Lui pugile che tra due settimane combatte per l'Europeo, lei una delle voci cult d'Italia alle prese con l'ultima tappa del tour, una storia d'amore nata sui social, un ring e un palcoscenico con tante cose in comune. I due si raccontano a Sportweek: "Un giorno lo porto sul palco, ha una gran voce", "Io le serate non le apro, le chiudo"
Marcel Cerdan si innamorò di Edith Piaf ritrovandosi a piangere mentre lei cantava al Club du Cinq di Parigi. Wladimir Klitschko a una festa si sentì dire “Sei enorme!” e chinando la testa vide Heyden Panettiere ai suoi piedi. Oggi un pugile e una cantante stanno al passo coi tempi e si innamorano sui social. “Sono in macchina con un’amica, a un certo punto in radio passano Like a melody e resto basito. ‘Ma chi è che canta? Che voce ha?’, chiedo. La mia amica: ‘Ma come, non conosci Serena Brancale?’. No, rispondo. E la vado a cercare su Instagram. Scopro che mi piace, che ha il mio stesso senso dell’umorismo, così le scrivo”: Dario Morello la racconta così, Serena aggiunge che è stata proprio la simpatia a farla cadere nel giro di due settimane. Ma c’è di più, dev’esserci di più, perché Dario e Serena in fondo fanno cose simili. Dario è uno dei migliori pesi medi d’Italia e tra due settimane combatte per il titolo europeo Ebu Silver contro lo svizzero Faton Vukshinaj all’Allianz di Milano (Taf 9), Serena è una delle migliori voci jazz d’Italia e chiude stasera il suo tour al teatro Arcimboldi di Milano: pugni e voce sono strumenti, poi si tratta di prendersi i riflettori e il pubblico, domare la critica, divertire, intrattenere. Combattere, insomma.
LO STUPRATORE PRESO A BOTTE
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Dario è una sorta di samurai metropolitano, mezzo calabrese e mezzo napoletano, a cui la boxe ha cambiato la vita: “Ero un bimbo cicciottello, cocco di due nonne che mi viziavano, poi mi sono dovuto scontrare con la realtà che non è fatta di frutta candita. A scuola sono iniziati i primi episodi di bullismo e intimidazione, il pugilato è stato lo strumento che mi ha cambiato visione della vita. Ho capito che facendo a cazzotti ti esponi a un rischio, e se questo rischio non ti fa paura perché dovresti averne di un bullo, di un esame o di chiedere a una ragazza di uscire? Io sono una persona sicura che non nasce sicura, lo sono diventato. E possono farlo tutti”. La determinazione che la boxe ha donato a Dario esce fuori un pomeriggio di novembre in cui torna a casa dall’università di Cosenza dove studiava giurisprudenza, attraversa un parchetto “e sento delle urla, mi giro e c’è un omone che sta violentando una ragazzina che è la metà di lui. Si ferma il tempo, mi dico: mi faccio i fatti miei e passerò tutta la vita pensando a cosa avrei potuto fare o mi prendo un rischio e agisco? Scelgo la seconda strada, mi fiondo su di lui e gliele do di brutto. Perché devo farlo e, non lo nego, a quel punto anche per piacere personale”. La sua carriera da dilettante poteva essere migliore, lo ammette lui stesso. Ha sfiorato le Olimpiadi di Rio, ma gli sono mancate due cose: “La continuità non ce l’ho messa io, ero quello che vinceva col campione e poi perdeva col finlandese che ha iniziato a boxare l’altroieri. Poi il contesto della nazionale non mi piaceva, non ero sereno”. Così ha preso la strada del professionismo, ha iniziato a vincere (25 incontri su 26) ed è manager e allenatore di se stesso: “Non che in nazionale sia diverso, hai due coach per 20 persone... Mi piace viverla alla Bruce Lee, studio il mio sport, integro, sperimento, e per avere questa libertà non puoi avere uno che ti dice cosa fare”.
