La pausa di riflessione del suo allenatore ha fatto bene alla squadra azzurra. La Juve e la malattia cronica dei troppi pareggi: Spalletti ora deve cambiare ritmo
Un sabato di ripartenze e di ritorni, di entrate e uscite nell’affollato club della lotta scudetto: aspettando i verdetti della Roma a Cremona e del derby di Milano che potranno ricompattare il gruppo (in caso di frenata di giallorossi e Inter) o mandare l’indicazione di un minimo allungo. Ripartenze, si diceva. Per tutti, certo, dopo la sosta delle nazionali. Per il Napoli in particolare, che doveva non solo rimettersi in moto, ma anche riallacciare un filo dopo la clamorosa pausa di riflessione che si era preso Antonio Conte, particolarmente deluso dai suoi dopo la sconfitta patita a Bologna. Al di là delle scaramanzie, che faranno riconsiderare i benefici di prendersi qualche giorno di vacanza, è chiaro che raffreddare gli animi con una momentanea separazione ha fatto bene a tutti, tecnico e giocatori. Ma forse Conte potrà sostenere che, ad aver fatto bene, sia stata la sua sfuriata: fatto sta che il Napoli è ripartito a razzo, riuscendo a sfruttare (nella sua rosa ampia, nonostante le lamentele dell’allenatore) uomini fin qui rimasti in ombra come Neres e Lang, ai loro primi gol in questa stagione.
il napoli torna protagonista
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Contro una squadra alla disperata ricerca di una svolta, come l’Atalanta affidata a Palladino, è bastato un primo tempo quasi perfetto, aggressivo e convinto, per scacciare i pensieri, garantirsi una ripresa di sostanziale gestione con una dose di sofferenza q.b. (quanto basta, come il sale nelle ricette di cucina) subentrata sul 3-1 di Scamacca e rimettersi in testa alla classifica per una notte: il Napoli non è solo dentro alla lotta scudetto, continua a esserne protagonista. Scontato? Con questo equilibrio in vetta nulla lo è: la partita, date le premesse, poteva essere a forte rischio, averlo disinnescato subito è un grande merito della banda Conte. Addio crisetta, il Napoli è vivo e lotta assieme al suo allenatore. Unico neo, l’ennesimo infortunio muscolare, questa volta capitato a Hojlund. La ripartenza a Bergamo, invece, va ancora rimandata: Palladino, al debutto in uno stadio che sta a 15 chilometri da dove è nato, avrà modo di prendere le misure: gravi le disattenzioni difensive nel primo tempo, nella ripresa però può cogliere dei messaggi rassicuranti, Scamacca su tutti. Gli attaccanti azzurri funzionano (Kean a Firenze è stato l’unica luce).
c'è anche il bologna
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Nella lotta scudetto, dopo 12 giornate, quindi un pezzo di campionato che, come dice Gasperini, non lascia più spazio al caso, bisogna inserire anche il Bologna. Non sarà la favorita, ma la squadra di Italiano, al momento seconda in classifica con gli stessi punti di Inter e Roma, all’undicesimo risultato utile di fila (Europa compresa), terza vittoria consecutiva in campionato, è una realtà che non si può ignorare. Per il Bologna è come se non ci si fosse mai fermati, visto che la squadra non intacca il suo rendimento superando cessioni, infortuni in serie, rigori sbagliati (ieri Orsolini contro l’Udinese), e dopo aver gestito nelle scorse settimane anche un’assenza per malattia dell’allenatore.
e la juve di spalletti?
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Dalla lotta scudetto, invece, se continua con questo andamento lento, rischia di uscire la Juventus, e anche la zona Champions è tutta da conquistare, al momento dista quattro punti. Ripartenza, si diceva. Valeva in particolare per gli allenatori da poco, o da pochissimo, subentrati sulle panchine più calde della Serie A, che hanno potuto sfruttare la pausa per calarsi meglio nelle nuove realtà: due di loro si sfidavano a Firenze, Luciano Spalletti e Paolo Vanoli. Per loro, al momento di riaccendere il motore, le ruote sono slittate impantanate nel fango. La Juventus resta nella palude della pareggite (è il terzo di fila), malattia comune ai due precedenti allenatori, Thiago Motta e Tudor, cosa che comincia a far sospettare non sia solo colpa di chi è seduto in panchina. C’è un fardello che impedisce ai giocatori bianconeri di "alzare il livello", come invoca Spalletti: non basta un volenteroso Vlahovic (che ha subito vergognosi insulti razzisti: l’interruzione del gioco non serve a niente, perché nessuno la considera una minaccia di vero stop) dentro una squadra che è composta da monadi, tante individualità che poco si parlano e meno si trovano e che sembra anche in difetto di personalità. Però Spalletti è lì apposta per dimostrare che è più bravo degli altri. Lo stesso pareggio per la Fiorentina significa più “vediamo” che non “ce l’abbiamo fatta”: l’ultimo posto in classifica resta sempre lì a mettere paura. Ripartire va bene, ma qui bisogna cambiare ritmo.










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