Antiche palizzate di epoca romana e medievale rinvenute a Grado, in Friuli-Venezia Giulia, hanno permesso di ricostruire l'innalzamento del livello del mare avvenuto già tra I e VI secolo d.C. in quest'area dell'Adriatico, in seguito all'innalzamento delle temperature globali. La scoperta dei resti, pubblicata sulla rivista Scientific Reports, ha coinvolto ricercatori dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale di Trieste, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Roma, dell'Università di Bologna, della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per il Friuli e dell'azienda friulana ArcheoTest.
"Anche in passato, le variazioni del livello del mare hanno avuto un impatto significativo sull’occupazione e sulla distribuzione degli insediamenti umani nelle aree costiere", dice Dario Gaddi di ArcheoTest, primo autore dello studio. "Talvolta, il mutamento delle condizioni ambientali ha costretto le popolazioni ad abbandonare i siti minacciati dall’allagamento. In altri casi - continua Gaddi - l’uomo ha risposto con interventi anche radicali sull’ambiente naturale".
La palizzata più antica, risalente al I-II secolo d.C., sembra sia stata eretta per contenere le grandi quantità di materiale estratte nel corso di una vasta e prolungata operazione di bonifica e di innalzamento del suolo, quando il livello del mare era di circa 1,2 metri inferiore a quello attuale. Un'altra palizzata, invece, datata al 566 d.C., rappresenta un probabile tentativo per arginare gli effetti dell’innalzamento del livello del mare: le tavole di legno, infatti, sono state ampiamente attaccate dalla Teredo navalis, un microrganismo che prolifera esclusivamente all'interno di legni costantemente sommersi. Ciò dimostra un sollevamento del livello marino di almeno 40 centimetri rispetto al periodo precedente.
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