(di Alessandra Magliaro)
Rilassata, circondata da ragazze
adolescenti mai stanche di tuffi, in armonia con il fidanzato
Claudio Pallitto, si gode l'estate Micaela Ramazzotti in attesa
che un film cui ha dato, tanto per cambiare, l'anima, La guerra
di Elena di Stefano Casertano, esca magari dopo una premiere
alla Festa di Roma, lavora ad una seconda regia dopo l'exploit
d'esordio di Felicità e si prepara a due progetti ancora top
secret da interpretare in autunno.
"Sono serena - confida in una conversazione con l'ANSA a
Marateale, circondata da una nuova tribù di famiglia allargata,
le figlie di lui, la figlia di lei - vivo una fase di maturità,
meno ansiosa di come sono sempre stata, più scialla come
direbbero le ragazze". Giornate di bagni al mare nel festival di
Nicola Timpone che l'ha accolta e premiata nella serata
conclusiva. "Merito questo riposo, per Elena mi sono impegnata
tantissimo. Ho fatto tanto sport, del resto ho il personal
trainer in casa - sorride ironica -: Claudio mi allenava tutte
le mattine mi portava a fare sport outdoor nel parco della
Caffarella a Roma con la pioggia o con il sole, sembravo Rocky.
E poi l'impegno studiando a fondo il personaggio cui restituiamo
memoria, Elena Di Porto. Con il giudaico romanesco è stata una
avventura. Sono romana, anzi di una periferia lontana come Axa,
ed ero convinta fosse una passeggiata almeno il linguaggio...
macché. Mi ci sono ammalata per imparare questo dialetto che si
parlava nella Roma della guerra e oggi quasi del tutto
scomparso".
Il film è un'opera prima, "ne ho accettate tante nella mia
carriera, mi prendo dei rischi grandi, ma se c'è la storia mi
butto, per me viene sempre prima di tutto". Di questa cosa la
attirava? "Più leggevo di Elena più mi innamoravo, era
selvaggia, generosa, coraggiosa, ribelle. Una donna così non
l'avevo mai interpretata, finalmente mi ha dato la possibilità
di misurarmi con altri aspetti del femminile meno fragili, meno
problematici. Sono i ruoli che mi hanno fatto apprezzare e non
li rinnego. Ha funzionato all'inizio e ho proseguito ad
accettarli perché queste donne vedevano in me registi e
produttori, Elena è diversa, una guerrigliera, una bestia,
portava i pantaloni in epoche in cui non si usavano, lasciò il
marito quando certo non c'era il divorzio, faceva la boxe nelle
trattorie del Portico d'Ottavia sfidando gli uomini, pur di
difendere la famiglia e le persone del ghetto ha sfidato i
nazisti, era una testa calda e infatti entrava e usciva dal
Santa Maria della Pietà talmente era diversa".
A teatro proprio in questi mesi e nei prossimi lo stesso
personaggio l'ha portato Paola Minaccioni, l'ha visto? "L'ho
applaudita alla Sala Umberto, la sua Elena la matta mi ha
emozionata". Spera in un festival? "Il regista è alla prima
prova ma ho fiducia in lui, il 16 ottobre c'è l'anniversario
della razzia del ghetto, il cast con Valerio Aprea e Giulia
Bevilacqua è ottimo, mi sembra che siamo in zona Festa di Roma,
me lo auguro. I festival servono moltissimo. Sono ancora grata a
Venezia per aver dato visibilità al mio primo film Felicità in
una sezione che amo molto, Orizzonti".
Da Felicità le cose sono cambiate? "È stata una svolta,
altroché. Innanzitutto una grande botta di autostima. Fare un
film proprio come lo volevi, con una storia che dentro aveva un
cuore nascosto con il mio vissuto personale, con gli attori come
Max Tortora e Anna Galiena che ho voluto dall'inizio e mi hanno
dato fiducia, con il supporto dei produttori che hanno creduto
in me, notti insonni a preparare, poi girare, post produrre nel
rispetto di tutti. È stato liberatorio: ce l'ho fatta! è stato
anche rompere un pregiudizio che sentivo su di me".
Dalla separazione con Paolo Virzi', non senza complicazioni,
ad oggi: una nuova Micaela? "Prendo le cose come vengono, è la
vita, i nostri adorati figli non saranno i primi a sperimentare
il dolore di separazioni, piano piano anche loro capiranno e già
ora va meglio, importante è essere genitori attenti,
comprensivi, educanti. Io per esempio sui social sono ferrea, li
trovo destabilizzanti e anche con lo smartphone ad un certo
punto si mette via nel cassetto dopo il troppo uso. Certo quando
saranno più grandi non sarà facile".
A che punto siamo con l'empowerment femminile nel cinema
italiano? A Venezia quest'anno su 5 film in concorso nessuno è
firmato da donne. "Tanta strada in salita ma anche un pezzo
fatto. Se penso ai film che mi sono piaciuti di più negli ultimi
anni mi vengono in mente solo film di donne, da Valeria Golino a
Paola Cortellesi, a Francesca Comencini il cui Tempo che ci
vuole mi è piaciuto immensamente. A Venezia a Orizzonti ci sono
Cavalli e Samani, le aspetto". Si parla di sorellanza, di fare
comunità, lei ha amiche in questo ambiente? "Sono un lupo
solitario veramente, nel cinema poche, una direttrice della
fotografia è una mia amica intima".
Il nuovo film da regista? "Ho scritto, buttato giù idee. Mi
metterò al lavoro dopo l'estate, con sceneggiatrici donne. Mi
sembra che lavorare insieme tra donne mi venga meglio, una
psicoterapia".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA