L'attacco dell'olandese della Ineos è vincente, alle sue spalle il danese e lo sloveno, che blinda definitivamente la maglia gialla
In cima a La Plagne, sotto le nuvole basse e la pioggia di questa stazione sciistica alpina, si vede l’Arco di Trionfo. Mancano 316 chilometri a Parigi e al circuito olimpico di Montmartre che animerà ancor più la giornata finale del 112° Tour de France. Tadej Pogacar si prepara per il quarto trionfo finale, dopo quelli del 2020, 2021 e 2024. A La Plagne, sulle Alpi, traguardo dell’ultima tappa di montagna a 2052 metri di quota, si impone ancora una volta l’olandese Thymen Arensman, già primo sui Pirenei a Superbagneres, con 2” su Jonas Vingegaard e sulla maglia gialla Tadej Pogacar: per la prima volta il danese ha messo la propria ruota davanti a quella dello sloveno e gli ha strappato 2” di abbuono. In classifica, Pogacar ha 4’24” su Vingegaard, 11’09” sul tedesco Lipowitz e 12’18” sullo scozzese Onley, quinto Gall a 17’12”. I giochi per la maglia gialla finale di Parigi sono fatti, perché sabato nella penultima tappa il Tour cambia canovaccio e non presenterà né una crono né un arrivo in salita. Del resto, il menu era già stato ricco in abbondanza in questa edizione: sarà una tappa mossa, ma non per ribaltare la classifica.
BRAVO ARENSMAN
—
Onore a Arensman, 25 anni, l’olandese del team Ineos al debutto al Tour, capace di trovare l’attimo giusto e il coraggio per scattare a 14 km dall’arrivo di La Plagne, subito dopo la prima accelerazione di Pogacar. Ma la tappa alpina di La Plagne lascia l’amaro in bocca, come era avvenuto sia sul Ventoux sia a Courchevel. Perché Pogacar voleva vincere in maglia gialla in una grande tappa di montagna, quel successo che in questa edizione del Tour gli mancava. Perché stavolta Vingegaard ha usato una strategia diversa, si è messo a ruota dello sloveno e l’ha lasciato tirare fino alla fine, come avvenuto sul Ventoux. Nessuno dei due voleva far vincere l’altro, e questo spiega il volto scuro di Pogacar. E che Tadej volesse vincere si era capito dal primo chilometro della tappa di La Plagne, accorciata da 130 a 93 km per un focolaio di epidemia bovina nella zona del Col des Saises. La sua Uae-Emirates non ha lasciato spazio a nessuno, tiene a 1’ anche l’attacco di Roglic , e poi Wellens e Narvaez affrontano di petto l’ascesa finale a La Plagne: 19,1 km al 7,2% e punte del 10% tra il 12° e il 13° chilometro per arrivare a 2052 metri di quota. La quinta volta di La Plagne al Tour: la salita alpina significa la vittoria di Fignon in maglia gialla nel 1984 davanti a Hinault, e poi nel 1987, e la progressione di Miguel Indurain nel 1995, il suo quinto e ultimo trionfo, quando staccò anche Pantani.
LA TAPPA
—
Arensman prova a sfruttare la rivalità e parte in contropiede, ha 15” su Pogacar e Vingegaard, che si mette a ruota dello sloveno e non gli dà mai un cambio. A 11 km, l’olandese ha 21”, a 10 km sono 28”, a 8 km sono 35”. Pogacar sempre in testa al gruppetto, con Vingegaard sempre impassibile alla sua ruota, come del resto Pogacar ha fatto con il danese sul Ventoux. Prova a vincere sfruttando il lavoro della maglia gialla. A 7 km ancora un’accelerazione, ai 5 km passano con 23” da Arensman. A 3 km sono 21”, quindi 130 metri di vantaggio per Arensman. A 2 km sono 17” per Pogacar, Vingegaard e Lipowitz, i primi tre della classifica. Ultimo chilometro: 20” per Arensman. A 800 metri sono 8”. Bastano per il secondo successo al Tour.
FORZA MILAN
—
Intanto si sta realizzando il sogno di Jonathan Milan di diventare il terzo italiano, dopo Franco Bitossi nel 1968 e Alessandro Petacchi 2010, a conquistare la maglia verde della classifica a punti. Oggi ha fatto il suo compito e al km 12 del nuovo tracciato della 19a tappa, a Villard sur Doron, si è imposto su Girmay nello sprint volante: altri 20 punti, e in classifica adesso Milan guida con 352 su Pogacar, 272. Il velocista friulano della Lidl-Trek, a 24 anni, deve solo arrivare sui Campi Elisi di Parigi per chiudere in modo trionfale il suo primo Tour de France, nel quale ha già vinto a Laval e Valence
PROGRAMMA
—
Sabato la tappa 20, Nantua-Pontarlier, km 184,2. Dislivello 2900 metri, per attaccanti, tre stelle. Il Tour cambia canovaccio e al penultimo giorno non presenta né una crono né un arrivo in salita. Del resto, il menu era già stato ricco in abbondanza in questa edizione. Sarà una tappa diversa, questa di Pontarlier, con traguardo in questa cittadina che resta famosa per l’episodio del 2001. Fuga di 14 corridori, il gruppo si disinteressa e al traguardo di Pontarlier vittoria dell’olandese Erik Dekker, l’australiano Stuart O’Grady prende la maglia gialla e il gruppo arriva con un ritardo di 35 minuti, dopo otto ore in bicicletta. Percorso accidentato con quattro Gpm, ma senza troppe difficoltà: ideale per una fuga. Domenica poi l’ultima tappa, la 21a, Mantes la Ville-Parigi Campi Elisi, km 132,3. Dislivello 1100 metri, per attaccanti/velocisti, due stelle. Dopo l’intermezzo di Nizza nel 2024, per la concomitanza con le Olimpiadi a Parigi, il Tour ritrova la sua casa per un doppio compleanno speciale: il 50° arrivo sui Campi Elisi e i 50 anni dal trionfo di Bernard Thevenet, ora nello staff del Tour, che detronizzò Merckx e gli impedì di conquistare il sesto trionfo. Ma questa tappa finale ha ereditato dalla prova olimpica in linea di Parigi lo spettacolare circuito di Montmartre (1,1 km al 6%), dove si assieparono centinaia di migliaia di persone e diventò lo scenario della vittoria di Remco Evenepoel sotto la Torre Eiffel. L’anello che sale verso Montmartre si affronterà dopo il quarto passaggio del circuito dei Campi Elisi (6,8 km a giro): misura 16 km e ci saranno tre Gpm di quarta categoria in vetta: da qui mancheranno 6 km all’ultimo traguardo del Tour. Non è detto che i velocisti riescano a far loro questa tappa: di sicuro, Milan si dovrà superare per sprintare sul vialone più iconico del ciclismo mondiale.