Usa, Messico e Canada ospiteranno anche il prossimo Mondiale per le nazionali, ma l'allarme di oggi non cambierà: ecco perché
Dal nostro inviato Filippo Conticello
30 giugno - 18:54 - CHARLOTTE (USA)
Mentre Charlotte è con il naso all’insù e osserva cosa possa mai cadere dal cielo, con l’orecchio teso ai notiziari nell’attesa della prossima allerta fulmini che paralizzerà ogni manifestazione all’aperto, il calcio arrivato fin qui si interroga con una certa inquietudine: è davvero il posto giusto per organizzare un Mondiale, che sia questo per club o quello per nazioni del prossimo anno? Se la FIFA elogia i quasi 2 milioni di biglietti venduti e gli stadi enormi cominciano comunque a riempirsi per davvero, i problemi logistici si sommano dall’altro lato: pesa il caldo, asfissiante a tratti, e poi i continui rischi atmosferici, che bloccano e condizionano le partite, e i campi di allenamento o di gioco, a volte non idonei perché non pensati direttamente per il calcio. L’allenatore del Chelsea, Enzo Maresca, non si è morso la lingua quando ha dovuto parlare del peso del fattore climatico sulla manifestazione. Del resto, aveva appena passato due ore infinite negli spogliatoi del Bank of America Stadium, prima di riprendere il gioco con il suo Chelsea contro il Benfica: “In un Mondiale quante gare vengono sospese? Probabilmente zero. In Europa? Zero. Questo non è calcio. Non puoi stare chiuso negli spogliatoi due ore. È qualcosa di completamente nuovo. Capisco che per motivi di sicurezza si debba sospendere la partita. Non fraintendetemi, questo è un torneo fantastico, è il massimo e siamo contenti di essere ai quarti. Ma, se si sospendono 6-7 partite, significa che probabilmente non è il posto giusto per questa competizione".
fulmini e saette
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In questa nuova realtà, in cui il meteo è protagonista atteso più di Messi, Haaland o Lautaro, sono sei le gare che hanno subito ritardi per le complicazioni del tempo. Tutto è iniziato con i temporali che hanno fatto allungare di oltre un’ora la sfida tra Ulsan e Mamelodi Sundowns a Orlando, in Florida. A Cincinnati, Ohio, circa 1450 chilometri più a nord, durante Salisburgo-Pachuca altro stop di 97 minuti per lo stesso motivo, sotto a un cielo nero come la pece. Poi, al MetLife Stadium di East Rutherford, nel New Jersey, è stata la volta di Palmeiras-Al Ahly: sempre colpa dei rovesci improvvisi sulla regione, con un caldo torrido che aveva spinto i tifosi a cercare riparo all'ombra. Saranno pure di breve durata, ma i fulmini hanno conseguenze: nello stesso momento, nella vicina Manhattan, a Central Park, un quindicenne sotto un albero è stato colpito e si è salvato per miracolo. I numeri parlano chiaro: i morti negli Stati Uniti per l’emergenza fulmini sono stati 30 soltanto nell’ultimo anno. Va aggiunto nel calderone il povero Auckland City, imprigionato negli stessi problemi climatici, sia quando era sotto 6-0 col Benfica, sia nell’ultima del girone al Geodis Park di Nashville, quando è riuscito a pareggiare col Boca grazie a un gol eroico di un insegnante di educazione fisica. Tutto, prima del kolossal tra Chelsea e Benfica, il primo match a eliminazione diretta ad essere rinviato, qui in North Carolina dove le leggi sono molto dure e non consentono deroga. Se vengono rilevati fulmini entro un raggio di 12,7 km dallo stadio, si attiva il cosiddetto “Seek Cover Protocol”, ovvero l’obbligo di sospendere l’evento per mezzora e la conseguente ricerca di una copertura adeguata per la gente all’interno. Il contatore riparte ogni volta che si segnala un nuovo fulmine, sempre entro lo stesso raggio dal Bank of America Stadium di Charlotte, poco più di otto miglia.
