Dibiasi: "Sinner? Anche a me davano del tedesco, che polemiche stupide. Noi italiani veri"

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Il tre volte oro olimpico dei tuffi difende Jannik: "Lui è molto simile a me, in alcune cose è anche meglio. Il no alla Davis? È giusto fermarsi, non si può giocare tutti i giorni senza sosta"

Elisabetta Esposito

Giornalista

23 ottobre - 11:32 - ROMA

Più di una volta Klaus Dibiasi, oro in tre Olimpiadi consecutive nei tuffi dalla piattaforma (primato assoluto per lo sport italiano), ha dichiarato di rivedersi in Jannik Sinner. "È molto simile a me. Anzi, in certe cose è anche migliore. Lo ammiro moltissimo per il suo carattere, anche nelle situazioni difficili. Alla squalifica per doping, ad esempio, ha reagito in modo pacato, io mi sarei arrabbiato molto di più! Poi viene da un paesino dell’Alto Adige, come me che venivo da Bolzano, e in lui rivedo quella mia stessa voglia di arrivare a tutto il resto d’Italia".

Però ha rinunciato alla Coppa Davis...

"È un atleta e come ogni atleta ha le sue necessità e i suoi programmi, mica può giocare ogni giorno senza sosta. Ogni match è una fatica fisica e mentale enorme, quindi è giusto che ogni tanto si prenda il suo tempo, un intervallo come del resto prevede ogni metodo di allenamento. Questo ragazzo poi avrà anche una vita privata, se ogni tanto torna a casa non possiamo massacrarlo. Sono cose che vanno comprese, chi lo critica oggi mi sembra non sia molto informato".

Il no alla Davis? È un atleta e come ogni atleta mica può giocare ogni giorno senza sosta. Giusto che ogni fermarsi

Klaus Dibiasi

Parlava di Alto Adige, la scelta di Sinner ha sollevato un polverone: alcuni - volti noti compresi - hanno sottolineato come le sue origini o la sua lingua non siano così rappresentative dell’italianità.

"Le solite polemiche stupide. Pure io le ho subite ai miei tempi, ma devo confessare che non ci ho mai sofferto. Che Jannik parli anche tedesco mi pare un vantaggio, non può essere un difetto. C’è una ragione storica del perché in Alto Adige è molto diffuso il tedesco, parliamo della storia del nostro Paese, l’Italia, andrebbe studiata meglio... Io ero così contento di tornare a casa e parlare il mio dialetto! Ma penso sia lo stesso per un napoletano, quando parla dialetto stretto anche quella è un’altra lingua, ma non mi pare che qualcuno dica che un napoletano non è italiano".

KLAUS DIBIASI

Per lei vestire i colori azzurri quanto è stato importante?

"Moltissimo, chiunque scelga di fare l’atleta nella vita aspira a indossarli e magari a portarli sul gradino più alto di un podio olimpico o mondiale. Mi pare evidente che io mi sia sempre sentito profondamente italiano, ho gareggiato per l’Italia in quattro Olimpiadi, vincendo le medaglie che ho vinto, come altro mi dovrei sentire? E a Montreal 1976 ho avuto anche l’onore di essere portabandiera nella cerimonia di apertura. Quando rappresenti il tuo Paese senti forte la responsabilità, sai che ci sono tante aspettative e nel mio caso è successo soprattutto dopo il primo oro olimpico. Da campione uscente il peso era tanto, bisogna saperlo gestire e penso che Sinner sia bravissimo anche in questo. Tutti ora si aspettano che vinca sempre, ma non è possibile, non può essere una sconfitta a compromettere la considerazione che abbiamo di un atleta, tanto più nel suo caso, visto che parliamo del primo italiano numero uno nel tennis. Le sconfitte ci stanno e le sconfitte insegnano. Io me lo ripetevo sempre: per vincere bisogna imparare a perdere. Detto questo, smettiamo di fare paragoni tra presente e passato. Dai tuffi al tennis fino al calcio, si è tutto trasformato, è sport ad alta tecnologia, con staff fatti di tante persone in cui ognuno è pronto a dare il meglio. Anche a questo bisogna pensare prima di criticare un grande campione come Sinner".

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