I dazi di Trump affossano le Borse, 15% per l'Ue

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A tre mesi dal Liberation Day, Donald Trump affossa nuovamente le Borse fissando con un ordine esecutivo una raffica di dazi dal 15% al 50% per oltre 90 Paesi, confermando sostanzialmente l'accordo con la Ue ma bastonando in particolare, per motivi diversi, Canada, Brasile e Svizzera. Per tutte le nazioni non nominate nel provvedimento scatta una tariffa di base del 10%, compresa la Russia.

    Una mossa che minaccia di aumentare i costi per le aziende e i prezzi pagati dai consumatori, nonché di rallentare l'economia globale, anche se l'Fmi si è mostrato meno pessimista martedì scorso rispetto a tre mesi fa. Ma la prima reazione dei mercati è negativa: Wall Street ha aperto in rosso, mentre le Borse europee hanno bruciato 269 miliardi di euro (di cui 22 a Milano, con l'indice Ftse Mib che ha ceduto il 2,55%) e la maggior parte dei mercati asiatici ha chiuso in calo. Spaventano gli effetti dei dazi sull'economia ma anche i deludenti dati macro americani: pil in crescita ma meno del previsto, inflazione in aumento e, venerdì, una frenata del mercato del lavoro, con la creazione in luglio di solo 75 mila nuovi posti (il mese più debole degli ultimi quattro anni) e una disoccupazione salita al 4,2%.

    Le tariffe entreranno in vigore per tutti dal 7 agosto, e non il primo agosto come inizialmente previsto, per consentire alle dogane americane di organizzarne la riscossione. Inoltre, quelle sulle merci spedite via nave non saranno modificate prima del 5 ottobre 2025. Tre mesi fa il tycoon aveva promesso 90 accordi in 90 giorni. Ne ha portati a casa solo otto: la breve lista comprende Ue, Regno Unito, Vietnam, Indonesia, Filippine, Corea del Sud, Giappone, Pakistan. Regge per ora l'intesa politica con Bruxelles, con dazi al 15% in attesa di finalizzare una dichiarazione congiunta e di fissare eccezioni e quote.

    Questo significa che per ora resta fuori dall'ordine esecutivo di Trump il settore auto e delle componenti per il settore, sottoposto attualmente a tariffe del 27,5%. Per il commissario europeo al Commercio, Maros Sefcovic, che ha negoziato l'accordo, il provvedimento del presidente Usa è "un primo passo". "I nuovi dazi statunitensi riflettono i primi risultati dell'accordo Ue-Usa, in particolare il tetto massimo del 15% sui dazi all-inclusive. Questo rafforza la stabilità delle imprese europee e la fiducia nell'economia transatlantica", ha scritto su X, sottolineando che "il lavoro continua". In un'intervista a Nbc News, Trump ha spiegato che era "troppo tardi", per i Paesi nominati nel suo decreto, per evitare le tariffe, ma che resta aperto ad offerte. "Ciò non significa che qualcuno non si presenti tra quattro settimane e dica che possiamo raggiungere un accordo", ha detto.

    Il Paese meno penalizzato resta la Gran Bretagna, con dazi al 10%. Tariffe al 15%, come la Ue, anche per Giappone e Corea del Sud. Il Paese più colpito è il Brasile, con una percentuale al 50% come ritorsione al suo processo contro l'ex presidente Bolsonaro, amico del tycoon e sotto inchiesta per golpe. Tra i Paesi importanti segue la Svizzera, con dazi al 39% per un deficit commerciale ritenuto troppo alto, anche se alcuni analisti ritengono che sia una punizione alle banche elvetiche per la loro smobilitazione dai mercati americani e un monito alle case farmaceutiche svizzere perché abbassino i prezzi dei loro medicinali in Usa. Stangata anche al Canada (tariffe al 35%), reo di scarsa collaborazione nella lotta al fentanyl ma anche di voler riconoscere la Palestina. Mentre per l'altro partner nordamericano, il Messico, Trump ha fatto l'unica deroga per la "complessità" delle relazioni bilaterali: altri 90 giorni per negoziare un accordo ampio, nel frattempo restano in vigore dazi al 25%. La Cina ha una scadenza separata, il 12 agosto, ma si prospetta un'estensione della tregua in corso. Tariffe alte anche per il Sudafrica (30%), accusato di perseguitare gli agricoltori bianchi. Quota 25% vale per l'India, mentre si scende al 20% per Taiwan e al 19% per Cambogia e Thailandia.
    Aliquote punitive per alcuni dei Paesi più poveri e devastati dalla guerra, tra cui la Siria (41%), Laos e Myanmar (40%), Iraq (35%), Libia (30%) e Sri Lanka (20%). Altri invece continueranno a pagare una tariffa standard del 10%: Australia (che recentemente ha aperto alle carni Usa), Russia, Ucraina, Egitto, Marocco, Argentina, Colombia e Perù. 
   

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