Il numero 11 del Barcellona ha espresso critiche contro il formato del nuovo torneo, accusando la FIFA di ignorare i diritti dei giocatori e sottolineando l’importanza del riposo estivo, messo a rischio da un calendario fitto e imposto dall'alto

Raphinha non ci sta: "Il Mondiale per Club toglie le nostre vacanze"
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In vacanza a San Paolo (Brasile), Raphinha ha parlato senza mezzi termini: secondo l’esterno offensivo del Barcellona, il nuovo formato del Mondiale per Club costringe i calciatori a sacrificare le ferie estive, fondamentali per recuperare energie fisiche e mentali dopo una stagione intensa. “È molto difficile rinunciare alle vacanze per giocare qualcosa a cui siamo obbligati”, ha dichiarato con tono critico durante un evento.
Una critica diretta alla FIFA: "Nessuno ci ha chiesto nulla"
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Il numero 11 blaugrana ha anche denunciato la mancanza di dialogo tra le istituzioni calcistiche e i giocatori. “In nessun momento ci hanno chiesto se volevamo giocare o quali date fossero ideali. Hanno semplicemente detto: ‘Dovete andare e basta’”, ha spiegato Raphinha.
Un’accusa chiara all’approccio autoritario adottato nella pianificazione del nuovo torneo.
Il diritto al riposo: "Tre settimane di vacanza sono sacre"
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Il 28enne ha difeso il diritto al riposo dei calciatori, sottolineando come almeno tre settimane o un mese di ferie siano indispensabili. “Molti di quelli che partecipano al Mondiale non avranno vacanze. È inaccettabile”, ha aggiunto. Il messaggio è chiaro: più considerazione per la salute e la voce degli atleti.
Il Barcellona non partecipa, ma il problema resta
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Anche se il Barcellona non è tra le squadre partecipanti al Mondiale per Club, il pensiero di Raphinha riflette un malessere diffuso tra molti giocatori dei top club europei. La FIFA, nel tentativo di espandere il brand calcistico globale, rischia di compromettere sempre più la sostenibilità del calendario stagionale.
Tema caldo
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Le parole di Raphinha accendono i riflettori ulteriormente su un tema sempre più caldo nel calcio moderno: la saturazione del calendario e la mancanza di ascolto verso chi il calcio lo gioca.