Sceneggiate, proteste, speculazioni tattiche, pause: il nostro campionato non allena al calcio che ormai si gioca nel mondo. E se il miglior dribblatore d'Italia è un terzino...
L’intensità è come lo scalogno che entra in tutte le ricette. Appena il calcio italiano inciampa, la parola “intensità” balza in cima ai trend topics. Colpa sua. Di tutto. Anche del cambiamento climatico. "Ci manca intensità". Ieri però l’osservatorio sul calcio del Cies ci ha fornito dati per parlarne in modo un po’ meno vago. Ha definito il concetto di sprint: una velocità di 25 km/h mantenuta per almeno 0,7 secondi.
graduatoria
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Poi ha stilato la graduatoria dei campionati europei in cui si percorrono più metri in sprint. Ecco cos’è l’intensità: continuità di corsa veloce. Al primo posto c’è la Premier League con 199,6 metri. Poi il campionato olandese (193,7 m) e quello svizzero (190 m). L’Italia? Fuori dalle prime 10, preceduta anche da Francia, Norvegia, Belgio, Svezia, Spagna, Germania e Turchia. La Serie A, ricca di sceneggiate, proteste, speculazioni tattiche e pause continue, non allena lo sprint prolungato. Così, se la Norvegia cambia passo, gli azzurri si ritrovano come gli avversari di Sinner, mostro d’intensità: presi a pallate, incapaci di reggere un ritmo alto. Succede anche ai nostri club in coppa. Se la Roma, che ha una rosa inferiore a molti, sta davanti, è perché Gasp ha già educato l’intensità dell’Atalanta, la squadra italiana più rivoluzionaria degli ultimi 10 anni. Mai visti rivoluzionari che camminano. Un avversario, o lo dribbli o lo superi in velocità. L’azzurrabile con più dribbling riusciti è un terzino (Palestra, 17), lontano da Yamal (33) e Mbappè (30). Non sappiamo sprintare né dribblare. I playoff non sono un insulto alla nostra storia, ma uno specchio fedele.









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