(di Alessandra Baldini)
Il Met di New York sfida il mondo
anti-Dei di Donald Trump con la prima mostra del Costume
Institute dedicata esclusivamente a stilisti afro-americani.
Superfine: Tailoring Black Style, dal 10 maggio al 26 ottobre,
sarà anche la prima da Men in Skirts del 2003 basata
esclusivamente su capi di moda maschile.
Improvvisamente uno dei musei più ricchi e enciclopedici del
mondo diventa l'alfiere di una rivolta, mettendo in una
situazione delicata Instagram (gruppo Meta) e Louis Vuitton che
sponsorizzano il gala di stasera. In ottobre, quando la mostra
curata da Andrew Bolton con l'esperta del Barnard College Monica
Miller fu annunciata, Kamala Harris, la prima vicepresidente
nera, era nelle ultime fasi della corsa alla Casa Bianca.
"Missione del Met - ha detto il direttore del museo Max Hollein
- è usare l'arte e la ricerca per connettere le persone a
creatività, conoscenza e dialogo. Superfine è un esempio di
quanto può essere potente questo lavoro".
La mostra illustra come l'estetica dandy, adottata nell'arco
di decenni da una catena di stilisti, divenne strumento di
mobilità sociale e auto-definizione. Il progetto di Bolton era
nato nel 2009 come un nuovo passo del Met per correggere gli
errori del passato in materia di diversità, equità e inclusione,
temi che in gennaio Donald Trump ha messo al bando. Dal 2020
circa 150 capi di designer neri sono entrati nelle collezioni
del museo, e anche questo sforzo oggi suona come un guanto di
sfida.
In un tight color porpora, basco nero in testa, Colman
Domingo ha citato il drammaturgo George Wolfe: "Dio creò i neri
e i neri hanno creato lo stile". Dodici i temi della mostra -
tra questi "proprietà", "caricatura", "cosmopolitismo" -
attraverso cui capi storici, ma anche dipinti, disegni, stampe e
filmati, sono accostati agli abiti creati a New York, Londra e
Parigi da designer contemporanei come Pharrell Williams, Grace
Wales Bonner, Olivier Rousteing, Lisi Herrebrugh, Rushemy
Botter, Virgil Abloh e Ib Kamara che ne ha ereditato la legacy a
Off White. La mostra prende il titolo da un memoir del XVIII
secolo di uno schiavo africano che, riuscito a comprare la
libertà, scrive che avrebbe indossando "un abito confezionato
con stoffa sopraffina": la lana era all'epoca un bene di lusso.
Si passa così dalla una livrea in stile '700 che trasformò
nel 1840 uno schiavo del Maryland in bene di consumo alla
camicia con le rouche di Prince 1984 e ai caffettani e ai bauli
del tastemaker André Leon Talley per dimostrare come il
peacocking - il comportamento in cui una persona si veste in
modo vistoso per attirare l'attenzione o esprimere individualità
- oltrepassi l'estetica per diventare empowering.
Fervono intanto i preparativi del gala: Williams, erede di
Abloh al timone del menswear LV, il campione Ferrari di F1 Lewis
Hamilton, Domingo, il rapper partner di Rihanna A$AP Rocky e
LeBron James sono i padrini della serata - 75mila dollari a
biglietto, 350mila per un intero tavolo per totale da record di
31 milioni a beneficio del Costume Institute - con l'immancabile
Anna Wintour che ogni anno approva la lista degli invitati:
"Uomini di stile", ha detto Bolton, "grazie ai quali il menswear
sta attraversando un rinascimento".
Uno di questi è stato per anni Sean Combs, il mogul dell'hip
hop che ancora nel 2023, in occasione del gala in onore di Karl
Lagerfeld, aveva solcato il tappeto rosso: oggi il suo show è
stato in un'aula di tribunale a New York dove, per un capriccio
della sorte, ha preso via il processo contro di lui per reati
sessuali.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA