A colloquio col centro polacco del Derthona, il migliore in A per rimbalzi d'attacco e percentuale da due punti: "Il primato ci rende ancora più affamati". E sul suo tiro tipico: "Solo ripetendo quel movimento puoi riuscire a farlo diventare quasi automatico. E ora provo a migliorare con la mano sinistra..."
Francesco Pioppi
4 novembre - 08:15 - MILANO
Il primo posto di Tortona ha la faccia da duro e la mano morbida di Dominik Olejniczak. Il centrone polacco della Bertram Yatchs è infatti uno dei simboli del club in vetta alla classifica della Serie A per la prima volta nei suoi 70 anni di storia. Il marchio di fabbrica è il semigancio, pezzo forte di un repertorio che lo sta eleggendo come il giocatore con la miglior percentuale dal campo di tutta la Serie A (uno stratosferico 69.2%) e anche come il rimbalzista offensivo più efficace (4 di media). Il classe ’96 della Derthona Basket ci ha fatto fare un viaggio in questa realtà che la famiglia Gavio, grazie anche alla costruzione della modernissima Cittadella dello Sport, sta proiettando verso un futuro sempre più luminoso.
Olejniczak, siete primi in classifica e state regalando un sogno a una tifoseria che non aveva mai toccato vette così alte, qual è il segreto?
“La chimica che si è creata con lo staff e con il gruppo. Non ci sono teste calde (il termine è più colorito, ndr), non c’è nessuno che gioca per le proprie statistiche e pensiamo al bene comune. Se continuiamo con questo spirito… Sky’s the limit (il cielo è l’unico limite, ndr)”.
Dall’esterno sembra che anche l’organizzazione, intesa come club in tutte le sue componenti, sia di primo livello e questo, molto spesso, aiuta…
“È certamente uno dei motivi principali del nostro successo. Non ero mai stato in un club così perfetto da questo punto di vista. Qui a Tortona devi semplicemente pensare a fare il massimo sul parquet, a tutto il resto pensano loro. Non sono mai stato in una società di Eurolega, ma direi che siamo a quei livelli… È fantastico”.
        
        
            
        
    I risultati sono anche il frutto delle sue prestazioni individuali e di quel semigancio che è ormai il suo marchio di fabbrica. Dove nasce questo movimento così efficace e sempre più raro ai giorni nostri?
“È qualcosa che mi è sempre venuto naturale fin da bambino, ma questo mi ha spinto a lavorarci ancora di più. Solo ripetendo quel movimento puoi riuscire a farlo diventare quasi automatico. Non c’è nessun segreto, ma semplicemente tanto, tanto, tanto lavoro”.
Fioretti è al primo anno da head coach, ma sta confermando di essere una delle menti cestistiche più brillanti della nostra pallacanestro. Cosa lo distingue dagli altri allenatori che ha avuto nella sua carriera?
“Ha una cura maniacale per i dettagli, ma sarebbe riduttivo parlare di tecnica o di tattica. Lui è innanzitutto un mentore per noi, una di quelle persone che si guadagna il rispetto ascoltandoti e dandoti anche tanti consigli per la vita che c’è fuori dal campo. Ci sono già stati degli episodi in cui ha aiutato il gruppo con i suoi metodi, ma sono cose che terrò per me e che resteranno nello spogliatoio”.
Lei, tra l’altro, è arrivato in ritardo rispetto al resto del gruppo perché ha partecipato agli Europei con la maglia della Polonia che si è qualificata sesta, mettendosi alle spalle squadre come Slovenia, Francia e Serbia. Che esperienza è stata e com’è stato il suo inserimento a Tortona?
“L’inserimento qui è stato fantastico e mi hanno fatto sentire subito uno di loro. Per quel che riguarda l’Europeo è stato davvero un orgoglio indescrivibile. Ho sempre sognato di poter dare una mano tangibile alla mia nazionale (7.4 punti, 5.4 rimbalzi e un assist di media in 18’), ma per vari motivi non c’ero mai riuscito. È stato davvero emozionante”.
Dopo un’esperienza in patria, al Trefl Sopot, ha giocato per quattro stagioni in Francia, due al Gravelines altrettante al Saint-Quentin, quali differenze ha notato dovendosi adattare al campionato italiano?
“Le differenze secondo me sono minime. Nel campionato francese ci sono tanti ottimi atleti, ma si gioca un basket molto simile a quello italiano ed europeo. Per questo credo che il mio inserimento qui da voi sia stato facilitato”.
        
        
            
        
    Adesso arriva il difficile ovvero confermarsi. In sei giorni, a partire da domenica prossima, avrete: Varese in casa e poi la doppia trasferta a Trieste e Udine.
“E infatti è qualcosa di molto stimolante, perché non abbiamo mai giocato così tante partite ravvicinate. Sarà certamente dura, ma anche stimolante e questo primato ci rende ancora più affamati. Tremendamente affamati…”.
Prima ci ha detto che non ha mai giocato in club di Eurolega: arrivarci è un obiettivo?
“Il mio focus, adesso, è tutto per Tortona ma è ovvio che in futuro mi piacerebbe provarci. Credo che debba essere l’ambizione di ogni giocatore competere al massimo livello. E sono ancora abbastanza giovane per farcela…”.
In quali aspetti del gioco deve migliorare maggiormente?
“Direi nell’utilizzo della mano sinistra. Con la destra ormai ci siamo, ma non si smette mai d’imparare…”.
C’è stato o c’è un modello da seguire nel percorso di Dominik Olejniczak?
“È sempre stato e sarà sempre Ante Tomic (un passato tra Real Madrid e Barcellona, ora a Badalona, ndr). Un lungo di quelle dimensioni (218 cm per 118kg, ndr) che si muove in quel modo e fa ancora quelle cose a 38 anni, credo debba essere un esempio per chiunque giochi in questo ruolo”.










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