I nerazzurri possono dare un senso alla stagione: Lautaro c’è, Pavard no. Lamine Yamal il pericolo numero uno, Lewandowski parte dalla panchina
Ore 21, a San Siro è di scena il calcio. Tutto, nella sua completezza. Si affrontano le due metà della mela, o del pallone, se preferite. L’Inter è l’esperienza, la sapienza tattica, l’organizzazione collettiva, la solidità difensiva, l’arte della ripartenza, la pazienza dell’attesa. Il Barcellona è la fantasia giovane, il talento individuale, l’istinto offensivo, la qualità del palleggio, la frenesia del pressing. Acerbi, 37 anni, contro Yamal, 17. Il contatto elettrico tra questi due poli opposti e complementari ha generato la bellissima partita d’andata. Stasera ce ne aspettiamo un’altra del genere. Con la differenza che stavolta dovrà esserci un vincitore che il 31 maggio si giocherà la finale di Champions League a Monaco di Baviera.
il senso
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L’Inter si gioca il senso della stagione in una notte. Dopo aver perso la Supercoppa a Riad, è arrivata all’imbocco del rettilineo d’arrivo con tre traguardi in faccia: sfumato quello della Coppa Italia e, di fatto, anche quello del campionato, resta il bersaglio più grosso. Non è vero che la storia la scrivono solo i vincitori. Raggiungere la seconda finale di Champions in tre anni sarebbe già storia per un club che ne ha giocate 6 in tutta la sua vita, a prescindere dall’epilogo bavarese. Questa è la notte che può sublimare una stagione già positiva, per la competitività trascinata fino in fondo a tre competizioni e, soprattutto, per i milioni Uefa messi in cassa che agevoleranno il futuro del club. Certo, sollevare un trofeo sarebbe tutta un’altra cosa. L’Inter insegue la sua quarta Coppa dei Campioni, il Barcellona la sesta.
Fuoco Yamal
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Cos’ha insegnato il primo round del Montjuic? Che Lamine Yamal divampa come il fuoco, se trova ossigeno attorno a sé. Nella ripresa, quando ne ha trovato di meno, in spazi più stretti, è sembrato più umano. La sua magia tecnica è stata il fattore più influente. Ha una velocità di gamba e di pensiero che lo rendono immune a qualsiasi gabbia, ma Dimarco, Bastoni e Mkhitaryan dovranno comunque stringere la morsa. Non meno importante sarà il pattugliamento dei mediani sulle linee di passaggio, specie quelle di Pedri. Meno palloni riceve Lamine, meglio è per Sommer. Lewandowski dovrebbe partire dalla panchina (Flick dixit). Chiaro che, dovesse entrare, sarebbe un’allerta in più. Un animale d’area di rigore da oltre 600 gol in carriera, difficilmente lascia viva una palla-gol. Ma, anche senza il polacco, la difesa - priva di Pavard - non potrà mai spegnere la spia dell’allarme rosso. Ferran Torres, che a San Siro ha già segnato un paio di gol con la nazionale, non offre il riferimento fisico che piace ad Acerbi e punge in velocità, infatti all’andata gli scappò via per segnare il secondo gol. La feroce attenzione è la premessa necessaria per ogni ipotesi di gloria.
Riprovaci Dumfries
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Il Barcellona si difenderà come sempre, alzando tantissimo l’ultima linea per sostenere il pressing aggressivo. È la loro idea, non la baratteranno mai con la prudenza. Ma è anche un modo per tenere lontano l’Inter e non concedere corner, dove i nerazzurri sanno essere letali, come dimostrato al Montjuic. Anche i calci da fermo sono stati un fattore all’andata e potrebbero esserlo al ritorno. Con la linea difensiva filosoficamente e cocciutamente alta, Dumfries, devastante all’andata, Thuram e Dimarco avranno ancora spazi da cavalcare. Anzi, potrebbero trovare condizioni ancora migliori, perché Flick, senza i terzini Koundé e Balde, potrebbe schierare in fascia centrali di ruolo (Garcia e Martinez), più vulnerabili alla velocità. Rispetto a Barcellona, Inzaghi avrebbe bisogno come il pane del vero Calhanoglu, sia nella rifinitura e nella conclusione da fuori, sia soprattutto nel palleggio, per alleggerire la pressione catalana e aiutare l’uscita bassa. E, naturalmente, Inzaghi avrebbe bisogno del vero Lautaro, sano e fresco. Le riserve sulla sua presenza verranno sciolte solo oggi, anche se il sentimento dominante della vigilia è stato l’ottimismo. All’andata l’Inter segnò 3 gol con 3 tiri in porta. Nonostante quella linea alta, la difesa del Barcellona non regala occasioni e non è farfallona come qualcuno crede. In campionato ha subito gli stessi gol dell’Inter: 33. Quindi i nerazzurri dovranno replicare il cinismo offensivo dell’andata. Se le palle-gol saranno poche, meglio se finiscono al Toro, piuttosto che a Taremi o Arnautovic.
San Siro spinge
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Anche San Siro, zeppo, torrido e appassionato, che incombe sul campo, molto più del tiepido Montjuic, potrà essere un fattore. Ma è improbabile che Yamal e gli altri ragazzini tremino nella bolgia. Alcuni hanno già l’esperienza di campioni d’Europa e, soprattutto, la fede nel gioco li fa sentire a casa ovunque. La prova: il Barça è la squadra che nella Liga ha raccolto più punti in trasferta: 45 gol fatti, il Real solo 28. In Champions i catalani hanno vinto 4 trasferte su 6 con 16 gol segnati. Ore 21, San Siro: si celebra il calcio. L’Inter cerca una finale e un senso.