Il serbo quest'anno viaggia a 29.5 punti, 12.9 rimbalzi e 10.3 assist di media, dimostrando una supremazia con pochi eguali nella storia
Gianmarco Calvaresi
6 febbraio - 08:23 - MILANO
Isiah Thomas. Steve Nash. Tim Duncan. Dwyane Wade. Anthony Davis. Paul George. Damian Lillard. Alcuni di questi nomi presenziano già nella Hall of Fame della Nba, altri ne entreranno a far parte tra qualche anno. E nonostante tra loro ci siano differenze di epoca, di ruolo e di stile di gioco, c’è un dato particolare che al momento li accomuna: ognuno di loro ha realizzato, nella propria carriera, meno triple doppie di quanto Nikola Jokic ne abbia collezionate nel solo mese di gennaio. Otto, in quattordici partite giocate. E se la statistica, pur impressionante, lascia un po’ il tempo che trova, a causa dell’evoluzione del gioco e del confronto tra giocatori diversi in epoche diverse, lo spettacolo che il serbo sta mettendo in scena quest’anno posiziona la sua stagione tra le migliori mai disputate a livello individuale. Perché sì, ci sono le statistiche fuori scala e le triple doppie, ma anche i no look nei ribaltamenti di lato, i passaggi a tutto campo e i canestri impossibili, il tutto condito da un’efficienza e un controllo totale sul gioco che pochi altri, nella storia, hanno dimostrato di possedere. A testimoniare la grandezza di un giocatore unico nel suo genere, che continua ad aggiornare – a modo suo – il libro dei record.
Un gennaio da fantascienza
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Partiamo dalle cifre. Il 4 febbraio 2025 Jokic è stato eletto giocatore del mese della Western Conference. Un riconoscimento che il serbo ha ottenuto per l’ottava volta nella sua carriera: nessuno come lui, nella storia dei Nuggets. E il premio arriva al termine di un mese, quello di gennaio, in cui il Joker ha guidato i suoi al quarto posto della Western Conference, e lo ha fatto con delle prestazioni per cui l’aggettivo incredibile risulta quasi riduttivo. Come detto, nelle quattordici partite disputate, il serbo ne ha concluse otto in tripla doppia, tenendo in media 27 punti, 12.8 rimbalzi e 11.4 assist. Il tutto giocando 34.8 minuti a partita. Numeri quasi insensati, se si considera che in tre di queste partite Jokic non è sceso in campo nel quarto periodo. Tra il 17 e il 21 gennaio, infatti, i Nuggets hanno affrontato e battuto Miami, Orlando e Philadelphia: in questi tre match, Jokic ha raggiunto la tripla doppia in circa mezz’ora di gioco, riposandosi nel finale mentre i compagni gestivano il risultato. Nel primo match del mese, quello contro gli Hawks, è andato a un solo assist dalla tripla doppia nel primo tempo. Per finire, contro Sacramento ha centrato la quarta tripla doppia consecutiva. 35 punti, 22 rimbalzi e 17 assist: uno score che nessuno aveva mai realizzato, con la ciliegina del canestro dalla sua area sulla sirena del terzo quarto. Lanciando il pallone con la stessa tranquillità con cui uno studente appallottola un foglio di carta e cerca di fare canestro nel cestino al cambio dell’ora. Per poi commentare nel postpartita: “I knew it was going in.” Semplice, no?
Una stagione storica
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Ridurre Jokic a delle fredde analisi numeriche non si avvicina minimamente a descriverne l’impatto sul campo, ma avendo superato la prima metà di stagione è opportuno iniziare a considerare che il suo rendimento potrebbe valergli un posto speciale nei record della lega. Dopo 44 partite giocate, infatti, il serbo viaggia a 29.5 punti, 12.9 rimbalzi e 10.3 assist. Tripla doppia di media. E a chiudere una stagione in questo modo, nella storia dell’Nba, ci sono riusciti soltanto i due giocatori che lo precedono nella classifica all time di questa statistica, ovvero Oscar Robertson (nella stagione 1961/62) e il suo compagno di squadra Russell Westbrook, autore di questa impresa in ben quattro annate diverse (2017, 2018, 2019 e 2021). Ma il dato che forse impressiona più di tutti è quello che descrive la sua efficienza sul campo. Jokic è al momento il terzo miglior realizzatore della lega, pur essendo il decimo per numero di conclusioni tentate a partita: 19.6, convertite con il 57% dal campo e un incredibile 46% da 3. Per mettere tutto insieme, sta tenendo medie simili alla miglior stagione di Shaquille O’Neal per punti e rimbalzi, a quella di Steve Nash per assist, a quella di Steph Curry per percentuale da tre punti. Soltanto Shai Gilgeous-Alexander, che guarda l’Ovest dall’alto verso il basso, può rappresentare l’ostacolo che lo separa dal quarto Mvp della sua carriera.
Vincent Vega
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A novembre, dopo appena dieci partite, una statistica incredibile testimoniava come Denver avesse il miglior offensive rating della storia dell’Nba con Jokic in campo (127.9), e il peggiore (88.29) nei minuti in cui il serbo riposava in panchina. Dove possono arrivare, dunque, i suoi Nuggets? Non sarà facile replicare l’incredibile run che li ha portati al titolo nel 2023, visto il netto miglioramento della concorrenza in entrambe le Conference, ma con un Jokic così nessun traguardo può sembrare impossibile. Prossimo ai trent’anni, infatti, il Joker sembra aver raggiunto uno stato di supremazia totale. Il modo in cui controlla il gioco e dirige l’attacco ha pochissimi eguali, e rende perfettamente attuale il modo con cui James Harden si era descritto al suo arrivo ai Clippers: “I’m not a system player, I’m a system.” A Denver tutto passa per le mani di Jokic, e tutti i compagni sanno come muoversi a seconda di dove e come Nikola riceve il pallone. Gordon è fenomenale a tagliare a canestro quando il serbo è in post, Porter Jr a correre appena cattura un rimbalzo difensivo, perché sa che può arrivare il passaggio a tutto campo; il gioco a due con Murray – la versione playoff di Murray – rimane uno dei più pericolosi in circolazione, e anche Westbrook sta cambiando il suo gioco, adattandosi alla gravità esercitata dal Joker. Tutto orbita attorno a lui, che guida la squadra in punti, rimbalzi, assist e anche palle rubate. Perché come ha detto coach Malone, quando hai un giocatore “historical” come Jokic, i cui numeri portano vittorie, ti adatti a quello che fa. La naturalezza e la nonchalance con cui gioca a basket è la stessa con cui Vincent Vega balla il twist. Al suo ritmo, apparentemente senza sforzo, ma magnetico e irreplicabile agli occhi di chi osserva.