TRA BOXE E CALCIO
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Serena ha conosciuto la boxe da bambina perché giocava sulle gambe del nonno che seguiva i grandi incontri alla tv, e poi ha conosciuto il pallone grazie agli echi della carriera di papà: Agostino Brancale, terzino d’assalto, habitué del girone meridionale della C Anni 80. “Sono nata che aveva già smesso, me lo raccontano elegante in campo, veloce, bravo. Io me lo sono goduto nella sua seconda carriera da falegname, avevamo un’impresa di mobili rustici in cui dava sfogo alla sua creatività. Piuttosto, sarebbe piaciuto a me giocare a calcio ma lui non voleva”. E così Serena ha studiato canto jazz e violino, si è diplomata al Conservatorio, ha lottato, ha conquistato prima la viralità (Baccalà, chi non la conosce mente) e poi il palco di Sanremo nella sezione campioni dieci anni dopo esserci stata tra i giovani. Oggi progetta il futuro cantandosi nel traffico i pezzi che ancora devono uscire, “tiro su i finestrini così l’audio è perfetto e mi sento solo io, a casa ho sempre paura che ci sia qualche spione...”. Con Dario parlano di musica, la loro canzone è What you won’t do for love di Bobby Caldwell. Ma non si fermano qui: “Io metto un brano Anni 70, lui mi fa sentire gli ultimi pezzi rap o trap, io gli dico la mia, cambiamo e magari torna il jazz. E alla fine ci ringraziamo a vicenda perché scopriamo musica nuova. Siamo una coppia antica, penso a noi e penso a Miles Davis che si allenava sul ring, un’immagine che adoro”
IL MOMENTO D'ORO
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Il pugile e la cantante portano bene a vicenda: da quando stanno insieme è iniziata la fase più alta delle rispettive carriere. A Sanremo, Dario era in platea a piangere: “Da quando mi sono innamorato di lei le ripetevo: sei troppo forte per rimanere una cantante di nicchia, sei meglio di tanti artisti mainstream. Lei mi rispondeva che le stava bene e a me rodeva, come quando c’è un pugile di talento che si accontenta. Vederla a Sanremo acclamata da tutti per la sua voce mi ha riempito di orgoglio”. A maggio Morello ha battuto Yassin Hermi vincendo il titolo italiano dei medi, 10 riprese durissime durante le quali Serena spesso si copriva gli occhi: “Al prossimo incontro mi porto anche le airpods e il sudoku, troppa sofferenza. A volte penso che gli stia sulle scatole se sono troppo presente quando si avvicina l’incontro, invece no, mi dice che devo esserci, ci tiene. Un giorno mi ha fatto notare che a pranzo tutti avevano la maglietta del suo team e io no”. E Dario spiega: “C’è una cosa poco simpatica da considerare: sul ring si muore, tanti pugili ci lasciano le penne, metti che alla prossima estrazione il fortunato sono io... ecco, vorrei che le persone a cui tengo siano con me, ci tengo. Ma non succede, io di cazzotti non ne prendo”.
UN PUGILE E UNA CANTANTE
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Spacconate a parte, Morello e Brancale hanno altre due cose in comune: innanzitutto, sono arrivati al successo attraverso percorsi tortuosi, sono caduti e si sono rialzati più forti di prima. “Se in quello che fai credi davvero e non a chiacchiere - fa Dario -, non ammetti un risultato diverso dal non arrivare. Anche lei credo abbia fatto lo stesso ragionamento nella vita”. La conferma: “Mamma musicista, sorella pianista, io studiavo violino, un piano B non l’ho mai avuto. Ecco perché dicevo a Dario che mi stava bene così, il mio mestiere non lo fai aspettando la fama. La mia vita è questa, per determinazione e soprattutto per competenza: mi sono formata tra conservatorio e scuole importanti, ho sempre saputo di avere gli strumenti per farcela. Le critiche? Capitano. Quello più arrabbiato è lui, è pronto al dissing”. Dario la prende con meno filosofia: “Con quelli che mi criticano sui social faccio un giochino: apro la loro immagine profilo, vedo la faccia di un disagiato e mi dico ‘Beh, dai, poverino’. Quando lo fanno a lei poi si parla di violenza, di femminismo, di sisterhood... poi i peggio commenti arrivano da altre ragazze. Mi innervosisce la critica sull’aspetto fisico: lei canta, non fa la modella”. L’altra cosa è il sud visto da lontano, rispettivamente da Bergamo e Roma. Per Serena “è in tutto quello che faccio, ci siamo scelti anche per questo. Ci lega l’autoironia, tipica di noi meridionali”. Dario aggiunge: “Io con me porto anche il mio nord, dai bergamaschi ho preso etica del lavoro, costanza, pragmatismo. Anche il campanilismo me l’ha insegnato Bergamo, noi del sud diventiamo migliori quando emigriamo. Qui durante la pandemia la gente ha fatto ospedali da campo in due giorni, se ti si crea una buca davanti casa non aspetti il Comune ma scendi e la ripari”. Serena poi rivela: “Dario ha una gran voce, canta benissimo”. E quando lo vedremo sul palco? “Quando si decide”. “Io non apro le serate, le chiudo”. "Ecco, vedi? Io non potrei mai essere esaltata come lui”. Un dialogo tra un pugile e una cantante che si amano non potrebbe venire meglio.










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