Basta un breve sonnellino per "resettare" il cervello e attivare nuove connessioni. Purché raggiunga uno stato profondo
Giacomo Martiradonna
31 agosto - 16:54 - MILANO
Scrittori, artisti, designer, studenti, manager: prima o poi capita a tutti. Quel momento in cui il foglio resta bianco e la mente si ostina a inseguire un'idea che non arriva mai. Più si insiste e più sembra che le energie si disperdano; e alla fine, resta solo frustrazione. Questa condizione di stallo, comune nei processi creativi, è stata spesso oggetto di studio, nella speranza di trovare un modo per superarla. E una nuova ricerca condotta in Germania offre una soluzione tanto semplice quanto efficace: un sonnellino di circa 20 minuti è sufficiente per raddoppiare la probabilità di trovare una soluzione originale a un problema, purché il sonno raggiunga uno stadio sufficientemente profondo.
crisi creativa e sonno
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Il ruolo del sonno nei processi cognitivi è stato a lungo oggetto di indagine. Secondo numerosi studi, il riposo notturno è il momento del consolidamento delle tracce mnestiche, e dunque ha un ruolo attivo e fondamentale nel creare il database dei ricordi del cervello. La possibilità che favorisca anche l'intuizione, vale a dire il salto mentale improvviso che permette di cogliere un collegamento nuovo o risolvere un problema, è considerata plausibile da diverse ricerche, ma restano ancora dubbi sui meccanismi specifici in gioco. Per esempio? Non è ancora chiaro quale tipo di attività cerebrale specifica o quale stadio del sonno possa stimolare soluzioni creative. Ma gli scienziati hanno già ipotesi interessanti sul tavolo.
NREM e REM, le fasi del sonno
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Il sonno è suddiviso in due grandi fasi: non-REM e REM. La prima comprende a sua volta tre stadi distinti: l'N1, il più superficiale, che costituisce la transizione dalla veglia al sonno. Seguono N2 e N3, in cui il sonno si fa progressivamente più profondo e l’attività cerebrale rallenta. La fase REM, invece, è caratterizzata da sogni vividi e movimenti oculari rapidi. Alcuni studi avevano suggerito che lo stadio N1 favorisse in qualche modo l'intuizione, ma i risultati erano controversi. Per chiarire questi dubbi, un gruppo di ricercatori ha deciso di indagare il ruolo specifico delle diverse fasi del sonno nella generazione di insight.
L’esperimento e i suoi risultati
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Lo studio, realizzato da un’équipe dell’Università di Amburgo in collaborazione con il Max Planck Institute for Human Development di Berlino, ha coinvolto 90 partecipanti. A tutti è stato somministrato un compito percettivo in cui era necessario stabilire rapidamente la direzione di movimento di alcuni puntini colorati su uno schermo. Senza saperlo, i soggetti avrebbero potuto risolvere l'esercizio più facilmente intuendo una regola nascosta: il colore dei puntini anticipava la direzione del movimento.
Dopo una prima fase del test, i partecipanti sono stati invitati a fare un breve pisolino, mentre l'attività cerebrale veniva monitorata tramite elettroencefalogramma. Al risveglio, il compito è stato ripetuto. I dati hanno mostrato che l'intuizione si è manifestata nell'85,7% di coloro che erano riusciti a entrare nella fase N2 del sonno. Al contrario, solo il 63,3% dei partecipanti che si erano fermati allo stadio N1 ha avuto lo stesso risultato, e la percentuale scende ulteriormente tra coloro che non si sono addormentati (55,5%). In un esperimento analogo condotto senza pisolino, meno della metà dei soggetti aveva trovato la soluzione. Secondo gli autori, questi risultati rafforzano l'ipotesi che il sonno favorisca l’intuizione, e che l’effetto sia legato in particolare allo stadio N2, più che alla semplice transizione iniziale verso il sonno.
Il cervello fa ordine
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Le evidenze raccolte suggeriscono che il sonno contribuisca a riorganizzare le informazioni apprese, aumentando la probabilità che emergano nuove connessioni tra elementi apparentemente scollegati. Questo meccanismo è compatibile con i due modelli teorici più accettati riguardo la ricerca sul sonno: l'omeostasi sinaptica e il replay neuronale. Secondo il primo, durante la veglia le sinapsi si rinforzano progressivamente, fino a un livello di saturazione che ostacola nuovi apprendimenti. Il sonno servirebbe dunque a sfrondare le connessioni meno rilevanti e portare così più equilibrio nella rete neuronale. Il secondo modello suggerisce che durante il sonno, in particolare quello a onde lente, il cervello riattivi le medesime configurazioni di attività neurale osservate durante la veglia, così da favorire un consolidamento selettivo delle esperienze più significative.
Limiti dello studio
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Difficile cogliere a livello cosciente le regole implicite di questi processi del tutto automatici, ma è possibile che i nuovi collegamenti significativi vengano resi disponibili alla mente cosciente sotto forma di intuizioni improvvise. Il che a sua volta implica che anche un breve periodo di riposo, se sufficientemente profondo, potrebbe contribuire a superare un blocco creativo. Resta ancora da chiarire con precisione quali siano i meccanismi neurologici coinvolti e se l'effetto sia replicabile in altri contesti cognitivi. Ma per chi si trova in difficoltà davanti a un'idea sfuggente, l'indicazione è chiara: davanti a un blocco cognitivo, la cosa migliore da fare è concedersi un breve sonnellino rigenerante.