La rivoluzione di San Siro: niente più criminali e zone franche, progetto pilota per l'Italia

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Inter e Milan, coordinati con la Procura, stanno escludendo i tifosi “segnalati”. Poi però servirà anche un cambiamento culturale

Arianna Ravelli

Giornalista

14 luglio - 07:56 - MILANO

C’è una piccola rivoluzione che in silenzio stanno portando avanti Inter e Milan, coordinati con la Procura di Milano, che non è stata ancora compresa forse nella sua portata. L’impegno è chiaro e ambizioso al tempo stesso: bonificare San Siro dai criminali, ripristinare la legalità di ogni settore dello stadio, Curve comprese, non consentire più che esistano zone franche, spazi extraterritoriali dove non entra lo Stato, ma neanche le famiglie o i tifosi normali che d’ora in poi, potranno riappropriarsene. Non solo: rendere questo, secondo anche le indicazioni della procura nazionale antimafia, un modello apripista, un progetto pilota per avere finalmente in tutta Italia stadi davvero sicuri. Per troppi anni non è stato così (e basta leggere le cronache per avere un riepilogo dei delitti attribuiti ai capi ultrà di Inter e Milan).

lamentele

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Con ordine. Negli ultimi giorni è successa una cosa in apparenza marginale: centinaia di abbonati di Inter e Milan non hanno avuto accesso alla prelazione (quel meccanismo che consente di rinnovare l’abbonamento prima che scatti la vendita libera). La decisione non è stata commentata ufficialmente dai due club, mentre si sono già scatenate le lamentele di alcuni tifosi che sarebbero rimasti esclusi e, anzi, qualcuno minaccia persino azioni legali nei confronti delle società (e qualcun altro addirittura pretenderebbe i danni reputazionali, anche se non è chiaro come si possa danneggiare la reputazione di persone di cui non sono state rese pubbliche le generalità). Per i club, che nei contratti degli abbonati (qualcuno li ha mai letti?) hanno inserito da sempre delle clausole di gradimento, la prelazione non è un diritto ma una facoltà discrezionale. Cose da avvocati.

presa di distanza

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Quello che conta è la linea di assoluto rigore assunta da Inter e Milan, coordinata in ogni passaggio con la Questura e la Procura della Repubblica, che, com’è noto, ha da molti mesi condotto l’inchiesta "Doppia curva" con oggetto le attività illecite degli ultrà (alcuni condannati in primo grado poche settimane fa a pene fino a dieci anni) e in alcuni casi anche i legami con la criminalità organizzata. I nomi individuati per essere esclusi da San Siro sono quindi in alcuni casi desumibili dagli atti dell’inchiesta Doppia Curva (alcuni sono stati segnalati anche da Beretta, ex capo ultrà Inter che collabora con la giustizia) o, in altri ancora, dalle relazioni della Digos. E i club hanno avuto accesso agli atti perché (altra cosa abbastanza rivoluzionaria) sono stati ammessi come parte civile e poi riconosciuti come parti lese per i comportamenti dei propri tifosi (tanto da aver ottenuto, assieme alla Lega Serie A, dei risarcimenti danni). Obiettivo chiaro: ribadire la presa di distanza da certi comportamenti.

cambiamento culturale

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Come si diceva, i protocolli sicurezza che stanno per essere introdotti a San Siro (esempio: il divieto di cessione degli abbonamenti ad altri tifosi, ma anche il riconoscimento facciale per entrare nello stadio), potranno diventare un punto di riferimento per il resto d’Italia: mai più zone franche. Bene, benissimo. A questo però va aggiunto ora un cambiamento culturale a cui tutti gli addetti ai lavori sono chiamati: i calciatori devono limitare certi contatti (e ribellarsi, per esempio, a quelle manifestazioni umilianti in cui vanno a chiedere scusa a capo chino sotto la Curva), chi commenta evitare di dare la colpa delle sconfitte all’assenza del tifo organizzato (è successo anche per la finale di Champions dell’Inter), perché, si è capito, in questi anni era organizzato per fare tutt’altro piuttosto che tifare e chi gestisce la sicurezza evitare ogni forma di concessione. È l’ora della fermezza perché l’obiettivo è più alto: ora o mai più.

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