Trecentocinquanta squadre si sfideranno da stanotte fino alla March Madness. Tra gli azzurri tenete d'occhio soprattutto Sarr
Trecentocinquanta pretendenti, solo una taglierà l’ultima retina, quella che diventerà cimelio inestimabile nel campus, simbolo dei campioni collegiali statunitensi. Si parte dunque: nella notte italiana scatta il torneo Ncaa di basket che durante la March Madness diventerà follia collettiva in America col Torneo a 68 squadre e formato a eliminazione diretta – modello tennistico – e il prossimo 6 aprile assegnerà il titolo universitario a Indianapolis, culla della pallacanestro collegiale Usa. Ecco le coordinate con le quali orientarvi, le date da segnarsi come bussola, le favorite per le Final Four, i principali prospetti in competizione, quelli che saranno chiamati con le primissime chiamate al Draft Nba 206, e gli studenti-atleti italiani da seguire con particolare attenzione. Il torneo Ncaa in Italia sarà visibile su Dazn. Pronti? Via.
IL FORMAT
—
Le università di Division I sono suddivise in 31 Conference, chi le vince guadagna la qualificazione automatica per il Torneo, le altre 37 “elette” sono invece selezionate da un Comitato che valuta quanto dimostrato sul parquet sino a quel momento. Il calendario prevede partite non di Conference, tanti big match incrociati in sede neutrale, in Novembre e Dicembre, poi le sfide di Conference in gennaio e febbraio, quindi i Tornei di Conference, quelli che assegnano i posti per il Torneo Ncaa, tra fine febbraio e inizio marzo. Poi viene il bello: comincia il tutti contro tutti che ipnotizza l’America. Sino alle Final Four e al lunedì di aprile che tradizionalmente incorona la squadra campione.
LE FAVORITE
—
Proviamo a prevedere il futuro, le quattro protagoniste delle Final Four. Come le chiromanti con palla di cristallo in bella vista per strada nei punti strategici di tanti campus universitari. Partendo da un concetto: sono ragazzi dai 18 ai 21 anni, le variabili sono maggiori rispetto agli sport professionistici. Non sempre vince il più forte, entrano in scena anche i bisticci con la fidanzatina, le incertezze, l’inesperienza di adolescenti o poco più. E la formula “tutto in 40 minuti” aumenta le probabilità di sorprese, il bello della March Madness. Con questa premessa Purdue, Florida, St Johns e Uconn sono le favorite per l’appuntamento da doppia coppia nell’Indiana. I Boilemarkers hanno un senior trascinatore, la guardia Braden Smith, e giocherebbero in casa a Indy, hanno il campus a West Lafayette, dietro l’angolo. I Gators sono i campioni in carica, hanno nei lunghi Alex Condon e Thomas Haugh i punti di forza. Cercano il bis come ai tempi di Jo Noah, Al Horford e Corey Brewer quando in panchina sedeva Donovan, ora ai Chicago Bulls. I Johnnies confidano in Rick Pitino, santone più che coach: ha scollinato i 70 anni eppure ha rilanciato l’ateneo del Queens, il principale di basket a New York. Zuby Ejiofor, il centro, è l’ancora di squadra. Poi gli Huskies. Danny Hurley ha trionfato a Storrs nel 2023 e 2024, l’hanno cercato pure i Los Angeles Lakers. Occhio al freshman Braylon Mullins.
I PROSPETTI
—
Tre giocatori al primo anno, tanto per (non) cambiare. Proiettati tra le prime cinque chiamate del Draft Nba ‘26. Parliamo di Darryn Peterson, guardia di Kansas, AJ Dybantsa, ala di Brigham Young, e Cameron Boozer, lungo di Duke. Peterson è stato definito da Bill Self, coach dei Jayhawks, come “il miglior primo anno mai allenato”. Parole che pesano perché ha plasmato talenti come Joel Embiid e Andrew Wiggins. Il 18enne di Canton, sede della Hall of Fame di football, ha un fisico già pronto per i professionisti. Dybantsa, 18 anni, è stato il miglior giocatore del Mondiale Under 19 vinto da Team Usa: 14.3 punti e 4.3 rimbalzi per gara. La scelta dell’università dello Utah è sorprendente perché i Cougars non sono potenza universitaria, ma hanno saputo offrirgli la luna come diritti d’immagine. E l’esempio di Egor Demin, il russo che ha giocato a Provo la scorsa stagione e strappato poi la chiamata di Lotteria al Draft, ha fatto il resto. Nel passato remoto Brigham Young, college mormone, ha sfornato Danny Ainge, Shawn Bradley e il croato Kresimir Cosic, chissà che Dybantsa non dia una rinfrescata a quella collezione sì di pregio, ma d’antiquariato. Poi c’è Boozer Jr. Che ha scelto i Blue Devils come il gemello Cayden e come papà. Perché sì, sono i figli di Carlos Boozer, il centro ex Duke, poi All Star in Nba. Cam è il pargolo più promettente, ha entusiasmato nelle uscite prestagionali dell’ateneo dal sangue blu cestistico di Durham, North Carolina. Ha un repertorio moderno, sa far male giocando sotto canestro e da fuori: tecnica, non solo fisicità.
gli italiani
—
Il sistema NIL, i diritti d’immagine pagati una cascata di dollari che ha tolto il romanticismo e trasformato la costruzione della squadra nel mercato del pesce, a chi offre di più, così da far finire prima i ragazzini nelle mani di agenti e sponsor, ha avuto pure l’effetto collaterale, pianificato, di saccheggiare i settori giovanili del Vecchio Continente. La tentazione per tanti prospetti è passare all’incasso. La strada più comoda e breve rispetto allo sviluppo progressivo personale e cestistico. Inevitabile dunque che si siano moltiplicati anche dall’Italia gli studenti-atleti (teorici, ormai sono professionisti camuffati da un velo di ipocrisia) sbarcati negli Stati Uniti. Sono più di 20 i nostri ragazzi disseminati nei campus d’America. Tre da seguire con speciale attenzione. Anzitutto Dame Sarr, guardia-ala ex Barcellona di Duke che ha potenziale Nba e il palcoscenico per esibirlo. Poi Achille Lonati, guardia, uno dei talenti della Nazionale che ha vinto l’argento Under 17 al Mondiale e il bronzo Under 18 all’Europeo: giocherà per St Bonaventure, nello Stato di New York. Quindi Niccolò Moretti, il fratello di Davide, che s’è trasferito da Illinois e Florida Atlantic. Gli infortuni hanno rinviato il debutto di Gabriel Pozzato a Xavier e fatto saltare il primo anno di Maikcol Perez a Baylor. Serve pazienza, saranno famosi.









English (US) ·