Mancini: "Inter più forte di tutti, ma non siamo in vetta per caso. Lautaro? Che duelli!"

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Il leader della difesa giallorossa parla della sfida con i nerazzurri ("Una partita che ci dirà se siamo davvero da Champions"), ma anche di Spalletti e Gattuso in Nazionale

A. D'Urso e A. Pugliese

17 ottobre 2025 (modifica alle 07:47) - MILANO

Carisma, personalità, carattere. E poi qualità, fame e ambizione. Gianluca Mancini è il giusto mix di tutto questo. Leader carismatico, uomo forte della Roma di Gasp e idolo del popolo giallorosso. La sua “sfida totale” è iniziata nel 2019 e ora entra nel vivo: Champions, Mondiale, magari la Roma a vita. E poi la sfida all’Inter di domani. Da capolista. 

Contro Israele ha segnato il suo primo gol con la Nazionale. Che emozione è stata? 

"Bella. Ogni volta che canto l’inno con i compagni ripenso alle estati al bar in cui lo cantavo abbracciato agli amici, vedendo la nazionale. Quando ho segnato ho ripensato a quando giocavo con loro o a casa, indossando la maglia azzurra. È il sogno di ogni bambino, anche se poi contava solo vincere". 

Da una prima volta ad un primo posto. È sorpreso di questo primato della Roma? 

"No. Le vittorie ce le siamo sudate, conquistate. E poi conosco il mister, le sue qualità e doti caratteriali. Rispetto all’Atalanta è cresciuto come esperienza internazionale, ma la passione è sempre altissima. In alcune gare forse abbiamo avuto un po’ di fortuna, ma non abbiamo rubato niente a nessuno. C’è sempre un motivo se le cose vanno bene o male". 

Gasperini, però, ha gettato acqua sul fuoco, dicendo che non siete ancora da Champions. 

"Penso lo abbia detto perché siamo una squadra nuova, che ha cambiato tanto, compreso un allenatore con metodologie diverse. Dobbiamo migliorare in molte cose, è un percorso il nostro. In due mesi non costruisci una grande squadra, non fai grandi campionati. Ma le sensazioni sono positive. Ci saranno momenti difficili, ma questo è un gruppo solido, unito, che saprà tenere duro". 

Le manca non aver giocato mai la Champions? "Arrivarci è il nostro obiettivo. Una società come la Roma, con questo tifo, deve fare la Champions. Negli ultimi due anni ci siamo andati vicini, in Europa League abbiamo fatto una finale e una semifinale, siamo navigati. Mi manca, ma la vivo in maniera tranquilla, concentrato sul presente". 

La Roma ha una difesa di ferro, la migliore d’Europa. Qual è il vero segreto? 

"È un lavoro che abbiamo iniziato con Ranieri e prosegue con Gasperini. I nostri difensori sono forti, anche giovani come Ghilardi e Ziolkowski. E poi dietro abbiamo una certezza assoluta come Svilar. Ma il discorso è più generale, tutta la squadra fa bene la fase difensiva: da Dovbyk, Ferguson, Soulé o Dybala. Così è difficile segnarci, siamo compatti". 

Anche lei è maturato tanto, non solo in campo ma anche negli atteggiamenti... 

"Prima pensavo a tante cose che mi toglievano energie. È stato fondamentale Ranieri che mi ha fatto riflettere, mi disse che da avversario mi odiava. Ma anche De Rossi mi aveva fatto capire che così perdevo lucidità. Loro mi hanno aiutato, io ci ho pensato su e mi è entrato in testa. Poi sono sempre rompiscatole, competitivo, ma ora gestisco meglio le cose che mi possono portar via energie". 

Roma-Inter domani sera che gara sarà? 

"Sfida tosta, anche se nel calcio di oggi non esistono più partite facili. L’Inter è la squadra più forte del campionato insieme al Napoli, anche se forse i nerazzurri sono leggermente superiori, anche per quello che hanno fatto in Europa negli ultimi anni. Ma ci faremo trovare pronti, è una partita che ci farà capire di che pasta siamo fatti". 

Come si ferma uno come Lautaro? 

"È un campione, uno dei migliori attaccanti del mondo. Sono anni che ci sfidiamo, è una bella battaglia, ma sempre con fair play, spesso ci siamo scambiati la maglia. Servirà un’attenzione massima, non bisogna calare mai di intensità mentale. Con lui basta un errore e perdi la partita". 

In Nazionale ha visto anche la crescita di Pio Esposito. Come vanno gestiti oggi i giovani? 

"All’estero i giovani hanno meno responsabilità a livello ambientale, mediatico. Bisogna dargli la possibilità di sbagliare, qui invece ti esaltano dopo un gol e ti ammazzano se sbagli. Un adulto capisce il gioco, un giovane può soffrirne. Pio è un ragazzo umile, un lavoratore. Sembra un giovane vecchio". 

