L'aria che respiri in aereo non è così male

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L'aria al chiuso più temuta in era covid, quella degli abitacoli degli aerei e dell'interno degli ospedali, non è affollata di patogeni, ma popolata dagli stessi innocui batteri presenti sulla pelle umana.

Lo ha stabilito una ricerca pubblicata sulla rivista Microbiome che ha usato uno strumento insospettabile per il campionamento dell'aria indoor: le mascherine, che nella loro parte esterna hanno catturato batteri e altri microrganismi invisibili presenti in luoghi affollati e ricchi di interazioni umane, come le cabine degli aerei e i corridoi degli ospedali.

Mascherine da analizzare

Un gruppo di ingegneri ambientali e civili della Northwestern University (Stati Uniti) ha progettato di indagare la composizione dell'aria al chiuso negli aerei e negli ospedali nel 2022, durante la seconda fase della pandemia, quando chi aveva ripreso a viaggiare era preoccupato per il rischio di contagi in volo. L'idea iniziale era di analizzare i filtri HEPA (High-Efficiency Particulate Air), sistemi di filtrazione ad altra efficienza che ricambiano interamente l'aria nell'abitacolo degli aerei ogni due o tre minuti. Ma questi filtri sono molto costosi e difficili da smontare: rimuoverli per le analisi non sarebbe stato sostenibile. 

Da qui l'idea di usare le mascherine come trappole "passive". Dall'analisi del DNA rimasto all'esterno di quelle indossate su voli nazionali o internazionali, e riposte in sacchetti sterili appena i passeggeri erano sbarcati, gli scienziati sono risaliti alla composizione batteriologica dell'aria respirata su quegli aerei. A questo punto, hanno confrontato i microrganismi presenti nell'aria all'interno degli aerei con quelli ricollegabili al DNA catturato dalle mascherine di lavoratori ospedalieri durante un turno di lavoro.

Pochi batteri cattivi e molti ospiti della pelle

In entrambi i contesti è stata trovata una comunità variegata di microrganismi quasi sempre innocui, con tracce minime di patogeni, dove a farla da padroni erano i batteri più spesso associati alla nostra specie, come quelli che vivono sulla pelle umana. La composizione complessiva delle comunità microbiche trovate nei due diversi ambienti era inoltre molto simile, proprio perché riconducibile alla semplice presenza umana e non a malattie specifiche. A cambiare era invece l'abbondanza dei singoli microrganismi trovati.

Un fenomeno ormai comune

Tra le tracce genetiche rimaste sulle mascherine sono stati trovati anche i geni dell'antibiotico-resistenza sviluppata verso una delle principali classi di antibiotici. Non significa - precisano gli autori - che nell'aria vi fossero batteri resistenti agli antibiotici, bensì che i geni dell'antibiotico-resistenza sono ormai più diffusi di quanto si creda.

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