Fap e Dpf sono la stessa cosa? In cosa differiscono i due filtri antinquinamento

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Assolvono lo stesso compito, cioè rendere i gas di scarico delle auto (un po') più puliti. Ma non sono esattamente lo stesso dispositivo: ecco in cosa differiscono

Giuseppe Biondo

30 giugno - 17:01 - MILANO

Per alcuni “uccidono” l’auto, mortificandone le prestazioni e generando continui problemi. Molti altri invece ne riconoscono sia l’efficacia che il contributo alla salubrità dell’aria che respiriamo. È il filtro antiparticolato, dispositivo antinquinamento ampiamente usato nel panorama automotive ormai da qualche decennio, e che molti conoscono come Fap o Dpf. Già, Fap o Dpf: è lo stesso componente con due sigle, oppure identificano dispositivi differenti? La risposta corretta è un mix tra le due possibilità: Fap e Dpf sono dispositivi leggermente diversi che assolvono alla stessa funzione, cioè quella di depurare i fumi di scarico dal particolato prodotto dalla combustione, di trattenere cioè le particelle inquinanti più o meno grandi (il diametro è comunque nell’ordine dei micron, un millesimo di millimetro) e dunque più o meno pericolose per la salute umana.

DIFFERENZE FORMAli

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Il Fap è di estrazione francese. La sigla sta per Filtre à Particules, banalmente “Filtro antiparticolato". Venne utilizzata inizialmente dal gruppo Psa (Peugeot-Citroën), poi si è diffusa rapidamente anche in Italia per via del fatto che è anche l’acronimo della definizione che diamo noi al dispositivo, di Filtro anti-particolato. Dpf invece è un termine globale, sta per Diesel Particulate Filter, quindi dall'inglese filtro antiparticolato per le auto a gasolio. Diciamo che Dpf è più restrittivo di Fap, dal momento che l’ultimo, a differenza del primo, non pone vincoli sull’alimentazione dell’auto, e non è una differenza di poco conto dal momento che oggi il filtro è largamente usato anche nelle vetture a benzina. Su un piano strettamente linguistico quindi un Dpf è certamente un Fap e non è necessariamente vero il contrario, mentre se consideriamo le differenze tecniche tra i due dispositivi “cade” anche la prima asserzione.

DIFFERENZE TECNICHE

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Come già detto infatti, pur essendo entrambi concepiti per trattenere la fuliggine, Fap e Dpf presentano delle differenze di natura tecnica. Il Fap infatti per funzionare ha bisogno di un additivo (la cerina) che viene poi miscelato al carburante allo scopo di abbassare la temperatura di rigenerazione (l’autopulizia), dunque di tanto in tanto chi possiede un mezzo con il Fap deve rabboccare il serbatoio dell’additivo. Nulla di paragonabile per frequenza ai rabbocchi di Adblue delle auto più recenti: se quest’ultimo di solito finisce in una decina di migliaia di km, per il primo siamo su un ordine di grandezza superiore, tra una “ricarica” e l’altra possono passare più di 100mila km. L’incombenza del rabbocco, per quanto poco frequente, è bilanciata dalla temperatura di rigenerazione inferiore, manna dal cielo per coloro che non fanno spesso viaggi a velocità autostradale, condizione in cui il Dpf (di solito privo di additivi, ma non necessariamente) si rigenera. La temperatura inferiore del filtro con additivo consente allo stesso di rigenerarsi più facilmente e spesso del filtro che non usa additivi. E un Dpf intasato condiziona la guidabilità dell’auto, oltre ad aumentare il rischio di noie di vario tipo. Ecco il motivo per cui alcuni automobilisti non lo vedono di buon occhio, nonostante sia un dispositivo imprescindibile per la lotta all'inquinamento dei centri urbani.

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