Tra giocatori e staff tecnico, aumento del 35% del costo del lavoro, per sedersi al tavolo delle big
C’era una volta il Banco di Napoli - e questa sarebbe tutta un’altra storia - che poi è riemerso prepotentemente dalle brume dell’economia, accomodandosi al centro del villaggio calcistico e prendendone possesso: vincere aiuta a spendere, non c’è verso di negarselo, perché adesso soldi chiamano soldi passando esclusivamente dal bancomat della Champions, sognando dollari e benefit al Mondiale per Club, prendendosi il possibile e semmai anche l’impossibile tra scudetti e Coppe che pur qualcosa regalano. In questo mondo dorato, ricchi premi e chissenefrega dei cotillon, l’oro di Napoli splende di suo, figlio di un’evoluzione netta e progettualmente esemplare che in ventuno anni ha trascinato il pallone dallo scantinato della Fallimentare alla Via Lattea: e ora che gli scudetti sono diventati quattro e l’Europa è lustrata di stelle, pur restando fedele a se stesso, l’all-in di Aurelio De Laurentiis aderisce all’esigenza di questa epoca abbagliante in cui bisogna fare il passo lungo almeno quanto la propria gamba.
bingo
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Per contare centosessanta milioni di euro uno sull’altro non serve né un fisico bestiale né la capacità respiratoria d’un nuotatore che se ne va sbracciando in mare aperto, ma la lungimiranza di chi ha saputo nel tempo costruirsi certezze e non illusioni, gestendo con padronanza e comunque senza negarsi nulla, accantonando idee e riserve da sfruttare poi a futura memoria: il budget tecnico, un linguaggio a cui spesso ci si avvicina con diffidenza e avvertendo pure allergia, è invece la fotografia sullo stato di salute di un club, sulla sua consistenza patrimoniale, sulla propria liquidità che al Napoli è un must. E 160 milioni - spiccioli più, difficilmente meno - rappresentano la nuova frontiera di quel "fondo cassa" che è l’eco possente alla voce stipendi: allenatori, calciatori, staff tecnici rappresentano la cosiddetta somma che fa il totale e questo non è un aforisma ma l’addizione tra ingaggi e bonus che si ritrovano in busta paga dentro un anno intero.
boom
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Perché vivere nell’alta società ora ha un costo che un decennio fa pareva fosse irraggiungibile come gli scudetti e le coppe, come questa dimensione onirica in cui tra il 4 maggio del 2023 e il 23 maggio del 2025 il Napoli s’è proiettato; come questo shopping nelle vie della moda regnante del football - la Premier - che De Laurentiis ha autorizzato concedendo a Manna e a Conte la carta di credito e a se stesso la libertà ("vigilata") di elargire compensi da mille e una notte. L’impennata, da un agosto all’altro, è stata "sensibile" direbbero a Wall Strett e il Napoli è passato dai centodieci milioni di «parcelle» previste per il 2024-25 ai 160 da spalmare fino al prossimo 30 giugno, perché De Bruyne e Hojlund (5,5 più 5), affiancandosi a Lukaku (sei) e a McTominay (tre, all’incirca) e mescolandosi ad una serie di rinnovi recenti (Meret e Anguissa, tra un po’ Politano) hanno prodotto un ritocchino verso l’alto di un trentacinque (35) per cento sul costo dei piedi d’opera.
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E poi, capita che anche i ricchi piangano, che Romelu Lukaku, Big Rom in tutti i sensi, debba ritrovarsi sdraiato dalla sorte e che per sostituirlo l’imprevisto del mestiere costringa ad intervenire generosamente con un contratto da cinque milioni per un sostituto che sia degno della sua momentanea eredità: è il calcio, baby, direbbero a Billions o dove vi pare, e a quel punto si esce dalla fiction e ci si accomoda nella realtà, smettendo d’essere ostaggio dei propri principi, dei limiti, ed andando a scavare nel proprio caveau, un pozzo dal quale attingere a piene mani. Ma ormai basta un clic, un mouse, un pc, forse meno, per accreditare sui conti correnti il corrispettivo della nuova politica. Napoli milionaria, nella sua versione calcistica, sta andando in scena da un po’ di tempo: ma questa è la versione più moderna che ci sia. Ed è anche la più costosa: perché in mezzo al campo i soldi possono seriamente fare la felicità. Sogni d’oro.