Dalla rivalità in pista alle amicizie maturate negli anni, il fuoriclasse texano, bandiera della Suzuki, ci ha detto la sua anche sulla MotoGP: "Bagnaia deve solo tornare a concentrarsi solo su ciò che vuole e su ciò di cui ha bisogno"
Lorenzo Baroni e Adriano Bestetti
2 dicembre - 11:53 - MILANO
Quello di Kevin Schwantz resta uno dei nomi più pesanti nella storia del motociclismo sportivo. Non tanto per le vittorie e per i titoli conquistati in pista, comunque importanti, quanto per il suo stile di guida istintivo, coraggioso e profondamente influente per intere generazioni di appassionati della velocità su due ruote. Specialmente per chi ha vissuto i tempi delle sue clamorose gesta. Il fuoriclasse texano, campione del mondo della Classe 500 nel 1993, infatti, è stato protagonista di alcune delle rivalità più iconiche della categoria e l'impronta indelebile da lui lasciata su questo sport ha trovato conferma anche al salone Eicma 2025. Ospite d'onore allo stand di Suzuki, marchio a cui è indissolubilmente legato, Schwantz è stato ripetutamente osannato del pubblico, concedendosi anche all'ovazione dell'arena esterna in cui si ha preso parte a un'esibizione di motocross. L'occasione per scambiare due chiacchiere con il leggendario numero 34, tra passato, presente e futuro, era ovviamente troppo ghiotta per farsela sfuggire.
Kevin, benvenuto a Milano e al salone Eicma. Quest'anno c'è qui una nuova Gsx-R, un modello che torna nella gamma Suzuki dopo quattro anni di assenza. Cosa ne pensi di questa nuova Superbike?
"Sai, la cosa bella della Gsx-R è che è stata assente solamente da questo mercato (si riferisce a quello europeo, ndr). Era presente in America, ha corso in America e ha gareggiato nell'Endurance in tutto il mondo. Sì, c’è la sfida della neutralità carbonica, ma la moto ha continuato a correre nella 8 ore di Suzuka e nel 2026 la vedremo gareggiare ancora di più. Non è che questa moto ha cessato di esistere, semplicemente non era presente in questo mercato. Nel frattempo sono state apportate delle modifiche aerodinamiche e la moto è ancora bellissima. È la solita Gsx-R, robusta e maneggevole".
Tu hai testato a fondo questa moto e conosci molto bene la famiglia di prodotti Gsx-R. Ricordo che hai provato con noi una Gsx-R 750 sulla pista Ryuyo (il circuito per i collaudi della casa nipponica), più di quindici anni fa. Poi ci siamo visti al Mugello, con una Gsx-R 1000, moto con cui oltre dieci anni fa avevi poi corso la 8 ore di Suzuka, finendo terzo... Fu incredibile! Quindi la tua storia e il tuo feeling con le Gsx-R vanno avanti da tanto tempo…
Come si vede qui (indica la livrea della Gsx-R 1000 su cui è seduto), è arrivata al 40° anniversario. Io ho iniziato a correre per Suzuki nel 1985, non ho potuto correre subito con lei perché in America è arrivata solo nel 1986. Ma è vero, sono stato con Suzuki tanto quanto lo è stata la Gsx-R e ho visto tutta la sua evoluzione, dalla 750 alla 1100, e poi la 1000, la 600 e di nuovo le 750. La linea Gsx-R è sempre composta da moto incredibilmente competitive e la nuova Gsx-R 1000 ha sicuramente nel motore un suo punto di forza".
Non solo Superbike, sappiamo che hai fatto anche una gara in auto in fuoristrada (la Lone Kid Pahrump 200) solo qualche settimana fa, commettendo qualche errore, ma anche che hai testato anche la Dr-Z4 da enduro…
"Sì, ho una Dr-Z4S a casa. Ci ho fatto un po' di fuori strada con pneumatici tassellati, anche con le mousse, e mi sono divertito molto nei dintorni della mia casa in Idaho. In pratica, è una versione aggiornata della Dr-Z 400 (enduro lanciata da Suzuki nei primi anni 2000): il motore è simile, solo che adesso ha l'iniezione e rispetta tutti gli standard sulle emissioni. E le sospensioni sono molto più moderne rispetto alla vecchia moto... mi piace molto questa nuova Dr-Z4".
