Ogni anno di vita guadagnato può generare benefici economici equivalenti al 4-5% del Pil
di Mario Sturion*
5 novembre 2025

In un'Europa che cerca nuovi motori di crescita, la salute è il più potente e al tempo stesso il più sottovalutato. Mentre i cittadini indicano la salute come priorità assoluta per il futuro, i governi continuano troppo spesso a considerarla un capitolo di spesa da contenere, anziché un investimento strategico per il benessere collettivo, la produttività e la competitività economica.
I dati parlano chiaro. L'ultimo Comparator Report on Cancer in Europe evidenzia un miglioramento dei tassi di sopravvivenza oncologica relativa a cinque anni in diversi Paesi europei e oggi quasi tre quarti dei pazienti oncologici riescono a restare attivi nel mondo del lavoro anche dopo la diagnosi. Questi dati sono sicuramente da considerarsi come risultati clinici, ma sono anche risultati economici, perché ogni anno di vita guadagnato, ogni persona che può continuare a contribuire alla società, rafforza il tessuto produttivo e sociale dell'Europa.
La sfida, tuttavia, è tutt'altro che superata; entro il 2050, i nuovi casi di cancro a livello globale potrebbero superare i 35 milioni, con un incremento del 77% rispetto al 2022. Di fronte a questi numeri, non investire in salute significherebbe accettare un costo importante in termini di vite, di crescita economia, di futuro. Investire in salute genera un ritorno misurabile, concreto, e duraturo. Si stima che il 73% dell'aumento dell'aspettativa di vita osservato nei Paesi ad alto reddito tra il 2006 e il 2016 sia dovuto a nuovi trattamenti farmaceutici. E ogni anno di vita guadagnato può generare benefici economici equivalenti al 4-5% del PIL. È un effetto moltiplicatore straordinario, che pochi altri settori possono vantare.
Parallelamente, non investire in salute può generare pesanti costi e avere impatti sia sull'economia, sia sulla società. Ad esempio, le malattie mentali comportano 12 miliardi di giornate lavorative perse ogni anno a livello globale. La sola depressione costa all'economia dell'UE oltre €92 miliardi l'anno in produttività persa (fonte: OMS / Centre for European Reform). In generale, la “cattiva salute” è costata all'Europa circa 2,7 trilioni di dollari ogni anno, pari al 15% del PIL annuo, in opportunità economiche mancate: circa 5.000 dollari per persona. È un costo invisibile ma reale, che nessuna politica di bilancio può ignorare. Eppure, la spesa sanitaria in Europa - in rapporto al PIL - è rimasta pressoché stabile negli ultimi decenni, mentre il fabbisogno cresce.
È tempo di cambiare prospettiva. Per ogni euro investito in salute, l'Europa può ottenere più del doppio in benefici economici, oltre ai miglioramenti diretti per i pazienti, – anche perché l'innovazione farmaceutica di oggi diventa il farmaco generico di domani, generando un ciclo virtuoso in cui i nuovi trattamenti portano benefici diretti e indiretti al SNN. Si tratta di un ritorno che nasce da popolazioni più sane, lavoratori più produttivi, minori costi sociali e maggiore crescita. Non dobbiamo scegliere tra salute ed economia: investire in salute significa investire nell'economia. È una scelta di competitività, di sostenibilità, di futuro. La salute è l'unico investimento che crea valore a tutti i livelli: individuale, sociale, economico. La salute non è una voce di spesa da tagliare, ma una leva di progresso da attivare.



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