"Non potremo dire che non sapevamo"

05 settembre 2025 | 17.12
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"Quella che si consuma a Gaza è una carestia creata dall'uomo. Una fame decisa da Netanyahu e dalla sua coalizione, attuata meticolosamente dall'esercito israeliano. È un genocidio trasmesso in diretta". La regista iraniana Sepideh Farsi non è arrivata alla Mostra del Cinema di Venezia per presentare un film, ma per lanciare "un grido". Un grido che viene "da Gaza, attraversa il Mediterraneo e ci colpisce dritti nel cuore, mentre facciamo finta di non vedere".
La regista iraniana, voce libera e scomoda del cinema contemporaneo, in veste di presidente onoraria del Premio 'Bookciak, Azione!', diretto da Gabriella Gallozzi, è intervenuta a un incontro alle Giornate degli Autori al Lido con Giorgio Gosetti e Maria Bonsanti, dove il suo discorso pubblico è stato "un atto politico e umano" sulla tragedia collettiva di Gaza. "Un genocidio" che, secondo Farsi, "si è trasformato in spettacolo. Bambini che muoiono di fame, mentre noi continuiamo a mangiare davanti allo schermo. L’abitudine all’orrore è diventata la nuova norma del mondo occidentale".
"Il nuovo ordine mondiale vuole abituarci a vedere morire i bambini, mentre mangiamo. È così che si garantisce la nostra obbedienza. Ci vogliono spettatori passivi, paralizzati dal troppo dolore - ha detto Sepideh Farsi I nostri governanti cercano di normalizzare il massacro dei palestinesi. Lo coprono solo in parte. Così nessuno potrà dire 'non sapevo'. E così diventiamo complici". Una denuncia che è arrivata fino alla frase più brutale, che suona come una condanna definitiva: "Siamo arrivati al punto culminante dell’ignominia. Alla negazione del valore assoluto della nostra umanità".
Nel passaggio più potente del suo intervento, la regista iraniana si è affidata al linguaggio binario per denunciare l’abisso che ci separa da chi muore di niente: "Non ci si può nutrire di niente. È semplice: c’è o non c’è. Uno o zero. E a Gaza, da mesi, c’è solo lo zero". Le immagini, i numeri, le notizie da Gaza, invece di smuoverci, "ci anestetizzano". Sono un "contagio inverso" che uccide la coscienza. E il punto di non ritorno, avverte Farsi, è già stato superato.
Infine, la domanda che nessuno vorrebbe sentire, ma che resta, inchiodata nelle orecchie di chi ha ascoltato: "Che cosa risponderemo ai bambini palestinesi, e ai nostri figli, quando ci chiederanno: perché non avete fermato il massacro degli innocenti? Quale sarà allora il valore assoluto della nostra umanità?" In un festival dove la politica spesso si nasconde dietro le metafore del cinema, Sepideh Farsi ha riportato la parola al suo significato più vero: "denunciare, resistere, ricordare. Con coraggio. Con dolore. Senza cercare scuse".
Con "Put Your Soul on your Hand and Walk", il nuovo documentario di Sepideh Farsi presentato all'ultimo Festival di Cannes, racconta la vicenda di Fatem Hassouna, fotoreporter palestinese di 24 anni, uccisa lo scorso 15 aprile a Gaza da un bombardamento israeliano insieme a sette membri della sua famiglia. Il film "Put Your Soul on your Hand and Walk" sarà presto al cinema in Italia distribuito da Wanted Cinema.
(di Paolo Martini)
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