Fai molti test per Suzuki in America, anche in offroad…
"Sì, è lì che ho guidato di più la Dr-Z4".
Guardando alle gare di oggi, in particolare all'ultimo incidente che ha coinvolto Marc Marquez. Cosa hai pensato di questo incidente e del suo nuovo infortunio? Tu hai avuto diversi incidenti e infortuni in carriera: pensi che un pilota come Marquez possa avere dei problemi per essere incappato, ancora una volta, in un simile problema?
"Sai, quando si tratta della parte superiore del corpo le cose si fanno difficili perché bisogna essere forti per governare a dovere quel genere di moto. Gli ci vorrà del tempo per rimettersi in forma, e poi gli servirà altro tempo per tornare in moto e ritrovare la velocità. Credo di aver letto da qualche parte che Gigi Dall'Igna (direttore generale di Ducati Corse) pensa che questo ritarderà il loro programma di test. E Bagnaia pare un po' incerto sulla direzione da intraprendere. Un infortunio del genere, per quanto semplice possa sembrare, può avere ripercussioni sul programma di sviluppo della moto".
Se guardi ai piloti del tuo tempo, ce n'è qualcuno che ti ha davvero impressionato? Tre piloti di cui ora diresti: "Sì, avevano uno stile differente ed erano molto veloci" o che comunque ti hanno colpito… che nomi diresti? Magari Lawson?
"Dei piloti contro cui ho corso, Wayne Rainey è stato il mio più grande rivale".
Sì, immaginavo avresti detto Rainey, ma c'è stato qualcun altro che magari sembrava buono all'inizio e poi ti ha sorpreso… magari Cadalora o Lawson…
"Hai menzionato Cadalora, quindi ti dirò qualcosa di lui. Luca, in certi giorni, era più veloce di chiunque altro. E noi non riuscivamo a capire come potesse andare così veloce".
Aveva uno stile molto pulito…
"È vero, ma per mia fortuna non era così tutti i fine settimana. E Lawson era un pilota davvero molto consistente. Gardner era veloce, molto veloce a volte, ma difettava in continuità, un po' come me. E Doohan, una volta che ha ritrovato la sua forma dopo gli infortuni, nel 1992, diventò quasi inarrestabile".
Allora era molto diverso da oggi, c'erano molti più piloti che potevano vincere...
"Credo che il pilota contasse molto di più sulle 500. Conosci le moto moderne, con tutta quella elettronica e le gomme con così tanta aderenza… La tua moto deve essere quasi la migliore, se non la migliore, perché al giorno d'oggi è difficile per un pilota compensare quelle differenze".
Non era facile, anche perché c'erano più incidenti e le moto non erano così facili da guidare.
"Sì. Oggi, fisicamente, le moto sono più grandi, più pesanti, frenano più forte e l'aderenza delle gomme è migliore. Dal punto di vista umano, lo sforzo fisico richiesto per domare queste moto è molto maggiore rispetto alle 500. Con le 500 però bisognava guidare molto più di fino, perché con loro era facile farsi cogliere di sorpresa e finire col farsi male".
Hai detto che Cadalora era molto pulito, come Lawson. E cosa ne pensi di Kocinski?
"Kocinski era matto! Totalmente matto, per fortuna, perché era molto veloce. In certi circuiti, in certi fine settimana, quando si metteva in testa che sarebbe stato il migliore... poteva anche riuscirci sul serio. Ma di nuovo, un po' come Cadalora, anche lui era piuttosto discontinuo".
Rainey diceva che Kocinski che era così pazzo che, se non fosse stato un pilota, nessuno gli avrebbe mai rivolto la parola …
"Esattamente! Comunque l'ho anche rivisto nell’ultimo paio di anni e devo dire che sembra molto più 'normale' adesso che non è più un pilota a tempo pieno".
