Quando Armani disse alla Gazzetta: "Il basket? Rapido, organizzato, divertente. Come il mio lavoro"

1 ora fa 1

L'ultima intervista del re della moda al nostro giornale, in cui raccontava la sua vita e le sue passioni: "Noi vinciamo tutti insieme come urlano i giocatori prima di andare in campo"

Pier Bergonzi

Vicedirettore

4 settembre 2025 (modifica alle 16:26) - MILANO

Ripubblichiamo l'ultima intervista di Giorgio Armani alla Gazzetta: era giugno 2024, e il grande stilista raccontava le sue passioni e i suoi idoli sportivi, partendo dall'amore per l'Olimpia Milano.

Al centro del progetto Olimpia, la squadra di basket più prestigiosa d’Italia, c’è lui, il Signor Armani. C’è da vent’anni, da quando nel 2004 raccolse un appello della Gazzetta. C’era da salvare la storica squadra di Milano. C’era da rianimare la leggenda delle scarpette rosse, da non disperdere il patrimonio della squadra di Dan Peterson e Meneghin, di D’Antoni e McAdoo. C’era da salvare un pezzo importante della cultura sportiva di Milano. Giorgio Armani accettò la sfida (prima come sponsor, dal 2008 come proprietario), una delle tante della sua spettacolare parabola di vita. E in questi vent’anni, grazie anche alla solida presenza di Leo Dell’Orco e ora grazie all’allenatore italiano più vincente di sempre, Ettore Messina, la squadra è diventata un po’ come l’Armani: un esempio di operosità e di stile. Adesso i giovani che riempiono di magliette rosse il Forum (quasi sempre tutto esaurito) dicono: “Andiamo all’Armani” come se intendessero al Milan o all’Inter. E Giorgio Armani è il primo di tutti loro. La concomitanza con le sfilate estive non gli ha consentito di essere al Palazzetto per le partite in casa che hanno chiuso (3-1) la serie di finale contro la Virtus Bologna, la rivale dichiarata di questi ultimi anni. Il Signor Armani, come lo chiamano con un misto di affetto e rispetto che sconfina con la devozione quelli che lavorano con lui, ha però seguito ogni istante della serie di finale, ha gioito con quella serena compostezza che lo caratterizza e ha potuto alzare la sua sesta Coppa del Campionato (terza consecutiva) quando Leo Dell’Orco e il coach Ettore Messina lo hanno raggiunto alle sfilate. A quasi 90 anni (li compirà l’11 luglio), Armani ha accettato di farsi intervistare da noi in esclusiva per raccontarci la sua (grande) passione per lo sport e per il basket in particolare.

Sono ormai 20 anni da quando ha deciso di legare il suo nome, e quello del suo brand mondiale, al basket. Quanto ne è valsa la pena?

"Sono entrato per amore della squadra, di uno sport al quale erano legati sia mio fratello Sergio sia mia sorella Rosanna, e della città di Milano. Non me ne sono mai pentito, anche all’inizio, quando non vincevamo. Ho sempre avvertito la riconoscenza della gente, soprattutto alle partite, e sono contento di avere una squadra e un club che riflettono i nostri valori".

Perché tra le sue tante passioni ha scelto il basket? 

"Mi è sempre piaciuto, perché è un gioco di squadra organizzato, rapido, divertente, dove tutto può cambiare anche all’ultimo momento. Lo trovo affine al mio modo di intendere il lavoro: occorre essere attenti, veloci, puntando su forza e determinazione per arrivare all’obiettivo con l’aiuto e il sostegno della propria squadra".

Di che cosa è particolarmente orgoglioso?

"Le vittorie sono il coronamento di un lavoro portato avanti giorno per giorno. Sono molto orgoglioso della squadra che si è impegnata con costanza. Mi piace pensare che vinciamo nel modo giusto, tutti insieme, come urlano i giocatori prima di andare in campo".

Che cosa caratterizza questo scudetto?

"Ci sono stati tanti momenti difficili, ma la squadra li ha superati senza mai perdere di vista quello che stava costruendo, con la convinzione che il lavoro porta lontano, dando il meglio nel momento giusto. È uno scudetto che premia questo atteggiamento orgoglioso di impegno coerente".

