'Vita da Carlo stagione finale',
questo il titolo - senza possibilità di sequel - della serie
firmata da Carlo Verdone e Valerio Vestoso, dal 28 novembre in
esclusiva su Paramount+.
Tutto parte dalla gaffe, poco politicamente corretta, fatta
da Carlo durante il Festival di Sanremo che lo ha lasciato alla
gogna mediatica della cultura woke. Da qui il suo buon retiro a
Nizza con nessuna intenzione di tornare a Roma. Ma quando il
direttore generale del Centro Sperimentale di Cinematografia lo
contatta per offrirgli la cattedra di regia, alla fine Verdone
cede. Sarà per lui un'impresa tutt'altro che semplice. Intanto
c'è il gap generazionale con gli allievi ventenni, cresciuti in
una società impregnata dal politicamente corretto e poi avrà un
problema non da poco con un suo collega insegnante (Sergio
Rubini) che lo odia in segreto.
"In realtà girare al Centro sperimentale è stato un omaggio a
mio padre, dirigente lì tanti anni, e ai giovani a cui dedico
questa ultima serie. C'è una generazione di attori ventenni che
sono veramente in gamba e meriterebbero considerazione. Questo
momento molto difficile è invece creato dai vecchi, sono loro a
creare problemi". E il politicamente corretto che è un po' il
tema di questa edizione? "Ci sono delle cose ridicole - dice
Verdone all'ANSA - come 'genitore uno' e 'genitore due'. Ma per
favore, stiamo solo creando una grande confusione da cui non
usciremo. Non si possono cancellare personaggi storici
importanti come Shakespeare perché è troppo patriarcale ed è
contro le donne. Stiamo parlando del più grande scrittore del
mondo. Bisogna contestualizzare il periodo. La commedia
all'italiana si fonda sulla scorrettezza, con questo principio
sarebbe da buttare all'80%. Bisogna avere buonsenso. Questa
sembra una dittatura di un'intelligenza da salotto".
Come vede il futuro? "Non riesco ad essere ottimista, perché
non so bene cosa frulla nella testa di quei quattro o cinque che
sono al comando nel mondo".
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3 ore fa
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