Dopo che qualcuno ha strappato i fiori gialli in ricordo del ragazzo morto al playground di via Dezza a Milano, si è innescata una pioggia di solarità. E tanti sono accorsi a portare altri girasoli
Ieri pomeriggio sono arrivato al campetto di via Dezza, a Milano, mentre una donna stava smontando dalla bici. Ha aggiunto i suoi girasoli a quelli appesi alla recinzione. Fiori gialli e pensieri su carta. Uno fa: "Scusa, Alessandro, per aver fallito come società". Un altro: "Alessandro, continua a illuminare questo campo e tutti i cuori che hai toccato". Otto anni fa, Alessandro, 15enne, stava giocando a basket su questo playground. È crollato a terra, il suo cuore si è fermato. Lì, dove si è spalancato un buio terribile, la mamma di Alessandro posò un girasole, simbolo di solarità.
la luce del ricordo
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E dopo quello, tanti altri, per tenere viva la luce del ricordo. Fino a quando una mano anonima ha cominciato a strappare i fiori. Allora la madre ha appeso un cartello, a nome del figlio: "Non strapparmi. Non mi sono più rialzato dopo essere caduto su questo campo. Questo girasole mi ricorda". L’anonimo, in un italiano barbaro come il gesto, ci ha scritto sopra col pennarello: "Se tutti mettono un fiore per ogni morto, Milano sarebbe una pattumiera". La denuncia del Corriere della Sera ha innescato una pioggia di solarità. La città si è voltata verso via Dezza, come un girasole, e tanti sono accorsi a portare fiori gialli. Una bellissima azione di squadra. Milano non è solo violenza, spritz e maranza, forse ha ancora il cuore in mano, come ai tempi di Alessandrina Ravizza, la “contessa del brodo” che sfamava i poveri o del Principe Trivulzio che alloggiava i veggion in via della Signora. E se qualche giocatore dell’Olimpia venisse con un girasole a tirare due canestri, Alessandro sarebbe solo felice.










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