Scoperte in Arabia Saudita oltre 130 incisioni rupestri raffiguranti cammelli, stambecchi, gazzelle e uri a grandezza naturale: realizzate circa 12.000 anni fa, fungevano da antichi segnali stradali per indicare le vie che portavano alle fonti d'acqua nel deserto. Lo studio, condotto nell'ambito del progetto Green Arabia, è pubblicato sulla rivista Nature Communications da un team internazionale di archeologi guidato dal ministero della Cultura saudita e composto da studiosi dell'Istituto Max Planck di Geoantropologia, della King Abdullah University of Science and Technology, dell'University College di Londra e della Griffith University in Australia.
I ricercatori hanno trovato queste opere di arte rupestre in tre aree precedentemente inesplorate (Jebel Arnaan, Jebel Mleiha e Jebel Misma) lungo il margine meridionale del deserto del Nefud, nell'Arabia Saudita settentrionale.
Le incisioni, raffiguranti principalmente cammelli, stambecchi, equidi, gazzelle e uri, includono 130 figure, alcune delle quali lunghe fino a tre metri e alte più di due metri. Diverse raffigurazioni si trovano su imponenti pareti rocciose alte fino a 39 metri, in posizioni di grande impatto visivo.
Secondo le stime degli archeologi, queste opere sono state realizzate tra 12.800 e 11.400 anni fa, in un periodo in cui i bacini idrici stagionali riapparvero nella regione dopo periodi di estrema aridità. Queste fonti d'acqua, confermate dall'analisi dei sedimenti, favorirono la diffusione dei primi gruppi umani nell'entroterra desertico offrendo rare opportunità di sopravvivenza.
I risultati dello studio hanno "iniziato a colmare una lacuna critica nella documentazione archeologica dell'Arabia settentrionale tra l'ultimo massimo glaciale e l'Olocene, gettando luce sulla resilienza e l'innovazione delle prime comunità desertiche", commenta Michael Petraglia, responsabile del progetto Green Arabia.
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