Parolin, 'IA non accresca disuguaglianze e ingiustizie'

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Quella dell'intelligenza artificiale "è una delle più grandi sfide tecnologiche e soprattutto antropologiche del nostro tempo, una sfida che ci interpella non solo come scienziati, politici o imprenditori, ma prima di tutto come esseri umani, custodi di una dignità intrinseca che nessuna macchina potrà mai replicare o sostituire. La mia preghiera è che il rapido sviluppo di forme di intelligenza artificiale non accresca le troppe disuguaglianze e ingiustizie già presenti nel mondo, ma contribuisca a porre fine a guerre e conflitti e ad alleviare molte forme di sofferenza che affliggono la famiglia umana". Lo ha affermato il Segretario di Stato della Santa Sede, il cardinale Pietro Parolin, durante la lezione magistrale da lui tenuta oggi all'Istituto superiore di sanità dal titolo 'Etica dell'intelligenza artificiale'.

 "Se durante la prima rivoluzione industriale il rischio era ridurre l'uomo a forza muscolare - ha aggiunto -, oggi il rischio è ridurlo a un'insieme di dati da processare, a un profilo da analizzare, a un caso statistico da cui trarre conclusioni probabilistiche. La tentazione è quella di trattare le persone come cose per guadagno. La grande lezione della Rerum Novarum, valida per la rivoluzione industriale di ieri e per quella digitale di oggi, è che il fine ultimo di ogni progresso, di ogni sistema economico e di ogni tecnologia deve essere la persona umana nella sua interezza e nella sua sacralità. Per questo la Santa Sede, attraverso il dicastero per la cultura e l'educazione e la Pontificia Accademia per la vita, ha promosso e sostenuto con convinzione iniziative come la "Call for AI Ethics", un appello che delinea alcuni principi irrinunciabili: la trasparenza, l'inclusione, la responsabilità, l'imparzialità, l'affidabilità, la sicurezza e la privacy". 
   

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