufficiale è datato 11 dicembre 2023 - e l'ambientamento non è ancora finito, però Zlatan fra le condizioni poste a Cardinale per dire sì ci ha messo anche "deve essere a lungo termine". Non vuole essere di passaggio, per un semplice motivo: vuole imparare, migliorare e arrivare a eccellere anche da manager. Le altre richieste a Gerry? Ovviamente, che occorre vincere. E poi: devo essere me stesso, nessuna gabbia. Ecco perché non ha voluto un ufficio nel senso stretto del termine al quarto piano di Casa Milan. Quando è in sede, gli uffici in cui si palesa sono quelli altrui.

pieghe lavorative

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La migrazione dal primo Ibra dirigente all'Ibra attuale ha vissuto su diversi step. Da quelli più importanti, come la presenza alle riunioni strategiche e operative, passando per le ripetute visite a Cardinale negli States, fino a quelli che sembrano apparentemente dettagli. Come il taglio di capelli: l'addio alla coda, rinunciando anche a qualche centimetro di lunghezza, gli ha restituito un'immagine che agli occhi di molti si sposa meglio con giacca e cravatta. Magari le pieghe del suo lavoro non si capiranno mai davvero - d'altra parte basta rileggersi il comunicato ufficiale di due anni fa per verificare come Zlatan non abbia praticamente confini nell'ambito della sua super consulenza -, ma di certo le aspettative sono molto diverse da quando è stato nominato. Si pensava, in maniera un po' troppo facilona, che l'avremmo visto soprattutto a Milanello, ad alternare pacche sulle spalle a lavate di capo ai giocatori. Ma, come ha spiegato lui chiaramente l'altro giorno, la società ha aggiunto quello che mancava e che ora per certe cose c'è una figura sempre a contatto con giocatori e allenatore.

parafulmine

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Ha ragione lui quando dice che in passato è stato in qualche modo costretto a sovraesporsi. Ci sono stati mesi in cui ha fatto ripetutamente da parafulmine, nonostante lui non sia tecnicamente un dirigente del Milan. Lo stipendio glielo paga RedBird, il suo boss è Cardinale che lo considera l'estensore della sua parola e del suo pensiero in Italia. Si è trovato anche in situazioni internamente delicate, Zlatan. Per esempio quando è stato chiaro a tutti che il gruppo di lavoro chiamato dalla proprietà a gestire campo e mercato dopo l'addio di Maldini e Massara, non ce l'avrebbe fatta senza l'ingresso di (almeno) un dirigente nell'area sportiva. Ed altrettanto delicati sono stati alcuni frangenti lungo l'estate, quando Ibra e Cardinale si sono occupati in prima battuta proprio del casting di questa figura dirigenziale. E' stato uno dei motivi per cui Furlani a un certo punto è volato a New York da Gerry per capire operatività ed eventuali limiti del proprio ruolo. E i rapporti tra ad e super consulente sono diventati il gossip rossonero dell'estate.

acrobazia

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Il fatto è che Ibra non viaggia sullo stesso livello di chi è un dipendente del Milan (a prescindere dall'apicalità del ruolo). Non significa essere più potente o meno potente: significa essere a disposizione di tutti e di nessuno, dovendo riportare direttamente alla proprietà. C'è stato un momento in cui anche lui è finito dentro la contestazione dei tifosi. Fischiato a San Siro, il suo cognome scritto con lo spray sugli striscioni di protesta appesi in città. Così come pesante è stata la retrocessione in D del neonato Milan Futuro, progetto su cui lo svedese aveva messo il cappello. Certo, sul campo era tutto più facile: bastava un'acrobazia per avere il mondo rossonero ai propri piedi. Chi lo vede con frequenza comunque racconta le stesse cose dei primi giorni in giacca e cravatta: umile, curioso, puntiglioso, entusiasta. Adesso, ovviamente, più consapevole. Zlatan, al di là del lavoro dietro le quinte con Cardinale, resta quello che placa Maignan a Udine, quello che entra negli spogliatoi per stare vicino al gruppo, che difende gli allenatori pubblicamente, che parla con Morata per convincerlo a trasferirsi a Milanello. Luci con qualche ombra, come in vigilia di Milan-Liverpool, quando aveva spiegato che "il boss al Milan sono io". Poche ore dopo, gli si era ritorto tutto contro e anche questo fa parte del suo percorso per arrivare a maneggiare quel "noi" nel miglior modo possibile. L'evoluzione della specie: gli studi dirigenziali da neofita, la sovraesposizione, il ritorno dietro le quinte. Fino a quando, forse, non servirà più chiedergli: in cosa consiste, esattamente, il tuo lavoro?

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