
maledetti
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Soprannominato il "Kaiser" per una vaga somiglianza con Beckenbauer, ma anche per un fisico grassoccio che, secondo i suoi amici, ricordava una bottiglia di birra. Dal 1979 al 2001 è stato un giocatore professionista senza mai giocare una partita
Ventidue anni da calciatore professionista senza mai giocare una partita. Dal 1979 al 2001. Un record che difficilmente verrà superato e per raggiungere il quale sono stati necessari l'indubbia faccia tosta del protagonista di questa storia, un'innata propensione alla menzogna, amicizie nei posti giusti e una notevole dose d'ingenuità (quando non di complicità) in chi è rimasto vittima di questa autentica truffa. Come si può nascondere la verità per un tempo così lungo e come si può tranquillamente farla franca? La risposta sta in quest'uomo di nome Carlos Henrique Raposo, detto Kaiser. Brasiliano di Rio Pardo, dov'è nato nel 1963, fin da bambino ha coltivato il sogno di diventare un calciatore, anche se con il pallone aveva poca dimestichezza e quasi tutti i suoi amici lo consideravano un brocco. Secondo alcuni il soprannome Kaiser gli derivava da una sia pur vaga somiglianza con Franz Beckenbauer, ma il suo amico Luis Maerovitch svelò che Raposo fu ribattezzato così perché con il suo fisico grassoccio era molto simile alla bottiglia della birra "Kaiser". Anche da questi dettagli s'intuisce che il confine di questa storia è il grottesco, se non addirittura l'assurdo. Dunque Raposo vuole essere una stella del calcio, e fin qui nulla di straordinario. Quanti bambini brasiliani hanno quel sogno? Tutti, probabilmente. Lui non è granché, però riesce misteriosamente a entrare nelle giovanili del Flamengo, che non è proprio l'ultimo club di Rio de Janeiro. Che cosa abbia convinto i dirigenti a tesserarlo non si sa. Così come non si sa quali meraviglie Raposo abbia regalato durante un provino in Messico, al Puebla. Il ragazzo ha quindici anni e gli fa firmare un contratto triennale. Evidentemente ha visto in lui un potenziale campione. Fatto sta che Raposo resta al Puebla per tre anni, ma non gioca nemmeno una partita. Si allena regolarmente, questo sì, ma quando l'allenatore decide di buttarlo nella mischia lui si tira indietro adducendo un infortunio: mi fa un po' male la gamba, ho dolori alla pancia, non mi sento bene... Scuse che, al termine dei tre anni, vengono smascherate: Raposo non ha la stoffa per diventare un calciatore professionista. A quel punto, un ragazzo normale avrebbe detto: "Ok, ci ho provato, non è andata bene, adesso mi cerco un lavoro e costruisco la mia vita".