Nonostante difficoltà e avarie, Prysmian ha chiuso in 85 giorni, 20 ore e 32 minuti: "È una sifda con te stesso: ti fa scoprire una forza che non sapevi di avere"
Maurizio Bertera
4 febbraio - 17:58 - MILANO
Era andata meglio quattro anni fa, ma Giancarlo Pedote si deve comunque sentire orgoglioso per avere concluso in 22ª posizione il Vendée Globe, il giro del mondo in solitario non-stop. È l’unico italiano - per ora - ad averlo portato a termine due volte e già questo lo fa entrare nella nostra hall of fame oceanica. Poi, alla luce dei problemi tecnici sopportati lungo la navigazione, il 49enne fiorentino è comunque tornato a Les Sables d’Olonne. “Penso che sia questo a rendere prezioso un marinaio, più di un numero” ha spiegato ai giornalisti nella prima conferenza stampa dopo l’arrivo. Certo, il distacco dai migliori è stato enorme: Prysmian ha impiegato 85 giorni, 20 ore e 32 minuti quando alla barca del trionfatore Charles Dalin sono bastati 64 giorni, 19 ore e 22 minuti. Pedote, nella scorsa edizione, era giunto incredibilmente ottavo con un tempo di 80 giorni, 22 ore e 42 minuti a poco meno di 19 ore dal vincitore Yannick Bestaven. Ma quell’edizione fu unica nella storia della corsa, con i migliori otto racchiusi in sole 24 ore nelle ultime miglia. Questa è stata una tappa pirenaica del Tour.
"IO E LA MIA BARCA"
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Con una barca di vecchia generazione – costruita nel 2015 e alla terza presenza nel Vendèe Globe – il velista italiano poteva puntare a un posto nei primi 15. Di più sarebbe stato un mezzo miracolo. Eppure è partito molto bene, tanto che in due occasioni si è persino trovato in testa alla flotta davanti ai nuovi ‘mostri’ con i foil e budget stratosferici rispetto al suo. Fatale si è rivelato il rallentamento al largo delle Canarie, evitato dai migliori che hanno preso un vantaggio incolmabile nella discesa dell’Atlantico che – come prevedibile – è aumentato a dismisura tra l’Indiano e il Pacifico. Non bastasse, Prysmian ha accusato seri problemi al sistema di movimento dei timoni che hanno costretto Pedote ad abbandonare la modalità regata per dedicarsi alle riparazioni d’emergenza. E ai primi di gennaio si è pure ritrovato un’avaria al motore che su un IMOCA 60 è più importante delle vele perché fornisce l’energia necessaria a tutti i sistemi di bordo. Con tredici ore di lavoro durissimo, Giancarlo -facendosi anche male- ce l’ha fatta e ha raccontato la vicenda sul suo diario, con una considerazione lucida. “Questo è il regalo del Vendée Globe: ti spoglia di tutto, ti mette di fronte a te stesso, e ti fa scoprire una forza che non sapevi di avere. Io e la mia barca, insieme, arriveremo a casa”.
"UN TURBINE DI EMOZIONI"
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Una vera impresa arrivare, persino durante il rush finale quando era ancora in corsa per la 15ª posizione, ha dovuto gettare la spugna per non rischiare il ritiro. “Ogni volta che acceleravo, quando la barca raggiungeva i 30 nodi di velocità, saltava. E così a un certo punto mi sono detto che non serviva a niente, che se mi fossi arrabbiato alla fine sarebbe stato peggio - ha detto Pedote –. Se ho un rimpianto, è quello di non avere avuto il tempo di confrontarmi con altre barche più efficienti per vedere cosa poteva realmente fare Prysmian”. Dopo aver fatto sorridere i francesi con una considerazione tutta italiana (“Il Vendée Globe è un ristorante dove non sei tu a scegliere il menù: ti verranno serviti i piatti della casa, e tutto dipenderà dall'umore di Nettuno”), Pedote non ha escluso di ripresentarsi a Les Sables d’Olonne, fra quattro anni, magari con una barca competitiva. “Ma ho bisogno di tempo per capirlo: sono tornato da tre mesi in mare, non ho avuto cinque minuti con la mia famiglia, sarebbe irrispettoso rispondere oggi. Sono un marito, un padre, le mie decisioni non riguardano solo me, ho bisogno di sapere anche come le hanno vissute loro. Quindi, nella foga del momento, questa sarebbe inevitabilmente una risposta imprecisa. Poi il Vendèe Globe è un turbine di emozioni. Quello che ne rimarrà lo capirò a Natale”.