Djokovic, rifugiatosi nell'erba per sfuggire al tempo, è stato braccato da Jannik. E domani, a 35 giorni da Parigi...
Per lunghi anni, gli italiani in vacanza lasciavano la spiaggia per godersi Borg-McEnroe o Federer Nadal. La finale di Wimbledon è sempre stata un evento affascinante, di grande tradizione, ma che non ci riguardava, a parte l’eccezione recente di Berettini. Ci accomodavamo come a teatro, solo per goderci la bellezza dei gesti bianchi. Questo è il regalo di Jannik Sinner: averci trasformati in tifosi. Continueremo a goderci la bellezza, ma con il cuore acceso.
domenica la finale
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Domani alle 17, ora del tè, non ci sentiremo degli imbucati tra duchi e duchesse: "Sì, abbiamo in campo un finalista, è il numero uno al mondo. Tutto bene a palazzo?". Jannik, splendido, ha spazzato via Nole Djokovic in 3 set, ha ridotto una semifinale Slam in una pratica da primo turno contro Navone o Kopriva. Eppure, dall’altra parte della rete, c’era il tennista più vincente della storia, il Re di Sette Wimbledon. Si era rifugiato nell’erba, come una lepre braccata dal Tempo. Sinner lo aveva sconfitto nelle ultime quattro occasioni, ma su quella superficie Nole si sentiva ancora invulnerabile. Era scappato a Londra, come il soldato di Vecchioni a Samarcanda, ma il Tempo lo ha stanato tra l’erba. Nella cattedrale di Wimbledon ieri si è celebrato il maestoso tramonto dell’Eroe, stanco e zoppicante. Onore a lui. A deporlo è stato l’avversario che più gli assomiglia, nei colpi e nella testa: un Djokovic con 15 anni in meno. È la legge della vita che per domani ha organizzato la festa della gioventù: Alcaraz-Sinner. A 35 giorni da Parigi, Jannik ha 4 match-point da mettere a terra.