Dazi Usa, Italia in bilico: a rischio le 2.500 imprese di componentistica auto

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Ormai è imminente la formalizzazione delle tariffe sulle vetture europee, ma il nostro Paese pagherà un prezzo doppio: abbiamo aziende che lavorano soprattutto per i costruttori tedeschi

Gianluigi Giannetti

12 luglio - 14:24 - MILANO

L’Italia dell’auto è in bilico da 90 giorni, quelli della “sospensione concessa” dal presidente Donald Trump al programma di dazi introdotti il 2 aprile, che comunque si sommano a quelli reciproci del 10% per tutte le merci e per tutti i Paesi. La scadenza utile è quella del 1° agosto, data entro la quale l’amministrazione di Washington ha previsto di sciogliere le riserve, al termine di un periodo di negoziati con l’Unione europea. Bruxelles, dal canto suo, il 9 aprile ha comunque risposto introducendo dazi del 10% e del 25% su una serie di prodotti statunitensi, sospendendone poi l’entrata in vigore. “Non siamo ingenui, sappiamo che il rapporto con gli Stati Uniti potrebbe non tornare a quello di una volta” ha ribadito la presidente della Commissione von der Leyen, senza però fornire indicazioni precise sullo stato di una trattativa che si presta allo scenario peggiore, cioè veder applicata una tariffa del 25% su ogni vettura prodotta in Europa e importata negli States. Nel 2024 l’Europa ha esportato negli States auto per un valore di 38,9 miliardi di euro. Il panorama, visto dall’Italia, diventa però ancora più complesso e preoccupante.

Colpo indiretto

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Secondo le cifre fornite da Anfia, che riunisce le imprese dell’intera filiera del settore automobilistico, l’Italia esporta direttamente verso gli Usa più di 4 miliardi di euro in vetture e componenti. Una bilancia commerciale in attivo per oltre 3 miliardi, anche grazie alla presenza di un costruttore nazionale che opera anche negli States. Il fatturato della componentistica diretta verso gli Stati Uniti ammonta a più di 1,2 miliardi, ed è già colpito da dazi all’importazione al 25%, anche se attenuati da un meccanismo di rimborsi che permette ai costruttori Usa di non essere danneggiati. Tutto questo rappresenta però solo l’aspetto formale della vicenda. Le aziende di componentistica italiane hanno infatti come riferimento sostanziale i costruttori tedeschi, prima destinazione per le forniture. L’export totale del settore vale 25 miliardi, ed è intuitivo valutare l’effetto complessivo dei dazi sulla vendita di vetture realizzate in Germania, di cui quindi esiste un contenuto e un fatturato Made in Italy.

Rischio trasloco

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Secondo un recente rapporto di Jato Dynamics, se nel 2024 negli Stati Uniti sono stati venduti 16,1 milioni di veicoli leggeri, circa 6,3 milioni sono stati importati da Paesi ora soggetti ai dazi. Esiste dunque un rischio evidente di spopolamento del mercato americano. Nell’incertezza sulla decisione finale del presidente Donald Trump circolano ipotesi molto accreditate che vedono come referente dell’amministrazione Usa non Bruxelles, ma bensì le case automobilistiche europee. La formula a loro offerta potrebbe essere quella di uno sconto tariffario che compenserebbe in tutto il dazio al 25%, ma a favore solo delle aziende che si impegnino a spostare la produzione di vetture sul territorio Usa, favorendo così fin da subito i gruppi tedeschi già presenti con le loro fabbriche. Dall’esenzione resterebbe però esclusa la fornitura di componentistica in arrivo dall’Europa, ancora sottoposta a dazio, in modo da stimolare il trasferimento anche di quel settore di produzione negli States. Opportunità quest’ultima che per l’industria italiana rappresenta l’ennesimo preoccupante orizzonte.

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