Uno studio che ha osservato come il cervello "mappa" la posizione degli arti nello spazio potrebbe migliorare il trattamento del dolore da arto fantasma, proveniente da una parte del corpo che è stata amputata. La ricerca delle Università di Cambridge (Regno Unito) e Pittsburgh (Pennsylvania), pubblicata su Nature Neuroscience, è la prima ad aver seguito tre persone anche prima di un'amputazione programmata della mano, e non solo ad intervento avvenuto.
Una mappa del corpo nel cervello
Le diverse parti del corpo umano sono rappresentate nella corteccia somatosensoriale primaria, uno strato esterno e recente del cervello situato nel lobo parietale (sotto la parte superiore della testa) e incaricato della ricezione degli stimoli sensoriali. Questa rappresentazione, sproporzionata per alcune parti del corpo capaci di movimenti raffinati come mani, piedi e bocca, serve a mappare gli stimoli sensoriali come quelli relativi al tatto, alla temperatura, al dolore e alla posizione nello spazio.
Era ipotesi condivisa tra i neuroscienziati, che in seguito all'amputazione di un arto le regioni cerebrali vicine a quella corrispondente alla parte amputata, attraverso il fenomeno della neuroplasticità, si riorganizzassero per "riciclare" l'area corrispondente all'arto mancante e sovrascrivere la sua funzione: in sostanza, per reimpiegare i neuroni prima utilizzati per la percezione dell'arto e massimizzare così l'uso delle risorse rimaste.
Eppure era lì!
Tuttavia, il fatto che la maggior parte delle persone amputate riporti sensazioni di dolore o prurito nella sede dell'arto mancante (sindrome dell'arto fantasma) sembra indicare che il cervello conserva un ricordo spaziale di quella porzione di corpo mancante. Per dare ulteriore peso a questa seconda ipotesi, gli scienziati britannici e statunitensi hanno per la prima volta studiato le mappe sulla corteccia somatosensoriale primaria di mani e volto in tre persone che dovevano andare incontro a un'amputazione programmata di una mano per diverse ragioni mediche.
Come se nulla fosse
I ricercatori hanno chiesto ai partecipanti di muovere le singole dita della mano destinata all'intervento e di arricciare le labbra mentre osservavano il loro cervello con la risonanza magnetica funzionale (fMRI), che misura l'attività cerebrale monitorando i cambiamenti del flusso sanguigno. Hanno ricostruito la mappa di mani e labbra sulla corteccia e ripetuto l'operazione - chiedendo, stavolta, di immaginare di muovere le dita mancanti - dopo tre, sei, diciotto mesi e dopo cinque anni dall'amputazione.
Anche dopo l'intervento, nel cervello dei partecipanti si sono attivate le stesse identiche aree che controllavano un tempo gli arti mancanti, come se la corteccia non avesse registrato l'amputazione. Le regioni corrispondenti alle labbra, limitrofe nella corteccia a quelle delle dita, non si erano allargate o espanse su quelle vicine orfane dell'arto.
Ricadute terapeutiche
La scoperta potrebbe tornare utile nel trattamento del dolore dell'arto fantasma o migliorare le tecnologie di interfaccia cervello-computer: «Ora queste tecnologie possono operare partendo dal presupposto che la mappa corporea del cervello rimanga costante nel tempo» spiega Hunter Schone, tra gli autori dello studio. «Questo ci permette di avanzare verso la prossima frontiera: accedere a dettagli più fini della mappa della mano, come distinguere la punta del dito dalla base, e ripristinare i ricchi aspetti qualitativi della sensazione, come consistenza, forma e temperatura».