Longevità: le donne battono gli uomini. Colpa (anche) della poligamia

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Uno studio su oltre mille specie di mammiferi e uccelli svela perché maschi e femmine invecchiano in modo diverso

Eugenio Spagnuolo

15 ottobre - 18:15 - MILANO

Che le donne vivano più a lungo degli uomini è un dato che conosciamo bene. Ma non siamo i soli: anche tra babuini e gorilla, per dire, le femmine sopravvivono ai maschi. La domanda è perché accada e se questo vantaggio femminile sia una regola universale o piuttosto un'eccezione. 

A fare chiarezza ci ha provato un team internazionale guidato dall'Istituto Max Planck di antropologia evolutiva di Lipsia, analizzando i dati di oltre 1.176 specie di mammiferi e uccelli ospitati negli zoo di tutto il mondo. I risultati, pubblicati su Science Advances, dicono che nel 72 per cento dei mammiferi le femmine vivono più a lungo dei maschi, in media del 12 per cento. Negli uccelli, però, il copione si ribalta: nel 68 per cento delle specie sono i maschi a vivere di più, anche se il vantaggio è più contenuto, intorno al 5 per cento. Un'asimmetria che rimanda a uno dei più antichi enigmi della biologia: perché maschi e femmine invecchiano in modo diverso?

Il ruolo dei geni

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Una spiegazione genetica chiama in causa i cromosomi sessuali. Nei mammiferi, le femmine hanno due cromosomi X mentre i maschi ne hanno uno solo, abbinato a un cromosoma Y: questo li rende il sesso eterogametico. L'ipotesi è che avere due X protegga da mutazioni dannose, offrendo un margine di sicurezza che i maschi non possiedono. Negli uccelli il sistema funziona al contrario: qui sono le femmine a essere il sesso eterogametico, e infatti in molte specie i maschi vivono più a lungo. Ma non è sempre così. "Alcune specie mostrano il pattern opposto a quello che ci aspetteremmo", spiega Johanna Stärk, autrice principale dello studio. "Per esempio, in molti rapaci le femmine sono più grandi e più longeve dei maschi. Quindi i cromosomi sessuali possono essere solo una parte della storia". E infatti gli scienziati hanno trovato che, accanto alla genetica, pesano parecchio le strategie riproduttive.

longevità e poligamia

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 Nei mammiferi poligami, dove i maschi competono ferocemente per l'accesso alle femmine, sviluppano caratteristiche vistose che aumentano il successo riproduttivo ma accorciano la vita: un corpo più grande, armi naturali, una competizione continua che consuma risorse ed energie. Lo studio conferma che in queste specie i maschi muoiono prima. Molti uccelli, invece, sono monogami: la pressione competitiva si riduce e i maschi tendono a vivere più a lungo. In generale, le differenze di longevità sono più contenute nelle specie monogame, mentre poligamia e dimorfismo sessuale marcato (quando maschi e femmine hanno taglie molto diverse) si associano a un vantaggio più netto per le femmine. Conta anche la cura parentale: il sesso che investe di più nell'allevamento della prole, nei mammiferi di solito le femmine, tende a vivere più a lungo. Tra i primati, specie longeve, è probabile che questa sia una vera e propria pressione selettiva: le femmine sopravvivono finché i figli non diventano indipendenti o raggiungono la maturità sessuale.

il ruolo dell'evoluzione

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 I ricercatori hanno confrontato popolazioni che vivono in cattività con quelle in natura, per capire se le differenze di longevità dipendano da fattori ambientali come predatori, malattie o climi ostili. Negli zoo, dove questi pericoli sono azzerati, il divario tra maschi e femmine persiste, anche se in forma ridotta. Un po' come accade nella nostra specie: i progressi della medicina hanno accorciato il gap, ma non l'hanno cancellato. Le differenze sessuali nella longevità, concludono gli autori, sono radicate nei processi evolutivi, modellate dalla selezione sessuale e dall'investimento parentale, con un contributo dei cromosomi sessuali. I fattori ambientali possono ridurre il divario, ma non eliminarlo. Non sono solo questione di dove viviamo o di cosa ci succede: fanno parte della nostra storia evolutiva.

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