Tra le frasi dell'ex c.t. ospite al Festival dello Sport anche "l'Italia era un Paradiso, è stata una brutta botta da assorbire" al ricordo delle ruggini con Totti, Icardi e Acerbi
"Come sto? Vuoi fare i 100 metri di corsa con me? Io sto benissimo e te lo posso far vedere… Poi ho questo dolore per ciò che è successo e non voglio farmi sconti: me lo devo iniettare un po’ da solo di veleno per poi sopperire ai vostri morsi". Nonostante l’amarezza e la delusione per la fine prematura e improvvisa dell’avventura sulla panchina della Nazionale, l’ultimo Luciano Spalletti non aveva perso la voglia di scherzare coi giornalisti, fare battute e regalare le sue metafore ormai diventate proverbiali. Ma, soprattutto, il desiderio di tornare a battagliare sul campo. Lo aveva confessato nella casa della Gazzetta, ospite al Festival dello Sport di Trento, dove l’allenatore di Certaldo si era confrontato per oltre un’ora sul palco con il vicedirettore Stefano Agresti, spaziando tra aneddoti, rivelazioni e analisi, con pochissime concessioni all’attualità. "L’Italia andrà ai Mondiali e Pio Esposito mi ricorda Bobo Vieri", s’era sbilanciato, ma niente pronostici sul campionato, come aveva invece fatto qualche giorno prima al Festival del Calcio Italiano di Arezzo. "Inter e Napoli hanno qualche chance in più di Juventus e Milan", aveva provato a immaginare. E chissà che ora non tocchi proprio a lui ribaltare queste previsioni. Soprattutto ricordi dolci e amari, insomma, nell’ultimo Spalletti-pensiero, ripartendo da quel tarlo per non essere riuscito a confermare in Nazionale quanto fatto vedere con lo storico terzo scudetto napoletano.
Amarezza azzurra
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"Mi martella nella testa. Troppo? Me lo dicono tutti, ma io sono fatto così. Per me la Nazionale era il Paradiso e se succede qualcosa di storto non lo dimentico — non si era nascosto l’ex ct —. È una brutta botta da assorbire, ma sono certo che succederà qualcosa di ancora più bello". Rimpianti, quindi, ma allo stesso tempo anche tanta voglia di ripartire quella messa in mostra dal tecnico toscano, che non aveva avuto dubbi nello spiegare ciò che non era andato. "Ho cercato di trasferire il mio modo di essere e forse ho sbagliato: c’era bisogno di più leggerezza per tenere a bada le pressioni enormi", aveva ammesso.
la patente di scugnizzo
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Tutto il contrario, insomma, di quanto era accaduto a Napoli, dove ha vissuto la gioia più grande di una carriera e di un popolo intero. "È stato un momento bellissimo ottenere la cittadinanza: ho ricevuto un amore sfrenato, che ti metteva anche paura, perché non sai dove può andare a finire — aveva confessato —. Il primo anno vivevo in albergo accanto alla camera di De Laurentiis. Il secondo anno mi sono trasferito a Castelvolturno, in una stanzetta nel centro d’allenamento. Alzarsi e vedere l’area di rigore è come essere in Paradiso". E chissà che nella prossima avventura non possa unire le due cose: una comoda stanza del J|Hotel che sorge proprio a fianco del centro sportivo della Continassa.
Petto nudo e tensioni
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Si era messo a nudo così, Spalletti, a casa-Gazzetta, come quella volta che l’aveva fatto veramente, e non solo metaforicamente, ai tempi dello Zenit San Pietroburgo, per festeggiare l’altro titolo di campione nazionale della sua esperienza in panchina. "Mi dicevano tutti che c’era freddo, ma nel momento della festa non si sentiva", aveva ricordato col sorriso. Gioia a far da contraltare a riflessioni amare, il leitmotiv del suo colloquio, come quando si era trattato di ripercorrere i rapporti burrascosi con alcuni dei calciatori più rappresentativi allenati: da Totti ("per me non abbiamo mai litigato, ma nessuno lo ha aiutato nella percezione delle cose"), a Icardi ("ci sono rimasto un po’ male. Ho dovuto mettere mano a situazioni antipatiche") fino ad Acerbi ("la cosa è andata diversamente da come l’ha raccontata"). E alla fine, Spalletti era tornato alla lavagna quasi come fosse in spogliatoio e aveva disegnato la sua formazione ideale. "Scelgo il modulo 4-2-3-1 con Szczesny, Di Lorenzo, Koulibaly, Chivu e Jankulovski dietro. Poi Pizarro e De Rossi in mediana. Davanti metto Totti, Dzeko, Kvaratskhelia e Salah", aveva concluso, con tanto azzurro e giallorosso. Chissà che presto non debba aggiornarla con un po’ di bianconero in più.









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