Al Forum per la sfida decisiva con la Virtus, a rappresentarla c’era il presidente Leo Dell’Orco, presidente e personaggio chiave della “sua” Olimpia EA7.

"Riconosco a Leo una determinazione e una partecipazione uniche. Il suo apporto è sempre fondamentale. Dietro ogni grande squadra deve esserci una grande società sostenuta dalla proprietà e Leo condivide con me questa passione e questo impegno. Non dovrei dirlo io, ma quando andiamo a trovare i ragazzi, o alle partite, avverto un grande senso di riconoscenza da parte loro. Significa che anche nella quotidianità riusciamo a trasmettere tanto".

Messina, il coach, è il top player della squadra? Il vero valore aggiunto?

"Non soltanto della squadra, ma della società. Lui è un vero leader, ha dato un’impronta organizzativa e il suo staff lo segue. Adesso i ragazzi procedono a occhi chiusi perché si conoscono e sanno cosa vogliono essere. Abbiamo un seguito importante, migliaia di spettatori a ogni partita e abbiamo vinto due titoli giovanili. Abbiamo un vivaio meraviglioso che in futuro alimenterà, speriamo, la prima squadra".

Battuta ancora una volta Bologna. Quello con la Virtus e con il presidente Massimo Zanetti è diventato un derby d’Italia?

"Un derby tra due grandi club che hanno fatto la storia del basket. Quando l’Olimpia vinse il primo scudetto nel 1936, Virtus Bologna arrivò seconda. Abbiamo grande rispetto e ammirazione per questa squadra, non è mai facile batterla".

Il quintetto ideale della sua Olimpia?

"Sono legato a tanti giocatori e non mi piace indicarne alcuni rispetto ad altri. Ma tra quelli che non giocano più da noi, penso a Sergio Rodriguez, che esprime gioia e sono contento che abbia vinto ancora, e Gigi Datome che ho ammirato per la forza con cui ha deciso di smettere dopo aver vinto l’anno scorso lo scudetto come miglior giocatore dei playoff. Non posso non citare Nicolò Melli, che è arrivato da giovanissimo ed è con noi ormai da otto anni. Lui è l’anima del gruppo".

C’è qualcosa che cambierebbe per far crescere il basket italiano?

"Mi piacerebbe una maggiore considerazione da parte dei media, che a volte trattano il basket come uno sport minore, fatta eccezione per le grandi finali. Al Forum ci sono in media diecimila spettatori ogni volta che la squadra scende in campo, e ovunque andiamo a giocare i palazzetti sono pieni. Il basket è uno sport che appassiona la gente, soprattutto i giovani, e merita perciò maggiore attenzione".

Il suo campione di sempre (nel basket)?

"Da tifoso dell’Olimpia il mio giocatore preferito è sempre stato Dino Meneghin. Ma rivedo lui in Nicolò Melli e Kyle Hines".

Il suo campione di sempre considerando invece tutti gli sport?

"Davvero impossibile indicarne uno soltanto. Mi vengono in mente Pelé, Michael Phelps, Usain Bolt, Ronaldo, Roberto Baggio, Andriy Shevchenko, Jannik Sinner… l’elenco è davvero lungo".

Lei veste la nostra Nazionale olimpica e vestirà anche quella di Milano-Cortina. Da chi si aspetta l’oro a Parigi?

"Per scaramanzia non farei dei nomi. Da italiano mi auguro che i nostri atleti raggiungano il massimo dei risultati e che portino a casa un ricco medagliere".

Inter nel calcio e Olimpia nel basket: negli sport di squadra comanda Milano. C’è qualcosa dello spirito della città?

"Per quanto riguarda il basket, l’Olimpia ha vinto 31 scudetti in 88 anni di storia, un numero enorme, ma Inter e Milan insieme hanno fatto anche di più. Milano è una città concreta e lo dimostra anche nello sport".

Ora la palla passa alla nostra Nazionale di calcio che indossa le divise da lei create. Sta seguendo l’Europeo? Cosa si aspetta dalla squadra giovane di Spalletti?

"Che renda orgogliosi i suoi tifosi azzurri come l’Olimpia ha reso orgogliosi i suoi".

Leggi l’intero articolo