Circa l'80% delle persone sessualmente attive ha contratto, almeno una volta nella vita, l'infezione da HPV (Human Papilloma Virus). Ne sono stati individuati circa 200 ceppi, alcune dei quali sono oncogeni, possono quindi causare tumori del collo dell'utero, del cavo orofaringeo, del distretto testa-collo e del tratto ano-genitale. Ogni anno in Italia il papilloma virus provoca 7.500 neoplasie. La trasmissione avviene nel 95% dei casi attraverso i rapporti intimi, anche se esiste una quota di contagio riconducibile ad altre modalità, seppur residuali, con cui si viene a contatto con l'agente patogeno, ad esempio, se si fa utilizzo di bagni pubblici. E' un problema che riguarda la salute di donne e uomini che richiede un approccio multidisciplinare, una maggiore sensibilizzazione sulla vaccinazione disponibile per gli adolescenti e sull'accesso allo screening, riservato al momento solo alla popolazione femminile, come è emerso durante la tavola rotonda “Specchi clinici - HPV: riconoscere, includere, intervenire”, svoltasi al Senato nei giorni scorsi con la partecipazioni delle principali società scientifiche di settore e di pazienti, specialisti e ricercatori.
“Per molti anni – spiega il professor Vittorio Unfer, presidente EGOI e docente di Ostetricia all'Università UniCamillus – International University of Health and Medical Sciences - l'infezione da HPV è stata associata esclusivamente al cancro del collo dell'utero. Invece, la scienza ha provato che anche gli uomini possono sviluppare condilomi oltre a lesioni precancerose e carcinomi del pene, dell'ano e del cavo orale, anch'essi HPV-correlati, rispettivamente nel 50%, 88% e 26-30% dei casi”. Uomini e donne, dunque, possono essere per i rispettivi partner un serbatoio di infezione.
La circolazione del virus negli uomini
Uno studio italiano, pubblicato a fine 2024 sulla rivista scientifica Urology, ha evidenziato che il 56% dei maschi italiani risulta positivo all'HPV. Di questi il 20% presenta l'infezione a livello del cavo orale e il 13% a livello anale. Per tutelare la salute dei più giovani esiste una vaccinazione anti-HPV nona valente – contro i nove tipi di papilloma virus umano più diffusi che possono causare tumori. “E' una risorsa di comprovata efficacia nella prevenzione delle lesioni precancerose e dei tumori correlati. La somministrazione è raccomandata in età preadolescenziale, idealmente dagli 11 anni, prima del potenziale contatto con il virus. È fondamentale intensificare le attività di informazione e sensibilizzazione rivolte ai giovani e alle loro famiglie”, sottolinea il professor Unfer. Su questo fondamentale strumento di prevenzione e protezione la comunità scientifica auspica un cambio di passo per arrivare agli obiettivi di copertura raccomandati dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dal Piano Vaccinale Nazionale.
Il calo delle vaccinazioni
“La vaccinazione contro l'HPV – aggiunge Unfer - ha subito un calo drastico durante la pandemia. Solo nel 2023 si ritorna ai livelli di copertura vaccinale pre-Covid: il 45,39% nelle ragazze che compivano 12 anni nell'anno di rilevazione (coorte 2011 nel 2023). Nel 2024 il trend si conferma in aumento: il 51,18% delle ragazze che compivano 12 anni nel 2024, ovvero il 5,79% in più rispetto al 2023”. Per i ragazzi si osserva lo stesso andamento. Quindi, un calo drastico nell'anno 2022 e un ritorno ai livelli di copertura vaccinale pre-Covid: 39,35% nei ragazzi della coorte più giovane (2011), che compivano 12 anni nel 2023. Nel 2024 continua il progressivo miglioramento delle coperture delle singole coorti, con copertura del 44,65% nella coorte più giovane (2012). “Nonostante questo recupero, tuttavia, a oggi nessuna coorte raggiunge l'obiettivo di copertura del 95% previsto dal Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale”, specifica il ginecologo.
Quando il papilloma virus è potenzialmente pericoloso e cosa fare
Nella maggior parte dei casi, l'infezione viene eliminata dal sistema immunitario. Quando, però, il virus resta nell'organismo per oltre 12 mesi, si parla di persistenza, una condizione finora studiata principalmente nelle donne. “Questo passaggio è cruciale perché la persistenza, che nelle donne si manifesta nel 10-15% dei casi, è il principale fattore di rischio per lo sviluppo di lesioni precancerose e, nel tempo, di tumori del collo dell'utero o altri distretti che l'HPV colpisce”. Le linee guida nell'infezione persistente con positività a un ceppo ad alto rischio raccomandano l'invio a un controllo di secondo livello con la colposcopia. ”Se non viene riscontrata nessuna lesione o una lesione di basso grado - LSIL o CIN1-, si rinvia a controllo a 12 mesi”, spiega Unfer.












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