Meloni: 'Riformiamo la giustizia per eliminare le storture'

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Il caso Open Arms e le parole del ministro Carlo Nordio fanno divampare lo scontro tra esecutivo e magistratura. Il governo, assicura la premier Giorgia Meloni, sta lavorando "per riformare la giustizia italiana, per mettere fine alle storture a cui abbiamo assistito negli ultimi decenni, per coniugare le necessarie garanzie con l'equità e la velocità dei processi". La dichiarazione arriva dopo la decisione della procura di Palermo di ricorrere in Cassazione contro la sentenza che ha assolto Matteo Salvini per la vicenda Open Arms.

Nordio: 'Nei Paesi civili non si impugnano le assoluzioni'

Nordio attacca: "niente impugnazione contro le sentenze di assoluzione, come in tutti i Paesi civili. Rimedieremo". Meloni parla di "surreale accanimento, dopo un fallimentare processo di tre anni. Mi chiedo cosa pensino gli italiani di tutte queste energie e risorse spese così, mentre migliaia di cittadini onesti attendono giustizia". Il guardasigilli adombra poi provvedimenti contro il magistrato Raffaele Piccirillo che lo aveva criticato per il caso Almasri in un'intervista. Scatta subito la richiesta di una pratica a tutela da parte dei consiglieri togati del Csm. Sulla Open Arms, a parere di Nordio, "si pone il problema tecnico. Come potrebbe un domani intervenire una sentenza di condanna al di là di ogni ragionevole dubbio quando dopo tre anni di udienza un giudice ha dubitato e ha assolto? La lentezza della nostra giustizia dipende anche dall'incapacità di molti magistrati di opporsi all'evidenza". Governo e maggioranza fanno cerchio attorno a Salvini. "Mi dispiace umanamente e personalmente e anche professionalmente, io ho vissuto quella stagione da capo di gabinetto di Salvini", dice il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi. Arianna Meloni invita il vicepremier ad "andare avanti a lavorare per il bene dell'Italia: è l'unica risposta possibile da dare a chi non riesce ad accettare la sua sconfitta. Forza Matteo!". Ma la giornata apre anche un altro fronte di tensione tra esecutivo e toghe. Nordio, infatti prende di mira il magistrato Piccirillo che, in un'intervista a Repubblica, aveva spiegato che non c'erano "valide ragioni giuridiche per non convalidare l'arresto" di Almasri "e non consegnarlo alla Corte penale internazionale".

Per il guardasigilli "che un magistrato si permetta di censurare su un giornale le cose che ho fatto, in qualsiasi paese al mondo avrebbero chiamato gli infermieri. Potrebbe essere oggetto di valutazione. I magistrati - aggiunge - sono convinti di godere di una impunità tale da poter dire quello che vogliono. Questo rimane fino a che non faremo una riforma perché non c'è sanzione di fronte a esondazioni improprie". Un intervento pesante, che scatena la reazione dell'Anm. "Che il titolare del dicastero della Giustizia possa ritenere che l'espressione pubblica del pensiero di un magistrato in servizio meriti l'intervento degli 'infermieri' o diventi oggetto di valutazione disciplinare - sostiene l'associazione - rappresenta un fatto grave, incompatibile con i principi fondamentali di uno Stato di diritto". Per gran parte dei consiglieri togati del Csm il ministro "ha dileggiato e tentato di intimidire". Dura anche l'opposizione. Francesco Boccia (Pd) è "allibito dalle parole di Nordio, che continua a non dire la verità e il cui modello di giustizia, evidentemente, è quello di Trump". Per Valentina D'Orso (M5S) "è il trionfo dell'arroganza al potere". Le fa eco Nicola Fratoianni (Avs): "qualcuno a Palazzo Chigi gli spieghi che è un ministro della Repubblica non il Marchese del Grillo". Come se non bastasse, un ulteriore tema toccato dal ministro ha movimentato la giornata.

Questa volta a sentirsi toccato è stato il vicepresidente del Csm, Fabio Pinelli. Il Consiglio superiore della magistratura, secondo il numero 1 di via Arenula, è "il riflesso delle correnti. Se non sei iscritto a una corrente non hai nessuna possibilità non dico di carriera, ma neanche di essere ascoltato. Se tu invece ha in una corrente il tuo padrino, il tuo protettore, anche quando finisci davanti alla sezione disciplinare c'è una stanza di compensazione". Pinelli non ci sta. "Nell'esperienza acquisita quale presidente della sezione disciplinare del Csm - spiega - l'attività da essa compiuta si è caratterizzata, grazie alla serietà e competenza di ciascun componente, dall'analisi rigorosa degli atti e dalla applicazione dei principi di diritto, senza alcuna influenza sulle decisioni prese legata all'eventuale appartenenza a gruppi associativi o a presunte camere di compensazione".

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