L’attore ricorda: "Accompagnavo allo stadio i disabili, mi offrivano il pranzo: così sono diventato tifoso giallorosso. Vorrei andare a Trigoria come Oronzo Canà: li farei ridere"
Mentre la sua Roma a Reggio Emilia batteva il Sassuolo e riprendeva la vetta della classifica, Lino Banfi, nell’ambito del “Fuori Sala” di Alice nella Città, riceveva il Premio Via Condotti, per il “non romano più romano di tutti”. Romano e romanista, viene da dire. Perché questo 89enne amato da tutti, senza distinzioni di età — “ma anche di appartenenza politica o calcistica” — aggiunge lui, è un grandissimo tifoso giallorosso.
Ci racconta come lei, nato ad Andria e legato alle sue origini pugliese tanto da aprire nella Capitale un’orecchietteria, ha scelto la Roma?
“È una storia particolare. Di solito chi veniva dal Sud alla mia epoca, cioè 6-700 anni fa, era juventino, al massimo milanista, qualcuno si ricordava della Bari o del Foggia... Io, arrivato a Roma a cercare fortuna nello spettacolo verso la fine degli Anni 50, non avevo nessuna squadra, il calcio non mi interessava, puntavo solo a mangiare due volte al giorno. Non ci riuscivo mai. Sportivamente parlando ero campione di salto del pasto... Aspettavo la mia occasione in un bar vicino all’Ambra Jovinelli, dove ogni tanto qualcuno si affacciava alla ricerca di un prestigiatore, una spalla, un ballerino. Ma c’era anche chi cercava un ragazzo forte per accompagnare i disabili allo stadio... Si potevano prendere mille lire e se eri fortunato anche un pasto. Mi sono subito offerto. La prima volta in cui sono andato all’Olimpico ho spinto la carrozzina di un laziale, magrissimo, praticamente muto. Aveva pure mangiato a casa... Due settimane dopo mi è capitato un signore romanista, pesantissimo da spingere, ma simpaticissimo e soprattutto affamato. Prima di entrare allo stadio mi ha portato al Bar del Tennis e mi ha fatto mangiare due volte l’amatriciana! Una felicità che non posso dimenticare. Ho iniziato ad andare spesso a vedere la Roma con lui e da simpatizzante sono diventato con il tempo tifoso vero”.
Ed è tornato allo stadio per conto suo.
“Mica subito... Sono passati anni prima che potessi permettermelo. Diciamo che solo negli Anni 70 finirono i miei guai e smisi di pagare tutti i cravattari... E ogni tanto andavo allo stadio. Ero anche amico di diversi giocatori, come Scarnecchia e Falcao. Paulo veniva spesso a casa mia, ero convinto che avesse una particolare simpatia per me e i miei film, solo dopo ho capito che aveva un debole per mia figlia Rosanna... Ormai ci sentiamo poco, ma ogni tanto a Natale ci scambiamo ancora gli auguri”.
E poi c’era Liedholm. È vero che le diede lui l’idea de “L’allenatore nel pallone”?
“Verissimo. Capitammo vicini di posto su un volo Roma-Milano. Mi disse: 'Sei molto bravo, perché non fai film su vita di allenatore? Perché non fai quello pugliese che si chiama proprio Pugliese'. Si riferiva a Oronzo Pugliese, diventato poi il mio Oronzo Canà...”.
Allenatore ad honorem con tanto di diploma a Coverciano.
“E ne vado molto fiero”.
Parliamo di questo primo posto della Roma?
“Volentieri! Partirei dalla presidenza. Io ho sempre detto che alla guida della mia squadra avrebbe dovuto esserci un romano, invece grazie ai Friedkin mi sto ricredendo. Ho anche scoperto che sono dei grandi produttori cinematografici... Ho capito che tutto sommato non è un male che non si affezionino allo spogliatoio o ai giocatori, loro pensano agli affari. Se c’è da fare un affare, anche sul mercato, si muovono, altrimenti niente. E stanno attenti ai conti, che per me resta sempre una cosa positiva. Io non li ho mai conosciuti, non sarebbe male incontrarli. Anzi, mi piacerebbe molto andare una volta a Trigoria, come Oronzo Canà non come Lino Banfi, prendere un megafono e all’improvviso mentre la squadra si allena urlare: “Che caz.. fate, porca puttena!”. Vorrei vedere la faccia dei giocatori. Questi ragezzi anno bisogno ogni tanto di farsi una bella risata, di un po’ di distrazione! Sono fortunati, ma sono anche giovani e fanno parecchi sacrifici. Ultimamente quando guardo le partite mi fermo a osservare quelle statistiche che appaiono in basso a sinistra, avete presente? Mostrano quanti chilometri fanno i giocatori... Numeri che mi fanno capire ancora meglio il loro sudore”.
Se andasse a Trigoria si divertirebbe anche Gasperini?
“Io ne sono certo! Non credo sia burbero come molti dicono. E alla Roma sta facendo davvero bene, secondo me è la persona giusta. È un ottimo allenatore e un uomo garbato. E poi dietro c’è l’amore sanguigno di Ranieri, lavora nell’ombra ma sono sicuro abbia un ruolo importante”.
C’è un giocatore che le piace in modo particolare in questa squadra?
“Paulo Dybala, a me piace moltissimo e so che farà tanto e bene anche in questa stagione. Dicono sia fragile, un aggettivo che personalmente non amo anche perché viene usato spesso per quelli della mia età: io sono entrato nei novanta, li sto perlustrando, ma fragile non sono per niente, sono tostissimo! Ed è tostissimo anche Dybala: avete visto come ha giocato contro il Sassuolo domenica? Ha fatto pure un gol stupendo, alla fine è uno che spesso trova il modo per risolverti le partite”.
Quanto dura questo primato?
“Il campionato è lungo, ma può resistere parecchio. Mi fa anche piacere che al momento condividiamo la vetta con il Napoli, la squadra della città in cui sono nato come artista e a cui resto legatissimo. Ma ogni volta che li abbiamo sfidati non ho avuto la minima esitazione: tifo sempre e soltanto Roma”. Del resto è il più romano dei non romani...







English (US) ·