L’ad nerazzurro racconta gli ultimi cinque mesi e l’esonero del croato. Ora Palladino: "Credo abbia aspettato l'Atalanta"
15 novembre - 09:09 - ZINGONIA (BERGAMO)
Una cosa inattesa e i suoi perché. Anche più di una cosa, dall’addio a Gasperini alla scelta di Juric, al suo esonero, alla decisione di andare - tornare - su Palladino. I perché, dunque: le verità di Luca Percassi, l’Atalanta che era nei suoi pensieri e quella che sarà. "Dopo un accadimento straordinario. Siamo un club abituato a lavorare molto e a tacere, ma da 16 anni prendiamo ogni giorno decisioni su investimenti sulla squadra e strategie di mercato e ci prendiamo responsabilità. E in 16 anni è solo il secondo cambio di guida tecnica".
Come si arriva a questo passo?
"Scelta umanamente molto dolorosa, la decisione che mi è pesata di più da quando sono dirigente: Juric è un professionista serio e credo anche che non se l’aspettasse. Ma mentre l’Atalanta in Champions è in una buona posizione, in campionato, soprattutto nell’ultimo mese, ci ha preoccupato il trend negativo delle prestazioni, dunque dei risultati: decisivo nelle nostre riflessioni. E prestazioni per noi vuol dire anzitutto un atteggiamento che l’Atalanta non può permettersi di non avere. C’erano state avvisaglie negative a Cremona, confermate a Udine e con il Sassuolo, davanti ai nostri tifosi".
Vi hanno fatto riflettere anche i fischi dello stadio?
"Era già successo a Udine: la nostra gente ha supportato l’Atalanta dall’inizio al fischio finale della gara. Pubblico perfetto, da ringraziare, e questo ci responsabilizza ancora di più. A fine partita, quando non hanno più potuto aiutare la squadra, i tifosi sono passati ai fischi, legittimi. Ma seguiti di nuovo dall’incitamento per l’Atalanta. Sono cose che danno forza a chi deve prendere delle decisioni".
L’episodio-chiave per farvi decidere?
"Il secondo tempo della gara con il Sassuolo: la non reazione della squadra".
Avevate scelto Juric e non Palladino, in corsa fino all’ultimo: rimpianti per aver "perso" quattro mesi?
"La scelta Juric è stata molto ponderata, quando ci siamo trovati di fronte ad una situazione inaspettata: dover scegliere un nuovo allenatore".
Inaspettata?
"Il dialogo con Gasperini su contratto e squadra si è protratto per tutto l’ultimo mese di campionato, tutti i giorni. Tutto faceva pensare a una sua permanenza, solo il martedì dopo l’ultima partita abbiamo appreso la sua volontà di separarci, assecondata con rammarico. E abbiamo incontrato possibili candidati solo dopo questa presa di coscienza".
Gasperini con le sue ultime dichiarazioni parlò di sensazioni di ridimensionamento.
"Mai parlato di ridimensionamento ma solo, con trasparenza, di possibili dinamiche di mercato. E poi il club ha mantenuto la competitività della squadra con i fatti, cedendo il solo Retegui".
Per i tifosi non è stato facile accettare quell’addio.
"Ci sono cose che si vorrebbe non finissero mai. Ma se succede, un club, dopo aver fatto di tutto per farle durare il più possibile, ha il dovere di andare avanti. Sperando di sbagliare il meno possibile: ci sta che i confronti siano sempre all’ordine del giorno".
Vi aspettavate fosse così difficile voltare pagina?
"Sì, sapevamo che un cambio così radicale avrebbe comportato il dover affrontare difficoltà a 360 gradi.
Torniamo a Juric: perché lui?
"Perché nei dialoghi che ci sono stati all’interno del club, la conoscenza che il nostro ds Tony D’Amico aveva di Juric è stata un elemento molto importante. La storicità del loro rapporto ha pesato, ma con il sostegno e la condivisione di tutte le componenti della società. Tutti abbiamo scelto Juric: con qualche elemento in più grazie alla conoscenza di D’Amico".
Quanto ha pesato il voler restare nel solco calcistico di Gasperini?
"Chiunque avessimo scelto, avrebbe avuto difficoltà e vissuto il confronto con il passato. L’input su cui abbiamo lavorato, e l’avevamo ricevuto assolutamente anche dalla squadra, era mantenere una filosofia di lavoro, a cominciare dall’intensità, dall’alto valore dato al lavoro: nulla da rimproverare sotto questo punto di vista a Juric, ma negli ultimi tempi non hanno funzionato altri meccanismi".
Lo stesso confronto con la squadra c’è stato dopo il Sassuolo?
"No, nessun confronto".
E non pensate a responsabilità anche della squadra?
"La responsabilità è del club: nessuna colpa alla squadra".
Avete mai pensato ad un tecnico con una “filosofia” completamente diversa?
"Sì, ma abbiamo ritenuto che lo stesso credo calcistico potesse dare più riferimenti e più certezze alla squadra. Il grande cambiamento c’era già stato".
La principale scintilla per scegliere Palladino?
"Le sue parole della scorsa estate quando l’abbiamo incontrato: di grande convinzione sul valore della nostra rosa. In cuor suo, credo abbia continuato a sperare in questa chance e abbia aspettato l’Atalanta. Perché poteva andare anche altrove".
Da cosa si riparte?
"Dai valori della squadra, che sono importanti, e dalle grandi partite che l’Atalanta ha giocato anche quest’anno. Fiducia in questo gruppo e nell’allenatore, che è giovane e promettente: confidiamo che possa giocare per gli obiettivi per cui abbiamo costruito l’Atalanta. Ma deve essere la vera Atalanta, quella che non ha paura di battagliare in ogni partita".
E per quali obiettivi è stata costruita?
"Mai sbandierato uno, se non l’atteggiamento giusto. Se è da Atalanta, con le qualità messe a disposizione ci costruiremo gli obiettivi gara dopo gara. Come sempre fatto in questi anni".
Siamo più diretti: la Champions è ancora possibile? O a questo punto basterebbe l’Europa?
"Ci siamo abituati a giocare in Europa e ci teniamo, ma negli ultimi nove anni è capitato anche di non arrivarci, come di arrivare in Champions avendo pochi punti in più di oggi a questo punto della stagione. Oggi l’Atalanta deve essere molto concreta: guardare avanti e anche indietro, ottenere più punti possibili. E poi si vedrà".
Calcisticamente, che Atalanta si aspetta di vedere?
"Si sa come gioca Palladino e comunque questa squadra è costruita per stare in un certa scia".
E anche per segnare di più, no?
"C’è stata anche una grande dose di sfortuna, e ad un allenatore nuovo serve pure un po’ di fortuna. Però nel calcio devi fare gol e abbiamo sicuramente giocatori che possono segnare di più".










English (US) ·