Schlein blinda Sala, per il centrodestra Milano è contendibile

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Il Pd "è al fianco" di Beppe Sala e "continua a sostenere il lavoro che l'amministrazione farà nei prossimi due anni".

Suona come una blindatura la nota di Elly Schlein a oltre 48 ore dall'esplosione dell'inchiesta sull'urbanistica a Milano che vede anche il sindaco indagato. Ma contiene due postille. Una sulle le sfide della città, "dall'abitare alla transizione ambientale", che "richiedono segnali di innovazione e cambiamento". L'altra è la promessa di seguire "con attenzione gli sviluppi" dell'indagine. Lo faranno anche nel centrodestra, dove lo scenario reso incerto dall'intervento della Procura spinge quantomeno ad accelerare il processo di scelta del candidato per una città che ora si vede "più contendibile". leader dei partiti che sostengono la giunta - Matteo Renzi (Iv), Carlo Calenda (Azione), Angelo Bonelli (Verdi) e Schlein - hanno confermato la fiducia. I centristi subito e senza riserve. Bonelli e Schlein con dei distinguo. Significativa anche la nota dell'ex assessore di Milano, ora eurodeputato Pd, Pierfrancesco Maran, che esprime "massima fiducia nella correttezza e rettitudine" di Sala e dell'assessore Giancarlo Tancredi. Una crepa nel centrosinistra è segnata dal M5s, che in Comune non è in maggioranza e chiede le dimissioni. Per ora, un contraccolpo politico per il sindaco è il tramonto dell'ipotesi di fare il federatore del centro, se non di tutto il centrosinistra.

In nome del garantismo, sull'altro fronte FdI, Lega, FI e Nm chiariscono che non c'è automatismo fra avviso di garanzia e dimissioni. Lo ha fatto anche Giorgia Meloni. Una cautela che varie fonti collegano anche ai casi aperti della ministra Daniela Santanchè e di un'assessora siciliana di FdI, e che è in coerenza con le posizioni tenute sul processo Open Arms su Matteo Salvini, assolto in primo grado. Ma la critica alla gestione "paralizzante" di Palazzo Marino sale di livello. La Lega chiede le dimissioni perché "la città sprofonda". "La giunta Sala dimostri di avere la maggioranza sull'urbanistica - attacca il presidente del Senato Ignazio La Russa -. Se non ha la maggioranza su una linea fondamentale per Milano, tragga le conseguenze". Parole non banali dato il suo peso nel capoluogo lombardo.

Nel centrodestra varie fonti considerano improbabile un passo indietro del sindaco, soprattutto dopo l'intervento di Schlein, ma si registra attesa su ciò che può ancora emergere dall'inchiesta. C'è chi ipotizza, in caso di dimissioni nei prossimi mesi, un anno di commissariamento prima del voto, allo stato previsto nel 2027. Quando ci sono pure le Politiche. Anche in quest'ottica, si ragiona nel centrodestra, non si potrà perdere a Milano, considerata più contendibile di Roma, Napoli o Torino. FI spinge per allargare la coalizione ad Azione e puntare su un candidato civico (è spesso citato Ferruccio Resta, ex rettore del Politecnico), e fonti azzurre notano che "non può essere Lupi, anche alla luce degli ultimi sondaggi". Nella Lega si sottolinea la necessità di intercettare un elettorato (anche di giovani e professionisti) che di solito sfugge alla coalizione nella metropoli lombarda. Dentro FdI non mancano profili più politici, come Carlo Fidanza e Marco Osnato.

Sono ragionamenti emersi anche nel tavolo su Milano che il centrodestra ha aperto a fine 2024. Il dossier però - la linea di Meloni, secondo fonti parlamentari - non deve rientrare nel confronto sulle Regionali, che i leader dovrebbero riprendere lunedì in un nuovo vertice a Palazzo Chigi, per provare a sciogliere innanzitutto i nodi del Veneto (braccio di ferro tra FdI e Lega) e Campania (dove resiste il pressing di FI).    Sullo sfondo, c'è anche la questione della legge elettorale, con Meloni che lavora per convincere la Lega ad accettare una formula più proporzionale. Se FdI e Pd convergessero su questa soluzione, anche FI si potrebbe accodare. E ci sono nuove scintille fra Forza Italia e Lega sullo ius scholae, non accantonato da Antonio Tajani: "Il capitolo non è chiuso". Parole rivolte non a Pier Silvio Berlusconi ma ai leghisti, secondo Paolo Barelli. "Qualunque cosa che sia profondamente divisiva non va fatta. Però se dici che la mia proposta è una 'cavolata', allora tu Lega mi costringi a dirti: ignoranti, leggetela, perché dire che devi fare dieci anni di scuola dell'obbligo, studiando italiano, matematica, geografia e storia, è una robetta seria". Secca la risposta del partito di Salvini: "Semplicemente, riteniamo che la proposta sullo ius scholae non sia una priorità né per la Lega, né per il governo, né per gli italiani".
   

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