Il tuttocampista dell’Atletico Madrid affronterà l’Inter in Champions: "Siamo stati gli unici capaci di eliminarli negli ultimi 3 anni. Le mie idee fuori dal coro? I compagni sono curiosi..."
15 novembre - 11:16 - LAS ROZAS (SPAGNA)
No. Marcos Llorente non è un calciatore come gli altri. E per tanti motivi. Il primo, genetico: il concetto di figlio d’arte nel suo caso è assai riduttivo. Suo padre è Paco Llorente, che è stato 7 anni nel Madrid. Ma sua madre Maria Angela, che ha giocato a basket a buon livello, è figlia di Ramon Grosso, leggenda del club blanco con il quale ha vinto 6 Coppe dei Campioni. E poi c’è suo zio, Julio Llorente, e Marcos è pronipote del mito Paco Gento e dei suoi fratelli Antonio e Julio, e vanno citati gli zii Llorente del basket. Insomma, un pedigree unico. Marcos è singolare anche in campo: se n’è andato dal Madrid perché era chiuso da Casemiro, ma poi all’Atletico ha fatto l'8, e il 7. E da qualche tempo con Simeone e in nazionale fa il 2. E infine c’è lo stile di vita, che l’ha portato al centro dell’attenzione per comportamenti che per alcuni sono eccentrici, per altri folli, e per altri interessanti. Le passeggiate a torso nudo in pieno inverno, le luci rosse in casa, gli occhiali con lenti gialle o rosse a seconda del momento della giornata e del luogo nel quale ci si trova, la dieta paleolitica, il digiuno notturno… alcune delle cose che regolano la vita di Marcos.
Parto in difesa: io ho quasi il doppio dei suoi anni e dormo bene. I miei ritmi circadiani, a lei tanto cari, sono buoni.
“Bene, sono contento per lei. Il sonno è fondamentale”.
La terra è?
“Rotonda, o sferica. Non sono un terrapiattista. Non l’ho mai detto però qualcuno me l’ha attribuito perché ho abitudini diverse dagli altri”.
Però si la preoccupano le scie chimiche.
“Chiaro”.
Davvero pensa che siano aumentate e abbiano un effetto negativo?
“Assolutamente, ma non sono qui per convincere nessuno”.
Lei rifugge dalle creme e difende i benefici apportati dalla luce del sole. Non ha paura delle conseguenze negative di cui tanto si parla?
“No, per niente. Il cancro alla pelle può colpire chi si espone al sole come chi vive in una grotta. Io non vedo una relazione diretta. Mi preoccupano più le lampade a raggi ultravioletti che usano o usavano tante persone, quelle si che sono pericolose, la luce naturale no. Io prendo il sole senza protezione da 20 anni, e mio padre da 40”.
È contrario agli occhiali da sole.
“Esatto. È chiaro che se ti metti a fissare il sole ti friggi gli occhi, ma se giri senza occhiali da sole per i tuoi occhi sono solo benefici”.
Difende la dieta paleolitica, e quindi mangia carne. Altro elemento sul quale c’è un acceso dibattito.
“Chiaro. Il problema non è la mucca, ma ciò che mangia. Se si alimenta con erba in un campo all’aria aperta non ci sono problemi. Se mi offri una carne iper processata da 2 euro al chilo non ci siamo, ma non si può mettere tutto sullo stesso piano”.
In tutto questo pur difendendo i suoi principi si adatta alla vita degli altri, giusto?
“Chiaro. In ritiro, qui in nazionale o con l’Atletico, non è che posso mangiare quando voglio io o solo ciò che voglio io. Si può cenare dopo il tramonto. Ci vuole equilibrio, perché è l’unica via alla felicità. Diciamo che io seguo il mio stile di vita 300-310 giorni all’anno. Poi ci sono momenti per festeggiare, per divertirsi e non bisogna diventare pazzi”.
La sorprende che le sue dichiarazioni facciano tanto rumore?
“No. Io ho le idee chiare e seguo il mio cammino. Se qualcuno è interessato, a disposizione. Altrimenti che segua la sua strada. Il problema è che ciò che dico va contro ciò che ci hanno sempre detto e la cosa da fastidio, ma ripeto, non è un problema mio”.
Dice che le piace il vino. Da quando l’ha scoperto?
“Diciamo che da un paio d’anni ho iniziato a bere con maggior attenzione e godendomelo di più. Prima compravo orologi, ma visto che non si possono più portare tranquillamente per strada spendo in vino. Riveste una funzione sociale meravigliosa: attorno a una bottiglia si riuniscono grandi valori, amicizia, famiglia, affetto, sentimento”.
Preferenze geografiche?
“Mi piace molto la Francia, in America ci sono cose interessanti, in Italia le dico Case Basse di Soldera così come il barolo Monfortino di Conterno. E Masseto ovviamente. Il Sassicaia di annate più vecchie mi piace molto, quello del 1985 è tra i miei favoriti in assoluto. Avete dei grandi vini. Li conosce?”.
Sì sì, chiaro. Però non ho la sua stessa potenza di fuoco economica per apprezzarli con frequenza. Parliamo un po’ di calcio?
“Come vuole”.
La nazionale?
“Mi piace esserci ma non m’intristisco se non mi chiamano. Detto questo, venire qui e poter godere di questo gruppo fantastico, allenarsi e giocare coi migliori di ogni club è unico, una meraviglia. S‘impara tanto”.
I compagni le chiedono cose della sua vita?
“Sì, c’è chi è più curioso, chi vuole informarsi e ascoltare. Poi ogni prende le sue decisioni”.
E l’Atletico?
“Abbastanza bene. Dobbiamo iniziare a imporci lontano dal Metropolitano. In casa siamo forti, fuori bisogna migliorare. Abbiamo vinto a Siviglia col Betis, osso duro, la linea da seguire è quella”.
E l’Inter, il vostro prossimo rivale di Champions?
“Una grande squadra, individualità di livello assoluto, un gruppo consolidato, uno stile di gioco riconoscibile e che non è cambiato col nuovo allenatore. E come noi tra il 2014 e il 2016 ha perso due finali di Champions in tre anni. Ha le idee molto chiare e in questa Champions ha vinto 4 gare su 4. Sarà una bella partita, molto aperta, per superarli bisognerà dare il massimo”.
Come un anno e mezzo fa.
“Già. Quella doppia sfida del 2024 ha confermato la grande bellezza del calcio, uno sport nel quale non sempre vince il favorito o chi arriva meglio alle partite. Loro volavano, noi arrancavamo, siamo passati noi. L’Atletico è stata l’unica squadra capace di eliminare l’Inter dalla Champions negli ultimi 3 anni”.
Questo si che è un dato inconfutabile.










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