Viaggio nella break dance, dove il dj conta quanto l'atleta. A volte anche di più

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 Georg Wendt/dpa (Photo by Georg Wendt / dpa Picture-Alliance via AFP)

Per chi suona il breaking è “sia uno sport che una cultura e anche se le gare dovessero fermarsi non morirà mai". Il movimento è in crescita, come confermano i recenti mondiali, ma ai Giochi di Los Angeles 2028 non ci sarà

Francesco Caligaris

25 dicembre - 13:21 - MILANO

"Chi altro si presenta alle Olimpiadi con un dj?”, si domandava nell’estate del 2024 la tedesca Sanja Jilwan Rasul, nome d’arte B-Girl Jilou. In una sola frase, una grande verità. Provate a giocare a calcio senza pallone, a fare una partita di tennis senza racchetta, a nuotare senz’acqua: impossibile. L’elemento imprescindibile del breaking – il discusso sport che ha debuttato ai Giochi di Parigi, ma che dopo l’esordio in Place de la Concorde non farà parte del prossimo programma olimpico – è la musica. E di conseguenza i veri protagonisti di ogni evento, più degli arbitri, dei giudici e in un certo senso persino degli atleti stessi, sono proprio loro: i dj.

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