Google celebra l'equazione di secondo grado

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Oggi Google dedica un doodle a una delle formule più celebri e — diciamolo — più temute della storia della matematica: l'equazione di secondo grado, chiamata così perché l'incognita (la x) vi compare con esponente 2 e che si scrive

Dietro questi simboli che molti ricordano dai banchi di scuola si nasconde però una delle invenzioni più geniali del pensiero umano. Non è solo una formula: è un modo per mettere ordine nel caos, per trovare equilibri nascosti, per capire quando una cosa finisce e un'altra comincia. È la madre di tutti i problemi che "si risolvono".

Equazione di secondo grado: una storia lunga più di tremila anni

Molto prima che i computer o i motori di ricerca si accorgessero della sua eleganza, l'equazione di secondo grado era già una compagna di astronomi, geometri e costruttori. I babilonesi, tremila anni fa, risolvevano problemi quadratici per calcolare aree di terreni o lunghezze di diagonali, anche se non avevano ancora un linguaggio simbolico moderno.

La vera svolta arriva nel IX secolo con Al-Khwarizmi, il matematico arabo-persiano da cui deriva la parola algebra. È lui che per primo individua un modo per risolvere in generale l'equazione di secondo grado. In un trattato descrive il suo metodo basato su  completamento e bilanciamento: spiega cioè come "ricomporre" un equilibrio matematico, e il termine al-jabr significa proprio questo: rimettere insieme ciò che è rotto. In qualche modo Google, dedicandogli un doodle, celebra l'embrione del pensiero scientifico moderno: l'idea che un problema, se portato "uguale a zero", può trovare una soluzione.

Quando il mondo si piega in una parabola

L'equazione di secondo grado si risolve con una formula che molti ricordano a memoria, in molti casi più per... ritmo che per comprensione:

Quel termine sotto la radice quadrata, il delta, decide tutto: se esistono due soluzioni, una sola, o nessuna reale. Ve lo ricordate? C'era qualcosa di che di magico nel momento in cui, a scuola, il delta risultava un quadrato perfetto: la radice veniva "tonda", le soluzioni pulite, i numeri si incastravano con armonia. Era il segnale che forse — per una volta — il compito stava andando nel verso giusto.

Ma queste soluzioni non sono solo numeri belli da vedere. Sono i punti di equilibrio di un fenomeno reale, i momenti in cui qualcosa "torna a zero".

Quando l'equazione viene disegnata come una parabola i punti in cui tocca l'asse orizzontale sono proprio le soluzioni dell'equazione.

In quei punti, la parabola "tocca terra".

Basta guardare il tiro di un giocatore di basket, l'acqua che esce da una fontana o la traiettoria di un razzo: in tutti questi casi, la "natura" segue una legge parabolica. Un oggetto lanciato in aria obbedisce a questa regola, e il momento in cui torna al suolo è letteralmente la soluzione di una equazione di secondo grado dove l'incognita è t, il tempo.

Dietro ogni gesto quotidiano — un lancio, una goccia, un raggio di luce — c'è un piccolo "= 0" che chiude la storia e segna il ritorno all'equilibrio.

Equazione di secondo grado: la parabola della vita tocca terra

Forse il successo universale dell'equazione di secondo grado sta nel fatto che è anche una metafora elegante del mondo. Tutto ciò che nasce, cresce, raggiunge un punto massimo e poi scende, segue — in qualche modo — la logica di una parabola. È la curva dei proiettili e delle galassie, ma anche di certi cicli economici, mode e perfino delle passioni umane.

Ogni fenomeno ha un punto in cui le forze si bilanciano, e poi una discesa verso un nuovo inizio. E così, quando oggi vediamo il doodle di Google dedicato all'equazione di secondo grado, non celebriamo semplicemente un pezzo di storia della matematica, ma la formula che ci ricorda una lezione semplice e antica: se siamo alla ricerca di una soluzione, dobbiamo per prima cosa mettere tutto "uguale a zero". E poi chissà, magari di soluzioni ne troveremo addirittura due.

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