Tornando alle gare di oggi, questo è un periodo piuttosto critico per Bagnaia. A volte vince, e poi ce lo si ritrova ultimo. È molto strano. È la moto oppure è anche la presenza di Marquez nel box, che lo infastidisce a livello mentale anche solo con la sua presenza?
"Penso che sia una combinazione di tutto. La competizione (in MotoGp) è così serrata che tra l'essere davanti e l'essere in fondo al gruppo, spesso, è solo questione di un secondo. Quindi non puoi permetterti di rimanere troppo indietro. Se lasci che queste cose ti diano alla testa, come ad esempio vedere il tuo compagno di squadra sempre in top 3 o in top 5, è facile distrarsi e non riuscire a concentrarsi su quello che ti serve e su quello che vuoi dalla moto. Sappiamo quanto Pecco può essere forte, l'abbiamo visto anche in Giappone: più veloce in qualifica, vincitore della gara Sprint e poi anche di quella lunga. Sappiamo che ha quel genere di qualità. Forse, in quella occasione, Marquez ha corso solamente per il campionato, forse non ha spinto al 100% per fare giusto i punti che gli servivano per vincere il titolo, ma Pecco deve solo tornare a concentrarsi solo su ciò che vuole e su ciò di cui ha bisogno. Sarà un duro lavoro: non potrà chiedere (al team) 'Cosa sta usando?' oppure 'Perché sta andando più veloce di me?', visto che quello che funziona per Marc non funziona necessariamente anche per lui. Quindi dovrà occuparsi di provare tutto da solo. Sembra un percorso lungo da compiere prima di giungere a dei risultati, ma penso che a quel livello sia l'unico modo per riuscirci".
Ci sono piloti che amavi quando aveva 15 anni, quando eri un ragazzo che seguiva il motociclismo?
"Non ho mai prestato molta attenzione alle corse quando ero un ragazzino. Ho iniziato a correre su strada a vent'anni. Incontrai subito Barry Sheene e lui fu davvero determinante nel farmi arrivare sulle 500 cc da Gran Premio. E poi il mio amico John Ulrich (giornalista ed ex-pilota), in America, che è colui che mi ha procurato l'opportunità di fare un test per Yoshimura (il team Suzuki per il campionato Ama superbike di allora) che ha aperto la strada al mio primo ingaggio con Suzuki. Barry era stato un pilota, e anche John ha corso per un po'. Loro due sono stati di gran lunga quelli che mi hanno aiutato più nella mia carriera, più di chiunque altro, oltre ovviamente ai miei genitori. Quindi sì, Barry era il mio eroe".
E un pilota che hai apprezzato arrivato dopo? Penso a Valentino Rossi, a Max Biaggi, o a qualcuno che hai amato arrivato negli ultimi 10 anni ...
"Insomma, chi non ama il 46? Sì, Valentino è un mio buon amico, a volte ceniamo quando vengo a Cattolica, a Rimini o comunque nei pressi di casa sua".
E anche lui ti adora...
"Sì, lui era un mio fan. E io sono ancora un suo fan".
Ricordo che una volta ti stava seguendo al Mugello, nel corso di un evento in pista: tu eri davanti, lui ti stava dietro e non voleva sorpassarti. Disse un qualcosa del tipo: "Non potrei mai superare Kevin".
"Sì (ride), era un evento organizzato da Dainese e finimmo per ritrovarci in pista insieme. Comunque anche Biaggi, Capirossi, o altri piloti italiani come Franco Uncini e Marco Lucchinelli… devo dire di aver riscoperto le carriere di questi piloti dopo aver smesso di correre, molto di più rispetto a quando correvo io stesso, quindi tanto di cappello a loro. E a chiunque abbia mai corso in pista con una moto da gran premio".
Non vai mai al Ranch di Valentino a Tavullia per la gara dei 100km dei Campioni?
"No, non per la gara. Ho guidato lì quando avevo 50 anni (ha festeggiato il suo 53esimo compleanno a casa del Dottore), quindi 10 anni fa. Ho avuto modo di provare la pista, sì, ma solo per divertimento".









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