"Un momento difficile", così Juan
Carlos Ferrero ha descritto - con piena sincerità - il suo stato
d'animo dopo la separazione dal suo "pupillo", Carlos Alcaraz,
con cui ha lavorato da allenatore per sette anni, vincendo 24
titoli, di cui sei Slam, e raggiungendo il n.1 al mondo. A
Marca, lo spagnolo, ex n.1 a sua volta e campione del Roland
Garros del 2003, ha rilasciato una lunga intervista in cui ha
spiegato le motivazioni della rottura (senza creare polemiche),
e parlando dell'impatto che questa sta avendo su di lui.
"Vivevamo tutto con grande intensità. In questo periodo io sono
ferito, ogni cosa ha bisogno di tempo per essere elaborata ed
immagino che mi farà male vederlo giocare nei tornei. Ero
innamorato del suo modo di giocare, ha un carisma
impressionante. Sarà difficile non vederlo giocare dalla tv,
spero di trovare la forza per diventare un suo tifoso in più",
ha raccontato. Per il momento, Ferrero non vuole pensare al
futuro, rispettando la propria emotività. Non esclude però
nessuna ipotesi, né un rientro nel team di Alcaraz, né uno
scenario che avrebbe del clamoroso: "Se arrivasse un'offerta di
Sinner ci penserei, perché è un giocatore straordinario, ma ora
devo aspettare che il dolore passi - ha chiarito -. Se avrò
altre opportunità le valuterò, ma dopo otto anni senza mai
fermarmi, essere a casa è qualcosa che si apprezza. Qualche
proposta è già arrivata, ma la mia testa è ancora ferma a
Carlos. Oggi sarebbe impossibile riprendere ad allenare".
"Non essere d'accordo su alcuni punti", ha proseguito, "non
inficia sul nostro rapporto di amicizia, per questo non chiudo
la porta ad un possibile ritorno con lui. Gli auguro tutto il
meglio e ha le possibilità per diventare il migliore della
storia. Come ogni anno c'erano delle cose sulle quali non
andavamo d'accordo con l'entourage: loro facevano i suoi
interessi, io i miei, e alla fine abbiamo deciso di separarci".
Una decisione dunque arrivata di comune accordo, ma comunque
inaspettata: "C'era l'idea di andare avanti, anche dopo Torino:
non abbiamo mai litigato e Samuel Lopez ha portato aria fresca,
quindi avremmo potuto continuare insieme dopo una grande
stagione. La off-season era già stata organizzata, Lopez era al
corrente di tutto e non hanno dovuto modificare nulla".
Sarà ora proprio Lopez, storico allenatore di Pablo Carreno
Busta, a proseguire il lavoro iniziato da Ferrero,
presumibilmente senza stravolgimenti: "Avevamo inserito la sua
figura proprio per evitare che il rapporto tra di noi si
usurasse, vedere tutto da un'altra prospettiva ci ha fatto bene.
Samuel lo conosce e ha l'esperienza per gestirlo. Conosco Samuel
da tanti anni e gli ho lasciato la porta aperta, se avesse
voluto continuare, farlo è per lui un premio per il lavoro che
ha svolto in questi anni. Con lui volevo essere comprensivo e
non egoista, anche se non posso dire che non faccia male".
Ex coach, tra gli altri, anche di Alexander Zverev, Ferrero ci
ha tenuto ad escludere però dalle motivazioni della rottura
l'aspetto prettamente economico, parlando con enorme orgoglio
del proprio percorso al fianco di un ragazzo che ha visto
crescere in maniera rapidissima: "Credo che entrambi dobbiamo
essere grati di esserci incontrati. Carlos perché non è facile
trovare una persona con grande esperienza che ti dedica tanto
tempo, e io perché in lui ho trovato un giocatore che impara ad
un ritmo incredibile".
Il primo torneo ufficiale di Alcaraz senza il suo "maestro" sarà
proprio l'Australian Open, quello che lo stesso murciano ha
identificato come l'obiettivo stagionale, per completare anche
il Career Grand Slam: "Carlos può subire qualcosa a breve
termine, ma a livello tennistico ha tutto per superare le
difficoltà e presentarsi in Australia giocando ad alto livello -
ha detto Ferrero, eletto "Coach dell'anno" del 2025 insieme a
Lopez -. Non siamo riusciti a vincere quel torneo insieme, ma
lui ha tanti margini di miglioramento, e non bisogna fidarsi
troppo del ranking. Il team sa che può migliorare a livello
fisico, tecnico e mentale e lo aiuterà. È importante che cresca
anche come persona e professionista, perché le pressioni ci
sono, tutti si aspettano che vinca sempre. Cercavamo di fare in
modo che fosse sempre molto motivato".
"Quando l'ho conosciuto, aveva capacità tecniche, fisiche e
mentali impressionanti. È sempre difficile vedere i sogni che
diventano realtà, ma io sono in pace con me stesso: ho dato
tutto e spero che il mio lavoro venga riconosciuto positivamente
- ha affermato -. Se sono stato più di un semplice coach deve
dirlo lui, ma di sicuro mi sono dedicato a lui al 100%".
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