Venezia 82, Valeria Bruni Tedeschi interpreta Duse: "Oggi sarebbe un'anti-icona"

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Il regista Pietro Marcello: "Un privilegio girare a Venezia, era il mio sogno. E ora riconsegniamo il film alla laguna"

Valeria Bruni Tedeschi e Pietro Marcello - (Claudio Iannone) Valeria Bruni Tedeschi e Pietro Marcello - (Claudio Iannone)

03 settembre 2025 | 18.33

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"Se Eleonora Duse fosse ancora viva, penso che sarebbe un'anti-icona. Lei è un essere umano, ed è questa la sua forza perché la gente sente che lei è una persona con le sue fragilità, difetti, lacrime, sogni e solitudine". Così all'Adnkronos l'attrice Valeria Bruni Tedeschi all'82esima Mostra del Cinema di Venezia per presentare in concorso 'Duse' di Pietro Marcello. Il regista porta al Lido gli ultimi anni di vita della leggendaria attrice di teatro Eleonora Duse: "Non è un biopic, noi abbiamo cercato lo spirito della Duse e questo è stato possibile solo grazie a Valeria", precisa Marcello, che da ragazzo viveva a Venezia: "Abbiamo avuto il privilegio di realizzare questo film in questa città, che era il mio sogno da tanti anni. Ora riconsegniamo il film alla laguna".

Eleonora Duse ha una leggendaria carriera alle spalle che sembra ormai conclusa, ma, nei tempi feroci tra la Grande Guerra e l’ascesa del fascismo, la Divina sente un richiamo più forte di ogni rassegnazione e torna lì dove la sua vita è iniziata: sul palcoscenico. Non è solo il desiderio di recitare a muoverla, ma un’urgenza profonda: la necessità di riaffermare sé stessa in un mondo che cambia inesorabilmente e che minaccia di toglierle tutto, persino l’indipendenza che ha conquistato con il lavoro di tutta una vita. Inaspettati rovesci finanziari la mettono di fronte a una scelta e così, ancora una volta, Eleonora sceglie il teatro come unico spazio di verità e di resistenza. Con la sua arte come unica arma, sfida il tempo e il disincanto, trasformando ogni parola e ogni gesto in un atto rivoluzionario. Ma il prezzo della bellezza contro la brutalità del potere e della Storia è alto: gli affetti sembrano dissolversi e la sua salute si aggrava. Eppure, Eleonora affronta l’ultimo viaggio dimostrando che si può rinunciare alla vita stessa, ma mai alla propria natura.

L'attrice racconta di "non essere diventata Eleonora Duse. Penso di aver fatto umilmente il mio lavoro come sempre cercando di essere nello stesso tempo me stessa e di scivolare un po' verso il personaggio", spiega l'attrice, che in questo film ha avuto "l'impressione di stringere un'amicizia con Eleonora Duse, come quando si incontra qualcuno su un treno e inizia una conversazione" e "durante il viaggio ci si conosce e alla fine ci si scambia il numero di telefono. Ecco, adesso io penso di avere il numero di telefono di Duse e possiamo continuare a parlarci, o almeno lo spero". Bruni Tedeschi svela di sentirsi molto vicina alla grande attrice: "In tante cose, anche nei piccoli dettagli. Mi rivedo nella sua solitudine, nel suo bisogno di recitare - che per lei è ossigeno - ma anche nel suo bisogno di libertà e di piangere".

Questo film - dal 18 settembre nelle sale con PiperFilm - riflette anche del ruolo dell'artista di fronte a tragedie come la guerra. "L'arte è stata sempre la cura dell'anima e l'evoluzione dell'uomo. Oggi - spiega il regista - è il tempo dell'ignavia, e in un certo senso c'è un legame anche con il periodo storico che raccontiamo del film: la dissoluzione di un mondo e l'inizio di una nuova epoca. E noi siamo parte della storia. L'artista, prima di essere artista, è un uomo e siamo tutti parte della storia, dai più piccoli ai più grandi. Dobbiamo attraversare la storia e questo lo possiamo fare solamente attraverso la disobbedienza civile".

Per Valeria Bruni Tedeschi "l'arte è una grande arma di pace perché parla degli esseri umani, ci fa vedere chi siamo e ci mette in empatia con il prossimo. Ci fa capire che per voler la pace, per voler la fine delle guerre, dobbiamo anche finire la guerra tra di noi, nelle nostre famiglie". Ma l'arte non dà lezioni: "Ci mostra tutto questo come se fosse uno specchio" e "vederci specchiati con le nostre fragilità, secondo me, porta alla pace", conclude.

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