Juve Signora "in rosso": un miliardo bruciato in otto anni. Exor apre di nuovo il portafogli

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Dopo l’uscita di Andrea Agnelli i bianconeri hanno continuato a perdere soldi. La famiglia ha già versato 30 milioni per il prossimo aumento di capitale, da effettuare nel 2026 e che prevede fino a 110 milioni

Marco Iaria

Giornalista

28 ottobre - 07:20 - MILANO

Un miliardo di euro. Anzi, a voler essere pignoli, novecentonovantanove milioni. È quanto ha bruciato la Juventus tra il 2017-18 e il 2024-25, cioè negli ultimi otto bilanci consecutivi, tutti chiusi in rosso. Gli azionisti arriveranno a sborsare la stessa somma all’inizio del 2026, quando sarà realizzato l’ennesimo aumento di capitale - il quarto dal 2019 - dopo i 900 milioni già versati nei primi tre. Lo sguardo d’insieme sul decennio bianconero rende perfettamente l’idea di cosa sia stata la Juventus, di cosa avrebbe potuto essere e di cosa, invece, è diventata.

Parabola

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C’era un tempo in cui il club della Famiglia dominava in Italia, mentre Inter e Milan soffrivano la crisi del mecenatismo meneghino, e brillava in Europa. Sotto la presidenza di Andrea Agnelli, dopo la caduta di Calciopoli, il club era stato ristrutturato e rilanciato, con tre esercizi consecutivi in utile tra il 2015 e il 2017. Nel 2018 la Juve aveva conquistato sette scudetti consecutivi e raggiunto per due volte la finale di Champions. Ed ecco la svolta: addio all’a.d. Marotta, benvenuto a Cristiano Ronaldo. Il piano era ardito: utilizzare l’icona più globale dell’epoca per aggredire i mercati esteri e raggiungere l’élite del calcio europeo. Arriveranno altri due scudetti, ma si fallirà l’assalto alla coppa più prestigiosa. Il Covid contribuirà ad affossare la fase espansiva degli investimenti, certo. Ma anche tanti, troppi errori. Tanti, troppi acquisti sbagliati, e non solo quello di CR7, costato 277 milioni tra cartellino, oneri e stipendio (al netto della cessione allo United). Da Bernardeschi a Douglas Costa, da Arthur a Ramsey: l’elenco dei flop è lungo. E poi quell’eccessiva disinvoltura nell’azionare la leva del player trading e nell’adottare certe pratiche contabili, pagata a caro prezzo.

Svolta

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A fine 2022, travolto dalle inchieste, l’intero cda bianconero si è dimesso. È finita l’era di Andrea Agnelli, è cominciato il corso di John Elkann. Sì, l’erede designato dell’Avvocato ha sempre esercitato una vigilanza sulla Juventus, in quanto a capo della controllante Exor. Ma è stato con l’uscita di scena del cugino che ha assunto le redini della società, imponendo una governance a sua immagine e somiglianza. È stato varato un nuovo business plan, con l’obiettivo di tornare all’utile entro il 2027. Nessuna sterzata, però: la Juve non ha più ritrovato il tocco magico. Basta osservare la girandola di allenatori, un tempo protetti da una bolla impenetrabile: dopo gli esoneri di Allegri nel 2019, di Sarri nel 2020 e di Pirlo nel 2021, la frenesia è proseguita con gli addii dello stesso Allegri nel 2024, di Thiago Motta e di Tudor nel 2025. Il bilancio ascrivibile a Elkann è negativo tanto quanto quello degli ultimi anni di Agnelli. 

Errori

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È vero: dopo l’esclusione forzata dalle coppe nel 2023-24, la squadra ha centrato l’obiettivo minimo della qualificazione in Champions per due stagioni consecutive, ma in Italia (con la magra consolazione di una Coppa Italia vinta) è rimasta fuori dalla lotta scudetto e in Europa ha recitato da comprimaria. Performance non in linea con le aspettative dei tifosi, lo status della società e, soprattutto, i soldi spesi. Cristiano Giuntoli, il manager su cui aveva puntato Elkann per una Juve vincente e sostenibile, ha fallito. Sì, i tagli ci sono stati: gli stipendi, che nell’ultimo anno di Ronaldo (2020-21) avevano toccato quota 340 milioni, quasi l’80% dei ricavi, sono stati ridotti di un centinaio di milioni. Ma spiccano di più le operazioni sbagliate: da Koopmeiners a Douglas Luiz fino a Nico Gonzalez. I bianconeri hanno mobilitato 100 milioni di investimenti sul mercato nel 2023-24 e addirittura 216 nel 2024-25. Risultato? Un terzo e un quarto posto in campionato, i playoff in Champions, gli ottavi al Mondiale per club. Alla Continassa è un ripetitivo déjà-vu. E, stancamente, si ripetono anche le ricapitalizzazioni. Dopo quella da 300 milioni di fine 2019, immaginata per dare la caccia a profili alla Mbappé e rivelatasi una prima diga anti-Covid, gli azionisti sono dovuti intervenire più volte per tappare i buchi: 400 milioni nel dicembre 2021 e altri 200 nell’aprile 2024. L’esborso maggiore, pari a 573 milioni, è stato sostenuto da Exor, azionista di maggioranza nel frattempo salita al 65,4%. Il resto è arrivato, per 289 milioni, dall’adesione dei soci di minoranza, cioè di quella costellazione variegata di soggetti che va dai tifosi-azionisti ai fondi di investimento di tutto il mondo, in primis Lindsell Train, ora all’8,7%. E, in minima parte, dai diritti inoptati acquistati in Borsa, per un controvalore complessivo di 38 milioni.

Prospettive

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Non è finita qui perché il cda ha “chiamato” un nuovo aumento di capitale, fino a un massimo di 110 milioni, da effettuare nel 2026. Exor, a titolo di anticipo, ne ha già versati 30 portando il suo impegno, dal 2019, a 603 milioni. Con un avviso ai naviganti - leggi il colosso delle criptovalute Tether, che ha rastrellato l’11,5% delle azioni - filtrato dall’entourage di Elkann: "Continuiamo a rafforzare la Juve in campo e fuori, come abbiamo fatto negli ultimi 102 anni. E non vendiamo".

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