Nomadi digitali, tanta libertà ma il lato nascosto è la solutudine

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 Il nomadismo digitale è un fenomeno che continua a crescere. Nell’immaginario collettivo rappresenta il sogno “easy rider”: una vita in libertà, lavoro senza orari fissi, né capi o colleghi poco piacevoli. Un impiego che si può svolgere da qualsiasi luogo, che sia una spiaggia di surfisti o il rooftop di un coworking in una vivace capitale europea. Infatti, il 35% dei nomadi digitali sceglie questo stile di vita proprio per la possibilità di viaggiare e scoprire il mondo. Tuttavia, le persone sentono il bisogno di relazioni autentiche che non siano perennemente filtrate dallo schermo.
Lo conferma la ricerca condotta da The Social Hub — gruppo alberghiero che conta 21 strutture ricettive con spazi di coworking in Europa — in collaborazione con l’istituto di ricerca Opinion Matters. Lo studio analizza motivazioni, abitudini e aspetti emotivi di oltre 2mila nomadi digitali europei.
Il punto di partenza è spesso il visto. Quasi 8 nomadi digitali su 10 (78% degli intervistati) considerano la disponibilità di un visto dedicato a questa “nicchia” di lavoratori giramondo, come un chiaro segnale di accoglienza da parte di un Paese. Tra gli italiani, il 73% dichiara di aver lasciato l’ufficio e di essersi trasferito all’estero proprio grazie a visti che agevolano questa formula di lavoro.
Le principali motivazioni alla base di questa scelta riguardano la ricerca di un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata (36%), la flessibilità nella gestione del proprio tempo (33%) e ragioni economiche (32%). Tuttavia, i nomadi digitali italiani risultano essere tra i meno retribuiti: solo il 10% guadagna annualmente oltre i 100mila € contro il 27% degli olandesi. La leva economica più comune, però, non è quanto si guadagna ma come si spende: molti scelgono di lavorare da remoto in posti dove il costo della vita è inferiore rispetto a quello di origine. I nomadi digitali italiani sono per il 70% uomini e il restante 30% donne e tra le categorie lavorative vince il manifatturiero (17%), seguito da retail/catering/leisure (15%), mentre chi lavora nell’IT e nelle telecomunicazioni è il 12%. La fascia demografica più incline a questo stile di vita resta quella dei Millennial (29-44enni), seguita da Generazione X (45-60enni) e GenZ (18-28enni). Il prezzo della libertà però è alto. Il nomade digitale deve sapersi adattare, organizzarsi bene logisticamente, essere pronto a ricominciare tutto da capo ogni volta che cambia Paese. Uno stile di vita che tiene allenata la mente e il corpo ma che spesso ha degli effetti collaterali: uno fra tutti la solitudine. Sebbene i nomadi digitali italiani siano quelli che la soffrono di meno (32%), rispetto a quelli provenienti da Regno Unito, Olanda e Spagna, non avere relazioni dirette con persone care è un limite che in molti casi porta a riconsiderare il proprio stile di vita (27%). Il 31% ha addirittura mentito ad amici e familiari sul fatto di apprezzare lo stile di vita che ha scelto, mentre ammette di sentirsi solo. Tra i nomadi digitali europei, gli italiani si distinguono per la loro propensione a mantenere vivi i rapporti interpersonali: il 40% partecipa a eventi dedicati a creare connessioni, il 37% utilizza app di incontri non per cercare l’amore, ma nuove amicizie, mentre il 36% frequenta spazi di co-working.
Tasha Young, Chief Membership Officer, The Social Hub commenta come i risultati di questo sondaggio confermano ciò che The Social Hub ha potuto osservare nei propri Hub: “L'opportunità di viaggiare, lavorare in ambienti nuovi e portare avanti la propria carriera rende la vita da nomade digitale davvero stimolante. Chi vive questo stile di vita desidera ardentemente connessioni, comunità e un luogo in cui sentirsi a casa, anche quando è in viaggio. Alcuni paesi e comunità hanno accolto i nomadi digitali in modo più aperto rispetto ad altri, ma la consapevolezza che queste esigenze sono fondamentali per molte persone ha plasmato il nostro approccio sin dall'inizio com hotel inclusivi e accoglienti dove persone di ogni provenienza possono entrare in contatto, sia a livello personale che professionale, in ambienti progettati per la convivenza, il coworking e la cocreazione".
Young ha aggiunto: “L'Europa è una regione unica in cui la libertà di movimento offre numerose opportunità ai lavoratori. È incoraggiante vedere che all'interno dell'UE i paesi stanno introducendo visti per nomadi digitali e iniziative simili per facilitare la vita e il lavoro transfrontaliero delle persone, e i lavoratori lo riconoscono come un segno di benvenuto e rispondono con entusiasmo”.

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