stesso scenario
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In ogni caso, niente di diverso dalla complessa normalità in questa parte del pianeta: il caldo estremo tra West e East Coast, tra Los Angeles e Miami, o i temporali improvvisi a Charlotte sono una costante per gli americani durante i mesi estivi di giugno e luglio. C’erano già nel Mondiale Usa 1994, ma il cambiamento climatico ci ha messo il carico e complicato l’organizzazione di un evento come questo, anche perché lo scenario sarà lo stesso anche tra un anno, nell’atteso Mondiale per nazioni. Nel dettaglio, delle sei partite condizionate finora dal ritardo per motivi climatici, ce n’è soltanto una, Palmeiras-Al Ahly, giocata in uno stadio che ospiterà anche l’evento del 2026: East Rutherford, quello della finale. Orlando, Cincinnati, Nashville e Charlotte, invece, il prossimo anno riposano.
sos caldo
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In un Paese gigantesco le sfide meteorologiche variano, comunque, da stato a stato. Per questo motivo, il Servizio Meteorologico Nazionale (NSW) ha collaborato a stretto contatto con il responsabile della sicurezza della FIFA per sviluppare piani per tutte le 11 città statunitensi della World Cup 2026. La prossima estate l’NSW invierà direttamente dei propri meteorologi in ogni località per aiutare le autorità locali, proteggere le persone e la manifestazione stessa. Certo, i tifosi internazionali potrebbero non conoscere le sfumature e i rischi dell'estate americana, ma il rischio di condizionare una manifestazione così grande è ormai evidente: sicurezza e organizzazione qui non sembrano andare a braccetto. Non bastasse, come sa bene l’Inter, si gioca spesso nel bollente pomeriggio americano per agevolare anche il pubblico televisivo europeo: bello godere delle partite in tv dal nostro lato del mondo, ma c’è anche da considerare come questo caldo in ogni sua sfumatura – più ventilato a ovest, secchissimo a est – finisca per influenzare i giocatori.
boccheggiando
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Certe immagini del Mondiale per club hanno fatto il giro del mondo: cooling break boccheggianti, asciugamani freddi a cui abbarbicarsi come koala, piedi ma anche teste immerse nel ghiaccio, come quella di Harry Kane diventata meme sui social. Al TQL Stadium di Cincinnati, ad esempio, i panchinari del Borussia Dortmund hanno assistito al primo tempo della partita contro i Mamelodi Sundowns dagli spogliatoi per il troppo calore: “Ho fatto una sauna…”, ha scherzato il tecnico dei tedeschi, Niko Kovac, dopo la vittoria della sua squadra arrostita a 32°. Dopo averne presi 4 dal Psg, il mediano dell’Atletico, Marcos Llorente, ha scelto la drammaturgia: “Era un caldo terribile. Mi facevano male persino le unghie dei piedi". Sempre Maresca, sentendo i 41° percepiti in allenamento, ha ammesso che era impossibile organizzare una seduta intera in quelle condizioni: inevitabile ridurla e cambiare piani. Visto che qualsiasi sforzo fisico in condizioni di caldo così intenso provoca un aumento della temperatura corporea, bisognerà modificare qualcosa pensando al 2026: rotazioni spinte, allenamenti ad hoc, prevenzione allargata saranno ancora più importanti, perché il fresco qui non arriverà di certo. Qualche contromisura, però, esiste già: lo stadio AT&T di Dallas, che si chiamerà solo Dallas Stadium, non ha ospitato questa manifestazione ma accoglierà 9 partite il prossimo anno in una struttura al chiuso, con un sistema di refrigerazione che verrà potenziato per garantire un minimo di comfort per giocatori e spettatori.
campi duri
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La sfida del Mondiale sarà con il clima, avversario durissimo, ma anche con i campi, perché anche in questo ambito le lamentele non sono mancate. Discutibili alcuni di quelli dei match, ben lontani dall’erba magnifica dei prati inglesi, ma sono stati soprattutto i sintetici di allenamento a non essere all’altezza. A Los Angeles, nel campus di UCLA, l’Inter ha trovato un’atmosfera festosa da graduation day, ma nello stadio del soccer il terreno era decisamente troppo duro e sabbioso, e non ha aiutato a preparare bene il debutto di Chivu. È andata peggio ai colleghi messicani nello stesso girone nerazzurro: il Monterrey ha preteso dalla FIFA che fosse cambiata la struttura a loro assegnata. Avevano programmato delle sessioni di allenamento alla Loyola Marymount University, sempre nella Città degli Angeli, ma su quei campi anche il rischio infortuni sarebbe cresciuto.