L'ex numero 3 al mondo: "Fra i 13 e i 18 anni si spendono dagli 80.000 ai 100.000 euro all'anno. E a quell'età ci sono solo spese, non guadagni"
Pellegrino Dell'Anno
14 ottobre - 12:40 - MILANO
Non è raro incappare in discorsi in cui il tennis viene definito uno “sport per ricchi”, sin dalla più tenera età. Se, infatti, per giocare a calcio bastano un pallone e un paio di zaini o pietre a fare da pali, le attrezzatture tennistiche, i corsi, il viaggiare per tornei, presentano costi molto più onerosi. La conferma l’ha data Dominic Thiem, ex n.3 al mondo e campione Slam, al podcast Jot Down Sport: “Il tennis è uno sport per ricchi, dai 13 ai 18 anni bisogna investire quasi un milione di euro”. Una cifra altissima. Specie ricordando che, finché non arriva lo sbarco nel professionismo con le prime vittorie e gli interessi degli sponsor, dal tennis non si guadagna.
investimento
—
Thiem, che ha stabilito lauti rapporti commerciali nel corso degli anni da affiancare ai montepremi ed ha anche aperto una sua Academy dopo il ritiro, ha analizzato la situazione che si presenta ai ragazzini che sognano di fare i professionisti: “Dai 13 ai 18 anni, o fino al momento in cui il ragazzo o la ragazza inizia a guadagnare, bisogna pagare tra gli 80.000 e i 100.000 euro all'anno, una cifra incredibile che praticamente nessuno può permettersi. Anche se aiutiamo i genitori e troviamo sponsor o investitori per finanziare la loro carriera, è comunque molto costoso. Abbiamo, ad esempio, un giocatore di 17 anni che gareggia allo Us Open Junior ed è molto bravo, ma quando hai 15 o 16 anni e inizi a giocare nei tornei di categoria, viaggi quasi come un professionista: 30 o 35 settimane all'anno. E non c'è premio”. Già, finché non arriva il passaggio al professionismo ci sono solo spese per gli ambiziosi tennisti in erba e le loro famiglie.
le soluzioni
—
Le Academy, come quella fondata da Thiem, o fondazioni come quella di Jannik Sinner, possono dare una mano ai ragazzi più talentuosi ma privi delle possibilità economiche adeguate. Ove non dovessero arrivare, c’è un metodo alternativo, un meccanismo di investimento privato che può però gravare sul futuro. “È una soluzione abbastanza comune”, racconta l’ex n.3 del mondo, “qualcuno investe 50.000 o 100.000 euro all'anno in te e, in cambio, riceve una percentuale del tuo reddito futuro, solitamente limitata a un massimo. L'ho fatto anch'io quando avevo 15 o 16 anni: ricevevo 80.000 euro all'anno e li restituivo a partire dai 21 anni, quando ho iniziato a guadagnare molto di più”. L’iter per diventare tennista professionista, oltre a richiedere abnegazione e sacrificio uniti a un buon talento di base, demanda dunque una possibilità economica importante. Un accesso allo sport non aperto a tutti.
quando si arriva in alto
—
Entrare nel tennis che conta è dunque complesso. Ma anche a quel punto la stabilità finanziaria non sempre è garantita. Thiem, già a 19 anni, si rivolse a un consulente finanziario che lo aiutasse a gestire un patrimonio in crescita: “Quando ho iniziato a salire in classifica volevo solo essere finanziariamente sicuro entro la fine della mia carriera”. La realtà dei fatti è che il tennista è un lavoratore autonomo, e ciò comporta diritti semmai sconosciuti negli sport di squadra, ma anche la pressione di giocare e vincere per guadagnare e vivere di tennis. Anche perché non è tutto oro quel che luccica. "Durante il tour, le cifre pubblicate sembrano enormi", ammonisce Thiem, "ma su un assegno di 65.000 sterline a Wimbledon, si perde facilmente il 60%: prima le tasse nel Paese in cui si gioca, poi nel proprio, e poi i costi di allenatori, fisioterapisti, viaggi e attrezzature. Anche con gli sponsor, si devono pagare le tasse in base ai giorni trascorsi in paesi come il Regno Unito o gli Stati Uniti, perché la propria immagine appare in televisione con i loro vestiti o il loro logo". Dai primi passi al professionismo, non è solo sentire comune, il tennis è decisamente uno sport per ricchi.