Nella Roma c’è invece un altro giovane di valore come Pisilli, che però trova poco spazio... 

"Piso è forte: le sue partite le ha fatte, dando un contributo. Una volta l’ho visto giù e gli ho detto: 'Pensavi di non sbagliare più una partita o di non fare più un errore?'. È impossibile, nel calcio gli errori ci sono e bisogna imparare, facendone il meno possibile. Conta essere forti di testa, non perdere la bussola, senza farsi influenzare dalle chiacchiere". 

Un giovane emergente e un calciatore esperto che l’hanno sorpresa in questa Serie A? 

"Come giovane dico Leoni, anche se è andato via, ma fino a pochi mesi fa era qui. Un ragazzo forte, un difensore che ha qualità: gli mando un abbraccio. Modric invece sembra ancora un ventenne. Se alla sua età giochi ancora a questi livelli, vuol dire che stiamo parlando di un top top top...". 

Domani la mossa decisiva quale può essere? 

"Se la sapessi... L’Inter va affrontata a viso aperto, sapendo di avere una squadra forte davanti, ma senza essere timorosi. È una sfida da prendere di petto, senza timidezza. Si vince? Speriamo...". 

La partita la può risolvere Dovbyk? 

"Magari, ce lo auguriamo tutti. Di Artem si dice sia timido, ma non è così, l’abito non fa il monaco. È uno tosto, che dà sempre tutto, una risorsa. In generale se vedo un compagno triste o un po’ abbattuto cerco di caricarlo. Con lui è successo a Lecce, quando gli dissi: 'O prendi un giallo per una spallata o fai golì. E andò proprio così: gol decisivo, dopo aver spostato un armadio come Baschirotto". 

Lei è un idolo della gente. Le mette pressione? 

"No, mi dà una carica pazzesca. Il nostro pubblico è spettacolare, io giocherei sempre all’Olimpico. Ma so che se c’è qualcosa che non va devo prendermi le mie responsabilità, metterci la faccia. È una cosa positiva, giusta. Dietro di noi c’è una città che ci tiene tanto. E dobbiamo farlo anche noi". 

Tra le tanti voci resiste quella secondo la quale lei, Cristante e Pellegrini gestiate lo spogliatoio. 

"Non ho mai sentito nulla sui senatori del Milan, della Juve o dell’Inter... Questa cosa fa un po’ male, perché non è la verità. Lo spogliatoio lo gestisce il mister, il ds e il presidente, noi facciamo i calciatori. Al massimo quando arriva qualcuno nuovo possiamo fargli capire cosa è la Roma, dove è arrivato. Ma questo non vuol dire comandare uno spogliatoio". 

La gioia e il rammarico più grande? 

"Gioia sicuramente la vittoria della Conference: screditata da tutti, noi sappiamo quanto è stato difficile vincerla. Ripenso ai festeggiamenti, a tutta quella gente. Il dolore è invece Budapest, dove mi capitò di tutto: l’assist per il gol di Dybala, l’autogol che mi rotola sempre in testa e il rigore sbagliato, il primo calciato in vita mia. Spesso dopo mi svegliavo sognando di ribattere il rigore, quella finale resta una pugnalata". 

Con Spalletti cosa è successo? Dopo l’Europeo lei è rimasto a casa... 

"Niente, mai una discussione. Un giocatore può piacere ad un allenatore e meno ad un altro. Io quando vengo chiamato corro, se sto a casa faccio il tifo. Mi rodeva, non ero felice, ma ho sempre rispettato le decisioni. Il mister ha fatto altre scelte". 

Cosa è cambiato da lui a Gattuso? 

"Con Gattuso c’è stata subito la sensazione di non poter sbagliare nulla, ma anche grande voglia di stare insieme, con serenità. Spalletti, come ha detto pure lui, cercava di farci capire cosa voleva, con tanti concetti. Ma il gruppo è stato sempre sano". 

Il Mondiale non si può fallire... 

"Non voglio neanche pensare ad un esito diverso. Abbiamo tempo per capire cosa vuole il mister, ci dobbiamo arrivare consapevoli che è il terzo playoff che facciamo in otto anni. Basta chiacchiere, ora deve parlare il campo". 

Lei dice spesso che il calcio è pieno di squali... 

"È così. Devi essere sveglio e vispo, stare attento, c’è sempre qualcuno pronto a farti lo sgambetto o darti una mazzata sul collo. Ci sono mille insidie, chi ti fa i sorrisini e poi… Devi essere uno squalo anche te". 

È pronto invece a restare a Roma a vita? 

"Io qui sto bene, in città c’è un amore reciproco con i tifosi. Resterei molto volentieri, ma non voglio pormi ora il problema. Penso al presente, a migliorarmi. E a non smettere mai di imparare".

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